Migranti selvaggi e mangiatori di cani, tra fake news e propaganda razzista. Lezione di stile dall’Associazione Tunisini in Italia

Dopo la bufala di Libero sui migranti che avrebbero mangiato i cani di una sedicente azienda agricola di Lampedusa, e la smentita ufficiale anche da parte del sindaco delle Pelagie Salvatore Martello, abbiamo intervistato il presidente dell'Associazione Tunisini in Italia dottor Adel Cheida

di Mauro Seminara

Il repentino flusso di emigrazione dalla Tunisia ha colto alla sprovvista chi in Italia credeva di poter dismettere la rete strutturale adibita all’accoglienza dei migranti e che il fenomeno si poteva “contenere” semplicemente pagando i libici perché impedissero a probabili richiedenti asilo di lasciare la Libia oppure fermando le navi delle Ong che salvavano vite in mare. Di contro, l’improvvisa ondata migratoria, se pur esigua in termini numerici assoluti con i suoi 6.000 tunisini approdati sulle coste italiane da inizio anno (nel 2011 lo stesso numerò sbarco in poco più di due giorni), ha dato il via alla campagna elettorale della destra più estrema con picchi sciacallaggio pseudo giornalistico e nell’insieme con il costante mantenimento dell’immagine del migrante come quella di un selvaggio invasore.

Roba da tredicesimo secolo che però riesce a fare breccia in un elettorato estremamente vulnerabile, indifeso anche di fronte alle fake news sui migranti che uccidono e mangiano cani domestici a Lampedusa. La notizia, dopo il sensazionale lancio in prima pagina sull’edizione cartacea di Libero (nell’immagine a sinistra), accanto ad una immancabile foto del paladino dei razzisti Matteo Salvini, è stata smentita anche dal sindaco di Lampedusa e Linosa, Salvatore Martello, che con un comunicato stampa ha oggi affermato che “Purtroppo il falso scoop inventato da Libero sui ‘migranti che a Lampedusa hanno mangiato cani’ continua a circolare alimentando il pericoloso gioco dei fomentatori d’odio e di chi fa delle crociate anti-immigrazione la propria bandiera di propaganda politica”.

Il sindaco Salvatore Martello (in foto a destra), riguardo la notizia lanciata da Libero mediante Chiara Giannini, arrivata sull’isola qualche giorno prima insieme a Francesca Totolo fresca di fake news anch’essa e poi rimossa da Twitter senza scuse per i suoi seguaci, ha anche aggiunto che a suo avviso “sia arrivato il momento per il nostro Paese di dotarsi di una seria normativa per fermare le bufale e le fake-news, con sanzioni esemplari non solo per chi le pubblica ma anche per chi contribuisce a diffonderle. Una proposta un po’ azzardata quella del primo cittadino lampedusano, considerando che sarebbe sufficiente un Consiglio territoriale di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti un po’ meno morbido di quello Lombardo che tante segnalazioni ha già ricevuto per la testata “giornalistica” di Vittorio Feltri che ancora è li e pubblica fake news ed incitamento all’odio razziale quotidianamente senza mai una battuta d’arresto.

Il gioco delle fake news, con il martellante quadro giornaliero in cui i migranti vengono ritratti come untori, delinquenti seriali, mangiatori di cani e selvaggi di varia natura, colpisce in questo momento in particolar modo la comunità tunisina essendo il flusso migratorio su Lampedusa in massima parte appunto di origine tunisina. Abbiamo intervistato il dottor Adel Cheida (in foto a sinistra), medico chirurgo specialista in anestesia e rianimazione a Civitanova Marche e presidente dell’Associazione Tunisini in Italia (ATI).

