Anche l’Osservatorio Siriano approda in Libia, inizia il terrorismo pro guerra

La BBC scende in campo con il lancio delle informazioni diffuse dall'Osservatorio Siriano sui Diritti Umani che insieme ai Caschi Bianchi è stato determinante per la legittimazione americana della guerra in Siria. Iniziata la campagna terroristica su presunti terroristi tra i migranti diretti in Europa

L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, che il mondo si era abituato a conoscere nel corso del conflitto in Siria, quando le uniche non attendibili fonti che legittimavano la guerra contro il governo di Bashir Al Assad erano i cosiddetti “Caschi Bianchi” e, appunto, “L’Osservatorio” con sede a Londra, approda adesso in Libia con il lancio di informazioni non verificabili sullo stato del conflitto tra Haftar e Sarraj. L’escalation in Libia sta quindi prendendo una brutta piega, peggiore di quella già avviata con lo scontro militare. A decretarne il drastico deterioramento, mentre il mondo assiste al tentativo di intervento pacificatore delle superpotenze coinvolte (Summit di Berlino sulla Libia), è adesso una massiccia propaganda che insiste sul terrorismo. In altre parole, si tratta di terrorismo psicologico preventivo che lascia presumere un imminente grave intervento militare straniero in Libia.

Secondo la notizia lanciata oggi dal riscoperto Osservatorio Siriano, adesso in “prima linea” in Libia, “un totale di 28 mercenari pro-Turchia sono stati uccisi tra le forze del GNA a Tripoli dallo scorso mese”. Notizia che, in considerazione della natura degli scontri in atto intorno a Tripoli, potrebbe non stupire più di tanto ma che a più attenta analisi parrebbe essere l’inizio di una campagna di terrorismo psicologico fondata sull’arrivo di mercenari siriani in Libia. La presenza dei mercenari provenienti dalla Siria sarebbe stata confermata in Libia dallo stesso presidente del Governo di Accordo Nazionale (GNA) Fayez Al Sarraj che ha commentato asserendo la propria consapevole determinazione, a qualsiasi prezzo, pur di fronteggiare l’attacco del generale Khalifa Haftar. “Non esiteremo a trattare con qualunque parte – avrebbe dichiarato inoltre Sarraj alla BBC – sia disponibile ad aiutarci e sostenerci, in qualunque modo, nel respingere questo attacco“.

Dal fronte opposto, quello dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Haftar, per voce del generale di brigata Khaled Al-Mahjoub, parte il minaccioso attacco psicologico all’Unione europea con l’annuncio di combattenti siriani fatti imbarcare insieme ai migranti sui barconi in accordo con i trafficanti e su volontà della Turchia. Secondo Mahjoub, che cita fonti di Intelligence dell’LNA, già la prima spedizione “di militanti siriani, tra cui 10 elementi dell’ISIS, è già arrivata in Europa con i migranti africani”. Di fatto, al netto della propaganda in tempo di guerra, Erdogan non è nuovo al ricatto dell’Unione europea con leva l’unico argomento che terrorizza gli Stati membri più di un attacco militare: i migranti. Nel caso specifico, Erdogan ha proprio nei giorni scorsi trasmesso il proprio messaggio-minaccia all’Europa, asserendo che potrebbe dover affrontare “nuove minacce da parte di organizzazioni terroristiche se il governo di Accordo nazionale di Tripoli guidato da Fayez Al Sarraj dovesse cadere“.

Vengono così rimescolate le carte di un conflitto in cui fuori dei confini della Libia era già poco chiaro cosa stesse accadendo. Perfino in Italia, che nel suo punto più vicino al teatro degli scontri dista appena 300 chilometri, l’opinione pubblica non ha idea di chi siano le parti coinvolte e quali siano gli equilibri del Paese che non ha più trovato unità dall’omicidio di Muammar Gheddafi spacciato per guerra pacifista. L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani si innesta adesso in un gioco mediatico globale in cui i più potenti mass media presteranno il fianco – come già per altre guerre – alla legittimazione di intervento militare esterno. In ballo ci sono sempre gli stessi temi: il terrorismo, da cui proteggere, e le migrazioni. E negli ultimi anni i due ingredienti sono stati spesso mescolati. L’LNA di Haftar, nella sua originale denominazione, è per esteso “Esercito Nazionale di Liberazione della Libia”. La “liberazione” fa riferimento alla presenza di insediamenti terroristi in Libia. Presenza peraltro conclamata in quel di Misurata, dove, oltre al quartier generale della missione militare italiana in Libia, sono dominanti le milizie salafite della città che da sempre ha stretti legami con i Fratelli Musulmani già conosciuti in altre torbide dinamiche mediorientali.

Sul fronte opposto c’è il GNA riconosciuto dalle Nazioni Unite ma non dai libici che vi preferiscono Haftar. La maggiore inclinazione del popolo libico verso il generale è evidenziata anche dall’assenza di resistenza civile alla conquista, da parte dell’LNA, ormai del 90% del territorio nazionale. Haftar ha lanciato la sua offensiva, ufficialmente annunciata il 4 aprile del 2019, certo di due fattori favorevoli: il del popolo della Libia – che non aveva accettato la messinscena con cui nel 2011 è stato rovesciato e poi ucciso Gheddafi e di cui vede possibile erede Haftar – e l’immobilismo dell’Unione europea impegnata in quel periodo nelle elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento di maggio del 2019. Il Summit di Berlino si è concluso in farsa, con un accordo in 55 punti accolto da tutti tranne che dai diretti interessati Sarraj e Haftar. Il generale non ha interesse a ritirarsi dopo aver preso il controllo del 90% della Libia e non può permetterselo perché manifesterebbe debolezza agli occhi dei libici prima ancora che della comunità internazionale. La Turchia non ha interesse a che Haftar si ritiri perché il venir meno dell’offensiva priverebbe di giustificazione la presenza militare con cui intende sottrarre la Libia ai partner commerciali ( e non solo) storici, come l’Italia, felicemente addormentata nel bosco del populismo.

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