Cari Compagni, addio!

di Mauro Seminara

L’era di Salvini è cominciata il primo giorno di giugno del 2018 con il giuramento che lo ha reso ufficialmente ministro degli Affari interni. Matteo Salvini non è il primo leghista alla guida del Viminale, ma chissà perché il nuovo segretario federale all’Interno sembra indignare molto più del co-fondatore della Lega Nord. Roberto Maroni al Ministero dell’Interno ci è arrivato da leghista padano, spinto dai voti del partito alleato di Silvio Berlusconi e guidato da quel signor Umberto Bossi che ha costruito il consenso su campagne per la secessione e contro i terroni. Poi la Lega è stata sdoganata dall’uomo di Arcore e da fanatici che con il tricolore ci facevano di tutto, sempre sulla linea del vilipendio, i leghisti sono passati al giurare sulla bandiera da ministri della Repubblica. Nessun presidente pose allora un veto sul giuramento da ministro di chi fino al giorno prima con il tricolore ci si voleva pulire il culo. Al Ministero dell’Interno il leghista Maroni si è distinto, passando alla storia, per i respingimenti coatti, in acque internazionali, di migranti e profughi vari senza neanche chiedere da dove arrivavano e da cosa possibilmente fuggivano. Al tempo però, fatta eccezione per le associazioni e le Ong, neanche tutte, non ci sono state “sinistre” che si incatenavano davanti le motovedette che fino al giorno prima servivano a soccorrere le persone invece che a rispedirle nell’inferno libico da cui erano fuggiti. Trascorsi un po’ di anni, superato il Ministero di Angelino Alfano che ha probabilmente causato l’esasperazione popolare perfino nell’accogliente e multiculturale Sicilia, è arrivato – o tornato – al Viminale un ministro di provenienza politica di sinistra. Almeno cosi si diceva. Giusto per smentire la sempre più diffusa ideologia estremista di quanti sui migranti ci costruivano il consenso politico attribuendo ai non elettori giunti in barcone ogni guaio del Paese, il ministro di centrosinistra ha subito attuato una politica sui flussi migratori che pure Roberto Maroni lo avrà chiamato per fargli i complimenti. Questa è stata la politica sui flussi migratori condotta dal centrosinistra. Anche i paladini dei poveri migranti, quelli che si battevano dal centro del Mediterraneo, dal proprio Comune sulla prima linea, si sono guardati dal condannare severamente il compagno di partito che li rispediva indietro con le forze libiche invece che come Maroni, ingenuamente, con le forze italiane.

Tutto ciò accadeva mentre ancora in Italia c’erano i convinti: quelli che credevano che c’era una sinistra, convinti anche delle attenuanti sul “centrosinistra meglio che niente”. Ed i poveri convinti ci sono stati davvero parecchio a capire, mentre continuavano a votare, elezione dopo elezione, per un partito che in comune con la sinistra aveva tanto quanto George W. Bush aveva in comune con Fidel Castro. Ma l’importante era credere che la propria ideologia politica fosse genuinamente di sinistra, ed essendoci un partito che occupava quella posizione sullo scenario nazionale tutto andava bene. Oggi i “sinistri” sono tutti pronti ad attribuire a Salvini ogni responsabilità, anche la dove la responsabilità è di tutti i ministri dell’Interno della storia della Repubblica. In Calabria, come già accaduto al tempo a Rosarno, dei braccianti africani sono stati presi a fucilate. Colpa di Salvini? La sua nomina al Ministero dell’Interno ha legittimato le fucilate che prima la ‘ndrangheta reprimeva perché c’era Minniti? Il dubbio che il problema sia nella terra della ‘ndrangheta in cui lo Stato fa appena la comparsa, invece che nel razzismo e nella propaganda leghista, è troppo chiedere? Forse in questo momento si, è troppo chiedere. In questo momento si stanno scatenando due correnti: quella dei rancorosi di sedicente centrosinistra che hanno preso una mostruosa batosta alle elezioni e quella dei sedicenti comunisti che non si sa dove sono stati negli ultimi trent’anni. Agli uni ed agli altri sta bene adesso urlare contro il Matteo Salvini che, probabilmente, di quelle urla si nutre e da esse trae energia e vigore. In altri termini, più le urla sono esagerate e più Matteo Salvini prende voti. Un dato di fatto, ineludibile, è che il colpo alla Aquarius è stato sferrato il giorno in cui si votava in oltre 750 comuni d’Italia e la Lega ha fatto il pieno. Indignazione alle urne? No. “Porti chiusi”, “Sicurezza”, “Adesso basta” e dintorni. Parole chiave a cui gli italiani rispondono con il consenso.