La partenza di tunisini, giovani e meno giovani, è un dato molto basso rispetto a quella degli italiani che vanno all’estero per cercare condizioni professionali ed economiche migliori, ma quella della Tunisia sembra una migrazione che fa davvero paura all’Italia. Lei ha espresso preoccupazione per il linguaggio di odio verso gli immigrati tunisini in Italia da parte di forze politiche di destra. Teme possa accadere qualcosa di grave in Italia per questo clima di tensione? (Secondo i dati del Viminale, al 7 agosto 2020 risultano sbarcati in Italia dalla Tunisia circa 6.000 migranti irregolari da inizio anno, contro i circa 100.000 italiani che ogni anno vanno via dall’Italia)

Certo che una migrazione con numero così alti in così poco tempo, su un’isola così piccola, costituisce un problema per il Governo italiano. Però questo non spiega un certo discorso di odio verso gli immigrati da parte della destra politica italiana di fronte anche al silenzio di quella che chiamo sinistra. Questo a mio avviso rischia di costituire un pericolo per l’integrazione dei milioni di immigrati già ben integrati in Italia e che partecipano attivamente alla vita sociale, economica ed anche culturale italiana.

Molti dei tunisini con cui ho parlato appena dopo lo sbarco a Lampedusa hanno espresso critiche verso Ennahdha, dicono che in Tunisia non c’é lavoro e che la crisi li spinge a dover lasciare la patria. Quale è secondo lei il contesto socio economico che sta attraversando la Tunisia oggi?

La Tunisia sta provando a trovare la strada giusta dopo la rivoluzione e vive il peggiore dei momenti di instabilità politica, che rappresenta un fallimento per la classe politica che ha gestito il Paese dal 2011 fino ad oggi. Certamente Ennahdha è una parte importante di questa classe politica che ha governato la Tunisia in questo periodo. Credo che Ennahdha deve dimenticare i tempi delle sue lotte per esistere adesso e pensare al futuro della Tunisia come partito politico al 100%. La situazione attuale vede adolescenti e giovani adulti che hanno vissuto il 2011, e che adesso hanno l’età di questi migranti, aver perso la speranza verso il futuro della Tunisia con una classe politica forse compiacente verso la corruzione o che non riesce a gestire una situazione delicata come l’attuale condizione geopolitica instabile, come quella della vicina Libia.

A differenza di altri scenari, come quello della Turchia di Erdogan dove l’Unione europea ha promesso 6 miliardi di euro per il contenimento del flusso di profughi siriani, per la Tunisia sembra che l’unica intenzione politica italiana sia quella di bloccare i pochi milioni di euro promessi per la cooperazione. Perché secondo lei questo strategico partner nordafricano dell’Italia viene così poco autorevolmente considerato adesso che è una nascente democrazia e non più un caporalato come ai tempi di Ben Alì?

Secondo me la Tunisia dovrebbe avere una politica estera, anche verso l’Italia, meno timida; cosciente della sua posizione strategica e del suo ruolo, anche geopolitico. E poi ricordiamo che l’Italia ha tanti suoi interessi in Tunisia, con tante aziende che investono in Tunisia e con tanti pensionati italiani che vivono i Tunisia. Ricordiamoci che c’é un grande partnerariato tra la Tunisia e l’Italia, che unisce storicamente queste due nazioni. Dico sempre che noi abbiamo un futuro comune e con comuni interessi. Ovviamente la Farnesina non può guardare alla Tunisia come ad un guardiano della costa, o delle coste italiane. Quei 6,5 milioni di euro di cui parla e che dice di voler bloccare il ministro Di Maio non rappresentano un approccio dialettico rispettoso del rapporto tra un Paese e l’altro. Continuo a credere che ci vuole un approccio globale a questo problema, da parte dell’Italia ed anche da parte dell’Europa. Lo stesso Di Maio ha detto sempre che bisogna chiedere all’Europa gli aiuti necessari per risolvere questa migrazione con una visione globale. Ci vuole stabilità nel bacino Mediterraneo. Ovvio che ci vorrebbero 6 miliardi di euro anche per la Tunisia, ma per stabilizzare questa democrazia nascente e creare quelle opportunità che saranno preziose non soltanto per la Tunisia ma anche per l’Italia.

