Rifiuto dei vaccini: Ideologia o timore?

Secondo gli ultimi dati della Commissione Europea, circa la metà degli italiani (46 %) è convinta che i vaccini possano causare seri effetti collaterali, circa un terzo pensa che indeboliscano il sistema immunitario (32 %) e che possano causare la malattia da cui dovrebbero proteggere (34 %)

di Franca Regina Parizzi

La diffusione di movimenti di opinione “no vax” è un fenomeno attuale, preoccupante e in continua crescita. Anche in assenza di prese di posizioni ideologiche e prive di fondamenti scientifici, è evidente come da alcuni anni le vaccinazioni, soprattutto nei bambini, comportino per i genitori timori e dubbi, che richiedono risposte adeguate e abilità di comunicazione-relazione da parte degli operatori sanitari.

Secondo gli ultimi dati della Commissione Europea, circa la metà degli italiani (46 %) è convinta che i vaccini possano causare seri effetti collaterali, circa un terzo pensa che indeboliscano il sistema immunitario (32 %) e che possano causare la malattia da cui dovrebbero proteggere (34 %). Soltanto il 15% pensa che l’influenza possa causare decessi e una percentuale analoga si registra per epatite, morbillo e tetano.

Già l’inchiesta “Eurosurveillance 2012” aveva dimostrato come la cultura della vaccinazione fosse entrata in crisi in diversi Paesi Europei. In molti Paesi una copertura vaccinale ottimale è stata raggiunta senza dover adottare l’obbligatorietà delle vaccinazioni, in altri l’obbligatorietà è stata limitata ad alcune vaccinazioni o, pur in assenza di provvedimenti sanzionatori, il problema è stato raggirato con la necessità del certificato vaccinale per l’ammissione a scuola.

Sembra dunque evidente come, se si vuole ottenere una copertura vaccinale della popolazione tale da impedire la diffusione delle malattie infettive, non si possa prescindere da imposizioni introdotte per legge. Ma sono necessarie anche e soprattutto campagne di informazione istituzionali efficaci, che, partendo da un sondaggio della popolazione (Cosa sanno i cittadini della pratica vaccinale? Come sono acquisite le informazioni? Quali sono i motivi di eventuali rifiuti o perplessità?), possano individuare strategie comunicative mirate. Se si tralascia questo aspetto, l’obbligatorietà diventa l’unico strumento possibile.

Indubbiamente una strategia persuasiva sarebbe eticamente e politicamente più accettabile, ma richiede molto più tempo e lavoro e i risultati sono incerti, ma probabilmente insoddisfacenti. Persuasione e obbligo sono pertanto due strategie che debbono necessariamente coesistere. Nessun programma mirato solo all’una o all’altra strategia può essere efficace.

Trovare un equilibrio tra questi due approcci è una sfida per i decisori politici, al fine di far convergere efficacia, efficienza, etica e accettabilità politica in un’unica strategia.

Il ricorso a misure coercitive non è in genere ben accettato, perché interpretato come intrusione dello Stato nella sfera della libertà individuale, tuttavia la salute è un diritto non solo del singolo individuo, ma della collettività, e il sistema di salute pubblica non può delegare esclusivamente al singolo la responsabilità della salute propria e dei propri figli.

Il rifiuto delle vaccinazioni rappresenta un fenomeno eterogeneo in cui confluiscono una serie di atteggiamenti e credenze, tra i quali la diffidenza nei confronti dei medici, e più in generale della comunità scientifica, e l’opposizione alle istituzioni. 

Uno studio recente pubblicato da BMC Public Health nel gennaio 2018 (“Under-vaccinated groups in Europe and their beliefs, attitudes and reasons for no-vaccination; two systematic reviews”) ha analizzato i fattori del rifiuto vaccinale in gruppi di cittadini europei non vaccinati o vaccinati in maniera incompleta, cioè quei gruppi sociali nei quali si sono registrati focolai di malattie infettive prevenibili con un vaccino, o comunque a rischio elevato di microepidemie. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è il timore dei rischi associati alle vaccinazioni tra le cause principali del rifiuto, quanto fattori ideologici e culturali.

