di Mauro Seminara
Sul grave disagio dei naufraghi a bordo della Ocean Viking, dopo minacce di tentato suicidio, due persone che si erano gettate in mare e la dichiarazione dello stato do emergenza successivo al diniego di sbarco per 46 dei 180 naufraghi soccorsi dalla nave Ong tra il 25 ed il 30 giugno nel Mediterraneo centrale, secondo quanto riportato da alcune agenzie di stampa il medico specialista in psicoterapia dell’ASP di Ragusa avrebbe dichiarato che: “Una condizione generale direi buona dal punto di vista medico ma i migranti sono stanchi e impauriti, ciò che temono di più e per cui manifestano ansia è il pensiero di essere riportati in Libia”. Sulla stessa relazione, ad esito delle ore di colloqui a bordo della Ocean Viking effettuati dal medico il 4 luglio, la Ong internazionale SOS Mediterranee riprende e pubblica un virgolettato ben diverso secondo il quale lo stesso specialista in psicoterapia avrebbe affermato: “Ho potuto constatare enorme disagio psicologico presente sulla nave, tale da considerare la situazione quasi fuori controllo per ospiti ed equipaggio”.
Le due diverse affermazioni non sono simili e neanche considerabili leggermente differenti ma plausibili come stralci della stessa relazione. La prima, quella filtrata dalle agenzie di stampa, farebbe presumere una ineludibile incriminazione per “procurato allarme” in danno al comandante della Ocean Viking che ha dichiarato uno stato d’emergenza a bordo che non esisteva. La seconda, quella riportata dalla Ong, tra virgolette di letterale attribuzione al medico che il 4 luglio era salito a bordo della nave, giustificherebbe in pieno la dichiarazione di stato di emergenza del comandante di Ocean Viking. In questo secondo caso però, a non trovare minima giustificazione sarebbe chi ha lasciato che trascorressero altri 4 giorni tra la dichiarazione di stato d’emergenza a bordo e l’effettivo sbarco di tutti i naufraghi, inclusi quelli più vulnerabili per i quali era stata richiesta l’evacuazione medica urgente.
Fatta eccezione per l’ipotesi di grave dissociazione dello specialista in psicoterapia, una delle due versioni sintetizzate in poco più di una riga racchiusa da virgolette sembrerebbe non attendibile. In tal caso spetta in primis allo stesso medico stabilire ufficialmente quale dei due virgolettati è genuino esito del suo lavoro e della sua professionalità e quale invece è un falso, o una distorsione che la professionalità del medico la mette in pessima luce. Tra la pubblicazione della prima sintesi virgolettata ad opera delle agenzie di stampa e quella twittata dalla Ong sono trascorse circa 24 ore. Si dovrebbe quindi supporre che SOS Mediterranee abbia avuto il tempo di valutare bene cosa pubblicare anche se questa frase attribuita al medico smentisce drasticamente quel “condizione generale direi buona” trapelata lo stesso giorno della visita a bordo della nave umanitaria sulla quale alcuni naufraghi si trovavano costretti già da nove giorni e senza alcuna prospettiva.
Nel dubbio di legittimità dell’una o dell’altra versione, la nave ha dovuto attendere e navigare ancora due giorni prima che le persone per le quali era stata chiesta l’evacuazione medica urgente potessero sbarcare. Inoltre, lo sbarco di chi avrebbe accusato “enorme disagio psicologico presente sulla nave, tale da considerare la situazione quasi fuori controllo per ospiti ed equipaggio” – stando a quanto riportato dalla Ong -è stato disposto per una breve passeggiata in pullman da una nave sulla quale erano rimasti costretti per 9 giorni ad una sulla quale rimarranno costretti per 14 giorni di isolamento preventivo Covid-19. Una quarantena che era stata in parte già esperita sulla nave Ong, 9 giorni per 118 persone e 5 giorni per le altre, ed al termine della quale sono risultati negativi i tamponi per tutti e 180 naufraghi che dalle tre di questa notte – orario di conclusione imbarco sulla nave Moby Zazà – si trovano a bordo della cosiddetta “nave quarantena”.
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