E sono due!

Editoriale di Mauro Seminara

In copertina: Jan Kuciak e Daphne Caruana Galizia

Un brivido sale lungo la schiena. Un brivido gelido che nasce da una ineludibile idea: occuparsi di colletti bianchi è ormai più pericoloso che scrivere di mafiosi privi di scrupoli. Forse perché quei mafiosi senza scrupoli oggi non hanno più l’argilla tra i pedi da contadini, la coppola e la lupara, ma abiti sartoriali e valigette 24 ore. La manovalanza armata però non è scomparsa del tutto. L’intesa tra i mafiosi e gli agenti dei servizi segreti di cui tanto si è parlato – senza mai riuscire a dimostrare nulla – si profila adesso sempre più probabile dopo gli omicidi di Malta e Velka Maca, vicino Bratislava. Perché Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak hanno in comune molto più di quello che superficialmente si può supporre. Non sono semplicemente due giornalisti uccisi. Entrambi si erano occupati di reati finanziari, di corruzione e dei fatidici Panama Papers. Entrambi avevano raggiunto i centri di potere politico seguendo il filo invisibile dei movimenti finanziari. Seguendo i soldi. Un metodo antico, logico, intramontabile. L’unico problema è che seguendo i soldi si arriva a gente molto potente e priva di scrupoli. Simili alla mafia, quella della manovalanza armata il cui livello culturale raggiunge una quinta elementare conclusa con il principio dell’obbligatorietà, ma solo in quanto a spietatezza. Per il resto, stiamo parlando di quelle “menti raffinate” a cui un giorno accennò con queste stesse parole Giovanni Falcone. Un altro specialista del seguire il denaro.

Jan Kuciak è stato ucciso lo scorso 22 febbraio, esattamente una settimana fa. La notizia in Italia è giunta ieri, dopo la scoperta dei corpi, come in buona parte del mondo. Ma la notizia della scomparsa, in Slovacchia, non risale a ieri. Un giornalista scomparso non fa notizia. Un giornalista ucciso fa notizia giusto per quel buco in cronaca nera. Jan Kuciak, per la cronaca, è stato ucciso nella sua casa di Velka Maca, alle porte di Bratislava, mentre ci si trovava con la fidanzata. Martina Kusnirova, la fidanza di Jan, aveva una grave colpa e questa le è costata la vita: era con Jan Kuciak quando questo doveva subire la sentenza di morte che qualcuno aveva pronunciato. Era quindi una testimone che non poteva sopravvivere per piangere l’omicidio dell’uomo che amava. Non dopo aver visto chi lo ha ucciso. Ma se qualcuno decide che un giornalista deve essere assassinato, non si crea certo problemi se la vittima si trova sola o in compagnia. Anche Daphne Caruana Galizia, quella mattina di ottobre, avrebbe potuto dare un passaggio al figlio o al compagno quando la sua auto è esplosa riducendola in brandelli. Sono effetti collaterali. Come il traffico in autostrada quando questa esplode per uccidere un magistrato e insieme a lui toglie la vita alla moglie e agli agenti della scorta. In quel momento potevano transitare anche molte più auto in quel tratto di autostrada ma…pazienza!

Daphne Caruana Galizia indagava su milioni di euro di evasione, corruzione e traffici illeciti. La sua inchiesta giornalistica era trasversale a raggiungeva gli esponenti del partito di Governo ma aggrediva anche quelli di opposizione. E Daphne Caruana Galizia non credeva all’idea che il partito di opposizione credesse nell’ideologia politica di bandiera. Aveva forse compreso che “lassù” di ideali non ce ne sono. Che a muovere tutto è solo il denaro. Era una giornalista “non allineata”. Una che rompeva parecchio le scatole. Nella vicenda della maltese Caruana Galizia era entrata però anche l’ombra della mafia siciliana. Cosa Nostra ha infatti interessi a Malta, vicina isola-Stato in cui i vantaggi fiscali ed il business mercantile uniti alla presenza di un casinò offrono affari appetibili ed a portata di mano. Affari irrinunciabili per chi ha parecchio denaro e lo deve investire e ripulire. Più in particolare, il dubbio investiva la parte occidentale di Cosa Nostra, quella etnea. Jan Kuciak si era occupato di Panama Papers, di milioni di euro che circolavano tra politici ed il cosiddetto establishment finanziario. Ma le ultime notizie, rivelate da Aktuality, il giornale per cui Jan lavorava, l’ombra della mafia la portano anche nella vicenda slovacca. In questo caso però si tratta di ‘Ndrangheta. Jan Kuciak stava infatti lavorando ad una inchiesta sulle infiltrazioni della mafia calabrese in centro Europa ed in Slovacchia in particolare. Kuciak era tornato indietro, fino al 2003, quando Antonino Vadala, di Bova Marina, in Calabria, sfuggito ad un processo che non ha dimostrato la sua colpevolezza in un omicidio, si trasferisce in centro Europa. Da questo, Jan Kuciak era arrivato agli interessi che la ‘Ndrangheta aveva sviluppato in Slovacchia e a come l’organizzazione mafiosa calabrese aveva infiltrato perfino la politica slovacca.

Peter Bardy, suo collega ed amico, scrive per Jan: “Oggi è uno dei peggiori giorni della mia vita. Hanno assassinato il nostro collega Jan Kuciak; un brav’uomo, un amico, un ragazzo che ha fatto il suo lavoro per farci vivere meglio. Lo faceva per scoprire il malaffare e l’ingiustizia. Non per essere famoso o ricco. Insieme abbiamo creduto di poter aiutare quel posto sulla mappa in cui viviamo. Credevamo che la società potesse cambiare in meglio mentre scrivevamo di truffatori, ladri e corrotti. Ci credevamo davvero. Davvero molto.” Eppure sembra ormai che il giusto ed onesto lavoro di giornalista non si debba fare. Pena: la morte. A Jan Kuciak hanno sparato. Lui è stato ucciso in casa insieme alla sua fidanzata. Daphne Caruana Galizia è saltata per aria con la sua auto imbottita di esplosivo, davanti casa. Entrambi gli omicidi sono indubbiamente audaci. Colpiscono figure sociali per le quali spende parole perfino il presidente del parlamento europeo. Ma ai mandanti ed ai sicari non gliene può fottere di meno. Loro possono. Ma chi sono loro? Non hanno nomi. Non hanno un identikit perché non hanno un volto. Non hanno neanche un ruolo nella società. Non esistono. Sul loro conto non sappiamo assolutamente nulla. L’unica cosa che sappiamo sul loro conto è che possono commissionare omicidi eccellenti quando le vittime sono dei ficcanaso che osano rovistare negli affari d’alto livello. Daphne Caruana Galizia è un’indagine che si è arenata dopo l’omicidio di criminali da due lire che gli inquirenti hanno indicato quali esecutori dell’attentato. Ovviamente post mortem. Indagini viziate, secondo i famigliari di Daphne, proprio per la presenza di uno dei coordinatori del nucleo investigativo che tra l’altro risulterebbe in conflitto di interessi con l’indagine stessa. Di Jan Kuciak si è parlato ieri, ma già oggi è scomparso il riflettore che illuminava la notizia di omicidio. Forse una testata ad Ostia è più grave dell’omicidio di due giornalisti, eliminati per inchieste che si sono incrociate e che forse si incrociavano ancora. Inchieste che toccavano la stessa zona grigia che muove i fili della nostra ridicola società, a livello internazionale. Ma volete mettere una bella testata sul setto nasale data da un burino di Ostia?

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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