L’avvento di internet ha enormemente influito sulla visibilità e sulla diffusione dei no vax. Se i primi gruppi di opposizione alle vaccinazioni erano isolati e con scarsa possibilità di comunicare tra loro, i nuovi oppositori, gli scettici e i critici dei vaccini attirano intere comunità di seguaci sui social network, conferendo al fenomeno una dimensione che è difficile da quantificare e da contrastare. Negli ultimi anni si sono distinte alcune correnti principali di no vax, tra i quali soprattutto gli assertori di teorie cospirazioniste e i seguaci delle medicine alternative.

La popolazione di no vax in Italia è cresciuta enormemente negli ultimi anni, acquistando visibilità dopo la reintroduzione, nel 2017, dell’obbligatorietà di dieci vaccinazioni per l’iscrizione alla scuola (decreto Lorenzin).

Gli interventi di informazione e comunicazione istituzionali (peraltro rari e poco incisivi) devono necessariamente tener conto delle credenze e delle ideologie alla base del rifiuto vaccinale, ma da soli non bastano. È fondamentale che il flusso informativo si articoli all’interno di una relazione interpersonale medico-paziente, che sia sentita, e vissuta, come affidabile. All’interno di una relazione empatica medico-paziente (presupposto essenziale), la comunicazione gioca anch’essa un ruolo cruciale. È importante non nascondere mai i rischi correlati a una vaccinazione, sottolinearne la rarità fornendo informazioni scientificamente corrette. Dare informazioni complete non solo sui rischi del vaccino confrontati con i rischi della malattia naturale, ma soprattutto sui suoi benefici. Controbattere – sempre su base scientifica – informazioni e timori infondati. Come l’associazione fra vaccinazione anti-morbillo e autismo, che si è dimostrata una clamorosa bufala.

Ma è soprattutto importante non aggredire quelle persone che sono timorose e perplesse, o si dichiarano contrarie alle vaccinazioni perché nutrono dubbi sulla loro sicurezza. L’atteggiamento paternalistico del medico nei confronti del paziente è controproducente e oggi è anacronistico, per la molteplicità di informazioni in materia sanitaria accessibili a tutti. Bisogna aiutare i pazienti a comprendere, a scegliere le fonti attendibili, fornire loro informazioni chiare e verificabili, che li conducano a scelte consapevoli.

In Italia si stima che l’1-2% delle famiglie opponga un rifiuto irremovibile alle vaccinazioni. Una percentuale molto bassa, tale da non minacciare l’immunità di gruppo. Ma, se consideriamo i genitori che sono incerti se vaccinare o meno i figli, la percentuale sale al 15%. È su questi genitori che bisogna lavorare, impegnarsi nella relazione, nel dialogo. Scontrarsi con i no vax irriducibili o illudersi che le prove scientifiche possano fare cambiare idea a un negazionista, è una battaglia persa in partenza, uno sforzo inutile e controproducente.

Eugenia Tognotti, docente di Storia della Medicina all’Università di Sassari e autrice del saggio “Vaccinare i bambini tra obbligo e persuasione: tre secoli di controversie” (Franco Angeli 2020) sostiene che le vaccinazioni oggi soffrono del loro stesso successo: “avendo enormemente ridotto l’incidenza di molte temibili malattie infettive, come la difterite e la poliomielite, le nuove generazioni di genitori non hanno sotto gli occhi la sofferenza dei tanti bambini che un tempo ne erano vittime e questo può indurre qualcuno a pensare che vaccinarsi non sia vantaggioso”

Più la prevenzione funziona, meno la minaccia appare reale, sì che si finisce per abbassare la guardia. Tuttavia, con l’unica eccezione del vaiolo, che è stato completamente eradicato grazie alla vaccinazione, altre malattie infettive continuano a comparire sporadicamente, controllate dall’immunità di gruppo, ma pronte a diffondersi non appena dovesse aumentare la percentuale di persone non vaccinate, come è accaduto negli ultimi anni per il morbillo.