Matteo Salvini è al Governo, vicepresidente del Consiglio dei ministri ed anche ministro dell’Interno, e il partito che guida è passato dalle ceneri del 4% agli ultimi sondaggi che lo danno al 25% dopo essere uscito con il 18% dalle urne. Il resto della compagine di Matteo Salvini è composto dall’anti-comunisti Silvio Berlusconi, che dal 1994 ad oggi non ha mai trovato eserciti di comunisti che gli si opponevano, e dai missini dei giorni nostri guidati da Giorgia Meloni in Fratelli d’Italia. Il Movimento Cinque Stelle ha sempre rifiutato posizioni ideologiche di sinistra o destra, fagocitando elettori delusi di sinistra e di destra indistintamente. La somma di M5S, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia costituisce il 70% degli italiani che votano. Tra gli italiani che si degnano di andare a votare, quindi esclusi i laureati in scienze politiche per strada, quelli che non votano quale segno di protesta, 7 su 10 ha votato per partiti che certo non sono né si dichiarano “sinistra”. Uno dei grandi misteri della storia del genere umano è infatti dove sono finiti i comunisti italiani. Dove si trova il loro partito, come si chiama, dove si riuniscono i circoli locali è un affascinante segreto dell’occulto. Di tanto in tanto se ne vede uscire qualcuno, di comunista o sedicente tale, per un’invettiva all’indirizzo di quello o di quell’altro e poi ritorna nel rifugio segreto. Di attività politica alla luce del sole neanche a parlarne. E mentre questa “sinistra logica” si faceva sempre più diffusa, qualche ambizioso politico allevato in ambienti elitari e nutrito a pane e politica, prendeva un partito, lo ripuliva definitivamente degli odiosi circoli locali, lo ripuliva definitivamente anche nella sua direzione generale da ogni voce contraria, lo convertiva in partito di centro-centrodestra e mandava affanculo tutti i comunisti rompicoglioni che si ostinavano a non voler capire le virtù dei salvataggi bancari senza vincoli di tutela dei risparmiatori. In questi lunghi anni, purtroppo, l’Italia è stata “accogliente” realizzando ghetti, emarginazione e regalando eserciti di invisibili alla malavita organizzata nostrana. Non è una questione di pregiudizi ma un dato di fatto. Prendere disperati ed abbandonarli cosa altro può creare se non emarginazione? E l’emarginazione concentrata in ghetti, in un’epoca in cui il benessere degli italiani è un lontano ricordo, causa inevitabile intolleranza. Poveri che se la prendono con i poveri, aizzati dai Salvini di turno che guadagnano consenso dalla sofferenza altrui senza offrire vere soluzioni, in un contesto sociale in cui le periferie danno tristemente ragione a chi non ce la fa più. Nelle grandi città si trovano spesso interi quartieri abbandonati o quasi, con interi stabili occupati o “affittati” a migranti che non hanno il permesso di soggiorno e il lavoro – quello vero e retribuito in maniera dignitosa – e che si arrangiano come possono. Poi, come se non bastassero le politiche nostrane degli ultimi due decenni, qualche genio oltre oceano ha inventato l’esportazione globale del terrore facendo sì che adesso ogni musulmano, per gli smarriti italiani, sia diventato un potenziale terrorista.

