Miseria e nobiltà nel Parlamento italiano, la crisi siriana senza pudore – VIDEO

Martedì il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha relazionato in Parlamento sulla crisi siriana senza dire nulla o addirittura affermando “inesattezze” al cospetto del potere legislativo italiano

In copertina: Gentiloni relaziona al Senato su Siria il 17 aprile 2018

di Mauro Seminara

Il discendente dalla famiglia dei conti Gentiloni Silveri, Nobili di Filottrano, di Cingoli e di Macerata, presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni, martedì 17 aprile ha “relazionato” in Parlamento sulla escalation della crisi in Siria. La cosiddetta relazione, al presidente del Consiglio, era stata sollecitata prima che le forze alleate con le soluzioni esplosive lanciassero 103 missili sulla Siria per “punire” l’uso delle armi chimiche. La richiesta era quindi stata formulata prima del lancio e durante l’escalation di tensione in cui la Russia aveva risposto ai diplomatici tweet del presidente americano Donald Trump, con i suoi missili “belli, nuovi ed intelligenti in arrivo, che avrebbe fermato i missili e risposto attaccando le basi di lancio. Un potenziale terzo conflitto mondiale conseguente all’attacco sferrato venerdì notte da Stati Uniti, Regno Unito e Francia, sul quale il presidente del Consiglio dei ministri – capo del Governo dimissionario – ha relazionato al Parlamento italiano soltanto martedì. Se la Russia avesse davvero contrattaccato, martedì poteva non esserci neanche più un Parlamento. Ma ciò che ha caratterizzato maggiormente la “relazione” di Gentiloni è stata senza dubbio alcuno la leggerezza, la approssimativa superficialità con cui il capo del Governo ha messo a parte il potere legislativo nazionale.

Sorvolando sui circa “200.000”, e non 500.000, civili uccisi dall’inizio del conflitto, nel 2011; sorvolando anche sui “circa 10 milioni di sfollati”, che sarebbero oltre 12 milioni tra rifugiati interni e profughi su una popolazione che all’origine era di 21 milioni di abitanti; atterriscono altre parole e frasi usate da Gentiloni al cospetto dei rappresentanti del popolo sovrano nelle due Camere del Parlamento. “Il regime di Bashar al Assad ha fatto ricorso, in varie occasioni, all’uso di armi chimiche”, ha detto Gentiloni, anche se Assad è stato rieletto nel 2014, in pieno conflitto e sotto le bombe sganciate da tutti gli esportatori di democrazia oltre che tra i vari attentati dei combattenti ribelli anti-Assad con procura e finanziamento da Paesi stranieri. Il premier ha proseguito poi spiegando che: “Le vicende di questi giorni nascono da quello che è successo la notte del 7 aprile, a Douma, l’ultima roccaforte dei ribelli di Jaysh al-Islam: uno dei gruppi islamici più radicali della opposizione, chiamiamola così, siriana”. Per il premier quindi Jaysh al-Islam è “opposizione”. Ma questo è solo l’inizio della plateale, parlamentare, supercazzola del presidente del Consiglio. “Un attacco a Douma nel corso del quale, secondo ogni evidenza, si è ripetuto l’uso di armi chimiche”, continua Gentiloni citando “ogni evidenza” ma senza relazionare su quale evidenza. Come se stesse in un talk show.

Anche sui contenuti, meramente chimici, la vaghezza ha avuto il sopravvento nel Senato della Repubblica prima e nella Camera dei deputati dopo. “Probabilmente di cloro, miscelato con Sarin o agenti assimilabili”, sarebbe stato a detta di Gentiloni il contenuto dell’arma chimica impiegata alle porte della capitale siriana Damasco. Sempre più esaustivo, il signor Gentiloni Silveri asserisce che “questo attacco ha causato la morte di decine di persone, centinaia di intossicati”. Poi il colpo da maestro di un capo di Governo che deve rendere partecipi i parlamentari della Repubblica sui fatti: “Del resto lo abbiamo visto tutti noi nelle immagini in televisione”. Già a questo punto, si intuisce che la nobiltà in quel Parlamento è rappresentati forse solo dagli avi del premier e che ciò che indubbiamente ha il sopravvento è la miseria. Ma, purtroppo, non finisce qui. Gentiloni sembra toccare il fondo quando arriva all’uso delle immagini evocative: “Persone soffocate, le immagini dei bambini, come sempre, sono quelle che sconvolgono di più, e rispetto alle quali facciamo fatica ad essere indifferenti”.