Non sempre, purtroppo, la comunità medico-scientifica è stata in grado di comunicare con un linguaggio comprensibile e di attivare canali di comunicazione efficaci, lasciando così il campo libero a giornalisti più interessati allo scoop che alla correttezza della comunicazione. I mass media sono i maggiori responsabili della diffusione di notizie che creano allarme, paura, tensione e sfiducia. Sul vaccino contro il Covid-19 Astra Zeneca la maggior parte dei quotidiani non solo italiani, ma europei, ha scelto l’allarmismo a scapito dell’approfondimento e della correttezza scientifica.

Ma torniamo alle responsabilità della comunità medico-scientifica. Alla retorica assurda, diretta e aggressiva dei no vax, gli scienziati hanno spesso risposto in modo (seppur comprensibilmente) infastidito, sprezzante e arrogante, con un linguaggio freddo e inaccessibile ai non addetti ai lavori. A volte in contraddizione tra loro, come abbiamo avuto modo, purtroppo, di sperimentare nelle interviste agli esperti durante la pandemia da Covid-19. Tutto questo non può che generare nei cittadini perplessità, confusione, timore e diffidenza.

La principale accusa rivolta dai no vax ai vaccini contro il Covid-19 è che modificano il genoma umano, nonostante gli scienziati abbiano concordemente sottolineato come la notizia sia falsa. Tuttavia, questa continua a essere una delle accuse più utilizzate dai no vax, che in tutta Europa cercano di convincere gli scettici a non sottoporsi alla vaccinazione. Una tendenza, questa, cavalcata anche dai movimenti e partiti europei di estrema destra. In Francia il fenomeno no vax è radicato: tra il 2019 e il 2020, la disponibilità dei francesi a farsi vaccinare è scesa dal 63 al 50%. Sempre in Francia, il film cospirazionista Hold-Up è stato visto da milioni di spettatori in rete. Nel film la pandemia viene rappresentata come l’annientamento pianificato dell’umanità, come un olocausto contro i più poveri del mondo. Quando YouTube ha bloccato la diffusione del film, Marine Le Pen ha accusato la piattaforma YouTube di censura.

Molte persone, esclusi i negazionisti e i no vax irrecuperabili, hanno una certa ritrosia nei confronti delle vaccinazioni. È necessario attraverso la relazione e il dialogo fare emergere tutti i loro dubbi, le perplessità e i timori. Spesso si tratta di domande molto specifiche e circoscritte, alle quali si deve saper dare risposte. Una corretta informazione è certamente importante, ma deve concentrarsi sui benefici della vaccinazione, non solo fornire percentuali a dimostrazione della rarità degli effetti collaterali. Perché le persone non hanno bisogno di numeri e di statistiche, ma di fiducia e rispetto.

Informazioni su Franca Regina Parizzi 27 Articoli
Nata a Milano il 15.12.1947, ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1972 presso l’Università degli Studi di Milano con voti 110/110 e lode. Nel 1974 è stata assunta presso l’Ospedale San Gerardo di Monza, inizialmente come Assistente nel Reparto di Malattie Infettive e successivamente, dal 1980, nel Reparto di Pediatria, divenuto nel 1983 sede della Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, ove ha ricoperto successivamente (dal 1988) il ruolo di Aiuto Corresponsabile Ospedaliero, e, dal 2000, di Dirigente Medico con incarico di Alta Specializzazione. Ha conseguito la Specializzazione in Malattie Infettive e successivamente in Chemioterapia, entrambe presso l’Università degli Studi di Milano. Nel 1977 e 1978 è stata responsabile del Reparto di Pediatria presso l’Hôpital Général de Kamsar (République de Guinée – Afrique de l’Ouest) nell’ambito della Cooperazione Tecnica con i Paesi in via di sviluppo del Ministero degli Affari Esteri italiano. Autrice di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali e relatrice in diversi convegni (nazionali e internazionali). Dal 2010 si è trasferita da Monza a Lampedusa, isola alla quale è profondamente legata, dove esercita tuttora la sua attività come pediatra.

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