Renzi in crisi mette in crisi il Governo

Il senatore di Italia Viva vota con Forza Italia in Commissione Giustizia del Senato. Il presidente del Consiglio critica aspramente la linea politica del partito di Matteo Renzi. Il segretario di Italia Viva nega la partecipazione dei suoi ministri in CDM ed il presidente del Consiglio lo attacca in conferenza stampa. Crisi nel Governo con il partito di Renzi che non supera il 4% nei sondaggi ma ha due ministri nel Governo

Ieri si è verificato uno dei teatrini della politica italiana a cui si sperava che ci si potesse disabituare. Giochi di palazzo, di partiti, di sondaggi, tutti fondati sui rischi che alla fine corrono gli italiani. Il protagonista dello show è l’ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Partito Democratico che all’indomani della crisi di governo aperta dall’ex vicepremier Matteo Salvini ha dato il via alla costruzione di Italia Viva, partito poi reso pubblico dopo aver formato il governo insieme al M5S dalle fila del PD. Matteo Renzi ieri ha deciso di votare insieme all’opposizione in Commissione Giustizia del Senato. Una presa di posizione politica che riguardava il decreto legge sulle intercettazioni. Il senatore di Italia Viva in Commissione, ieri mattina, ha votato in favore dell’emendamento proposto da Forza Italia scatenando reazioni nella maggioranza. Il voto del renziano contro la maggioranza non ha portato a nulla essendosi conclusa con un 12 a 12 la votazione in Commissione, quindi con la bocciatura dell’emendamento firmato dal senatore di Forza Italia.

Il gioco di dissenso di Italia Viva su un tema da sempre molto caro a Forza Italia e contro la maggioranza di cui fa parte ha quindi innervosito l’esecutivo con il presidente del Consiglio in prima linea. Alle critiche di Giuseppe Conte ha risposto Matteo Renzi annunciando che i suoi ministri non avrebbero partecipato al Consiglio dei ministri in programma per il tardo pomeriggio. Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, ministri in quota Italia Viva, rispettivamente all’Agricoltura ed alle Pari opportunità, non hanno preso parte al Consiglio dei ministri dando così seguito alla “ripicca” di Matteo Renzi ma al contempo sottraendosi al loro dovere di ministri del Governo prima che di burattini del segretario di partito. Al termine del Consiglio dei ministri, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, non sono mancati i duri colpi del presidente Conte che ha però tentato la linea della severa ammonizione con un fiammifero chiaramente acceso e consegnato nelle mani di Matteo Renzi.

Le stoccate di Conte sono state chiare, anche sottolineando che il consenso di cui gode un partito non cambia il rispetto di cui godono i suoi esponenti in Consiglio dei ministri. Per Conte, se Italia Viva è al 3% per lui poco importa. Tra le varie affermazioni del presidente del Consiglio in conferenza stampa questa è forse quella che potrebbe bruciare di più al fondatore del nuovo partito. Renzi ha in effetti fondato Italia Viva ufficialmente dopo aver sostenuto la nascita del Governo M5S-PD, ma con la premeditazione dimostrata dall’acquisto del dominio internet con il nome del partito esattamente il giorno successivo all’uscita improvvida e storica di Matteo Salvini dell’8 agosto 2019, quando tentò di far cadere il Governo per nuove elezioni ed invece cadde soltanto la Lega passata all’opposizione. Adesso Matteo Renzi sembra però giocare una partita che non necessariamente mira al solo incremento di consenso elettorale, fermo al palo da quando è stato costituito il partito. Gli ultimi sondaggi vedono infatti Italia Viva al 4% circa, ed al momento sono ben lontane le elezioni. Se il Governo dovesse cadere, Renzi rischierebbe di finire fuori dagli schemi parlamentari e fuori dal Parlamento se si andasse a nuove elezioni. A meno che la strategia politica di partito renziana non verta sulla costituzione di una nuova area moderata di centro, magari con contributi di partiti ed esponenti ex Forza Italia ed ex Partito Democratico. In tal caso si spiegherebbe la precisa posizione politica presa da Matteo Renzi su temi quali la prescrizione dei reati e le intercettazioni. In ogni caso, con un referendum su una riforma della Costituzione alle porte e senza conseguente legge elettorale, a nuove immediate elezioni non ci si andrebbe comunque.

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