In questo periodo di campagna elettorale e di fake news con cui la destra cerca di accaparrarsi voti, i migranti tunisini vengono definiti come dei selvaggi che uccidono cani per arrostirli e mangiarli in campagna a Lampedusa. Questo modo barbaro e falso di definire i vostri connazionali come viene visto dalla comunità tunisina in Italia?

Noi come comunità tunisina, e personalmente come presidente dell’Associazione Tunisini in Italia, considero quello che è uscito su Libero ieri, e che poi è stato smentito dallo stesso giornale, è incitazione all’odio da un giornalismo di basso livello. Con più di 110.000 tunisini con regolare permesso di soggiorno e anche forse più di 100.000 con doppia cittadinanza, che vivono bene in Italia e che amano l’Italia oltre che la Tunisia, dovremmo reagire e denunciare questo ma decidiamo di sorvolare per non dargli troppa importanza.

Lei è un medico rianimatore, e da medico ha espresso gravi perplessità sulla decisione di ammassare centinaia di migranti tunisini su una nave quarantena, interrogandosi anche su cosa accadrà nel caso in cui a bordo si dovesse sviluppare un focolaio Covid-19 con anche esigenze sanitarie particolari o gravi. Il caso Diamond Princess aveva insegnato cosa si rischia – 12 morti a bordo tra circa 700 contagiati abbandonati al largo per circa un mese – ma l’esperimento viene ripetuto volontariamente dal Governo italiano; crede che questo si verifichi per una scarsa influenza dell’Ambasciata o comunque del Governo tunisino su quello italiano?

Quello che ho scritto due giorni fa sulla mia pagina Facebook è stato confermato oggi. Basta leggere il Corriere della Sera di oggi, l’articolo in cui parlano del focolaio di Covid-19 nella caserma di Treviso, dove hanno mischiato persone sane con due contagiati di inizio giugno e adesso ci troviamo con 257 positivi. Questo è secondo me la conferma che mettere in quarantena su una nave i migranti è uno spreco di soldi ed anche un aumento di rischio, sia per l’equipaggio che per i sani, ma anche per eventuali problemi di sicurezza nel caso scoppiassero litigi o eventuali incendi o ancora eventuali suicidi. Quindi questo è, purtroppo, uno di quei casi in cui la politica sbaglia e poi continua con gli stessi errori. Ricordiamo tutti che hanno mischiato pazienti positivi in case di riposo in Lombardia, e quello che è successo è stata un’ecatombe.

Riguardo il nostro ambasciatore in Italia, penso che stia facendo il suo lavoro ad un altissimo livello. Non può prendere decisioni per un Paese che lo ospita, ma credo che stia facendo del suo meglio per migliorare i rapporti tra i due governi per far fronte a problemi di ampio livello. Ha inoltre fatto un ottimo lavoro affinché i suoi connazionali regolarmente stabiliti in Italia abbiano buone condizioni di soggiorno.

Lei ha recentemente ricordato che “la libertà dello spostamento dei cittadini fa parte dei diritti universali” e che “tutta questa chiusura delle frontiere Europee va rivista”. Da dove si dovrebbe iniziare, secondo lei, per abbattere la politica nazionalista delle frontiere ed avviarcisi verso una visione di comunità internazionale libera?

Il movimento delle persone è un fenomeno naturale, dell’inizio dei tempi. Già dall’homo sapiens che dall’Africa ha cominciato a migrare verso nord alla ricerca di cibo e di una vita migliore. Non dimentichiamo che il libero movimento è un diritto sancito dalla Carta dei diritti universali. Le frontiere, con le barriere con cui sono fatte adesso, con una rigidità assoluta, non aiutano a controllare il fenomeno nel giusto modo. Come vediamo non fa altro che aumentare il traffico della tratta di esseri umani. Non possiamo, nel XXI secolo, parlare di globalizzazione e di libertà di commercio tra tutti i Paesi del mondo senza facilitare il libero movimento in tutto il globo. Il destino della umanità, su questa terra è comune a tutti e lo dimostra la pandemia con cui rischiamo tutti se non ci uniamo per fronteggiare il pericolo.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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