Pietro Bartolo sulla Mare Jonio, consegna provviste come Richard Gere su Open Arms

Il vicepresidente della Commissione LIBE dell’Europarlamento, dottor Pietro Bartolo, si sta recando a bordo della nave Ong Mare Jonio ancora interdetta a circa 15 miglia da Lampedusa con grave emergenza igienico-sanitaria e 34 delle 98 persone soccorse ancora a bordo

Il medico che per oltre 25 anni, a Lampedusa, si è occupato anche dei migranti prima di essere eletto con più di 275mila preferenze al Parlamento Europeo, oggi è salito a bordo di un gommone noleggiato sull’isola per raggiungere la Mare Jonio. Insieme ad Alessandro Metz, armatore della nave, ed Alessandra Sciurba, portavoce della Ong, il medico sta affrontando il mare non proprio agevole per consegnare un carico di provviste a bordo della nave che, a causa del divieto firmato dai ministri Salvini, Toninelli e Trenta, non può riparare in acque territoriali italiane e neanche entrare in porto per fare scorte e riparare la pompa guasta che gli impedisce di avere acqua per uso igiene personale.

La nave Ong ha un problema con l’acqua che non sgorga più dai rubinetti. Della difficoltà è stata avvisata la Capitaneria di Porto, come afferma Mediterranea Saving Humans in una nota stampa di questa mattina, oltre 40 ore addietro. Ieri sera una motovedetta della Guardia Costiera, prima del trasbordo di donne bambini, aveva portato sottobordo, a 14 miglia da Lampedusa, delle casse d’acqua. “Questa mattina alle 9, il personale sanitario di bordo della Mare Jonio – spiega la Ong nella nota – ha inviato alle autorità competenti una nuova richiesta urgente di entrata in porto della nave, a causa del rischio di emergenza igienico-sanitaria.” L’emergenza verrà adesso verificata anche dal medico, europarlamentare e vicepresidente della Commissione Libertà Civili dell’Unione europea Pietro Bartolo.

La Ong nel frattempo sottolinea che: questa emergenza non può evidentemente essere risolta con il semplice invio di bottiglie di acqua. A destare serio motivo d’allarme, secondo la Ong, è inoltre la presenza di rifiuti derivanti dal salvataggio e dalla permanenza a bordo dei naufraghi. Tra i rifiuti che, con il caldo cui la nave è esposta durante il giorno, si velocizza la decomposizione ed aumentano le esalazioni, ci sono i vestiti impregnati di benzina e di deiezioni dei profughi che sono stati soccorsi a 43 miglia da Misurata. “Il rischio di malattie comunitarie – spiegava la Ong già questa mattina – è aggravato dalla mancanza d’acqua, con conseguenti possibili danni per la salute di naufraghi ed equipaggio”. Una responsabilità che da bordo non può essere assunta dal comandante che è tenuto, come già in altri casi, tra i quali quello più recente della nave Ong spagnola Open Arms, a fare ingresso in porto malgrado il divieto firmato dagli uscenti ministri di Interni, Trasporti e Difesa.

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