Tra i miliardi che l’Italia spende ogni anno per tutto il mega apparato dell’accoglienza – e non soltanto l’Italia fa questo gioco – ci sono miliardi che partono dall’Ue e dovrebbero finire in Africa per un progetto di cooperazione utile a rendere migliori le condizioni di vita nei Paesi di provenienza dei migranti ed a medio-lungo termine prevenirne le partenze, quindi gli arrivi in Europa. Ma, noi siamo furbi e ce ne freghiamo di quella gente. Meglio spenderli in Italia tra le cooperative di “mafia capitale”, quelle della ‘ndrangheta ed il super mega ghetto galattico di Mineo. Il braccio di ferro, erroneamente definito “Italia-Malta”, arriva in modo errato – dal punto di vista giuridico – e nel giorno sbagliato: quello delle elezioni. Inoltre arriva a discapito dei migranti fermi a bordo di nave Aquarius. Ma arriva. Triste, cinico, ma vero. D’un tratto si passa dal barattare flessibilità sui conti in cambio del farsi interamente carico del problema al “da oggi il problema non è più solo nostro”. Il braccio di ferro infatti è con l’Unione europea e non con Malta. L’Isola-Stato a sud della Sicilia non può accogliere neanche un decimo del flusso migratorio, ovviamente. Quindi, in questa cinica partita politica, Malta dovrà essere – suo malgrado – l’alleato di ferro dell’Italia in Europa per quel che riguarda la gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale. Tutto questo accade mentre il popolo ed il “popolino” italiano inneggiano a Salvini quale salvatore della patria, il Movimento Cinque Stelle si accoda per non apparire spiazzato o incapace di controllare i colpi di coda del ministro dell’Interno (perdendo però ancora consenso a sinistra), e nel Paese non c’è una sinistra che faccia sentire le classi più deboli rassicurate e protette. Perfino Minniti adesso da lezioni di morale, ma di questo non vale proprio la pena parlare. Perché il punto è che si da del razzista al Governo italiano mettendo tutto nel mucchio, senza scindere la questione politica europea dal singolo caso della nave con a bordo i 629 migranti; si da del fascista al popolo italiano che risponde tristemente “va bene, sono fascista ma tu vattene affanculo”; si alimenta il consenso di un partito che non ha mai fatto dell’unione del popolo il proprio vessillo e si nutre inevitabilmente di una deriva razzista ed autoritaria senza opposizione democratica. Un plebiscito di consenso come accadde quando l’Italia moriva di fame all’inizio del secolo e come accadde alla Germania, per le stesse ragioni, appena qualche anno dopo. Comparvero proprio tra la fame e la paura del popolo Mussolini e Hitler.

Scomparve invece l’11 giugno del 1984 Enrico Berlinguer, e con lui, probabilmente, scomparve la sinistra in Italia. Oppure quel giorno di 34 anni fa iniziò il processo di estinzione. Oggi chi si dice di sinistra è magari il primo ad acquistare su Amazon, magari dopo aver chiesto lumi al commesso del negozio sotto casa sul prodotto da ordinare con “Prime”, griffe Made in Italy fatte in Cina o in Africa e sfrutta badanti e braccianti stranieri pagati in nero. In effetti, questo articolo si poteva intitolare “Siamo tutti comunisti col culo degli altri”, ma sarebbe stato più provocatorio e meno onesto. La verità è solo una: la sinistra non c’è più, s’è venduta; e di tanto in tanto spunta fuori un sedicente idealista che moralizza su un politico e su una sua azione, senza rendersi conto che l’estinzione conseguente al fallimento delle sinistre in Italia ed in Europa ha causato l’attuale Ue di destra ed estrema destra in cui il popolo chiede e il Salvini di turno asseconda. Allora, anime belle, che ne dite di smettere di fare i moralizzatori da casa e di rimboccarvi le maniche? Perché la democrazia non ha bisogno di persone di sinistra sul divano con lo smartphone in mano né tantomeno di una sedicente sinistra per convenienza elettorale, che mira a vincere le elezioni per governare il Paese e solo e soltanto per questo. La democrazia, ed oggi più che mai, ha bisogno di una visione e di una ideologia opposta, ma che possa illuminare, anche in minoranza, dall’interno del Parlamento. L’opposizione ideologica dall’interno del Parlamento oggi è rappresentata dal Partito Democratico, e forse la Lega sta davvero più a sinistra di questa gente. Quindi, cari compagni, addio. Aspettiamo con ansia che nasca di nuovo una ideologia politica del popolo, che vi mettiate in gioco, politicamente, e che onoriate ciò che c’era in quella ideologia politica. Che onoriate quell’Enrico Berlinguer che oggi magari vi siete affrettati ad ostentare quale icona del vostro falso comunismo interiore (sul social che frequentate, mediante il vostro smartphone da 900 euro e prima di mettere in moto il vostro bel Suv!).

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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