Dopo la lacrimuccia parlamentare condivisa, il nobil-premier rivolge un triste riferimento-asserzione riguardo le accuse di messe in scena e mistificazione operata da quei “Caschi bianchi” – finanziati da Regno Unito e Stati Uniti per operare costantemente tra i terroristi di al-Nusra e documentare con fare propagandistico ogni presunto attacco – su cui tutti nutrono ormai concreti dubbi: “E non c’è nessun indizio che mostri la possibilità che queste immagini siano state in qualche modo manipolate, che siano immagini false”. Per Gentiloni quindi quelle immagini sono vere fino a prova contraria e, pur non essendo certificate da nessun organo internazionale – come ad esempio le Nazioni Unite – e malgrado non ci sia stampa nazionale sul luogo e nessun servizio di intelligence possa confermare la veridicità delle sequenze reperibili su YouTube, “nessun indizio” fa pensare che siano false e pertanto si può legittimare una raffica di cento missili su un Paese straniero che sta già combattendo da sette anni contro i terroristi che lo hanno invaso. Ebbene sì, per il premier “allo stato non c’è nessun indizio che possa far pensare questo”. Anzi, Gentiloni muove come prova contraria il fatto che “per molti giorni addirittura è stato impedito agli ispettori dell’Opac, che è l’organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche, di arrivare nella località di Douma”. Nessun dubbio, per il premier che “relaziona” al Parlamento, che a Douma possano ancora esserci rischi seri per l’incolumità degli ispettori dell’Opac a cui fino a ieri, mercoledì, hanno sparato quando hanno tentato di avvicinarsi a quella “ultima roccaforte dei ribelli di Jaysh al-Islam” citata dallo stesso Gentiloni.

Gli interventi di Paolo Gentiloni sono durati poco oltre i venti minuti sia al Senato che alla Camera, ed in nessuno dei due casi ha illustrato dati, informazione, garanzie di prove, o quanto altro potesse legittimare l’intervento militare “inevitabile”, secondo chi lo ha sferrato. Un intervento militare arbitrario, non autorizzato né condiviso dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e che poteva causare una escalation di proporzioni incalcolabili. Il presidente del Consiglio ha sostenuto, come in un programma televisivo stile Maria De Filippi, che tutte queste non dettagliate e non definite ragioni non potevano restare impunite ed ha quindi “approvato” l’uso della forza dei nostri cari alleati. Ha inoltre ricordato che non è stato autorizzato l’uso delle basi presenti in Italia per appoggio operativo all’attacco ma solo per appoggio logistico, come se il Governo avesse potuto farlo senza l’approvazione del Parlamento. Nessun cenno infine al sottomarino nucleare che a fine marzo è entrato nel porto denuclearizzato di Napoli, su autorizzazione della Difesa italiana, e che avrebbe lanciato 6 missili Tomahawk nel corso dell’attacco del 14 aprile. La miseria è andata in scena anche dopo le cosiddette relazioni del presidente del Consiglio, quando dal Parlamento non è arrivata nessuna sostanziale domanda o critica alla totale insussistenza della relazione. Come dire che tutti hanno fatto la parte ma nessuno intendeva entrare davvero nel merito. Le frasi chiave, estratte dal mainstream, hanno ripreso in massima parte i passaggi sui bambini e sul dovere di fermare l’uso delle armi chimiche. Tutto questo, ovviamente, in attesa di avere ancora le prove dell’attacco chimico dell’aprile 2017, quando gli Stati Uniti lanciarono 59 missili Tomahawk sul suolo siriano all’indirizzo di una base aerea.

Nel video trovate un estratto della relazione resa al Senato della Repubblica, martedì 17 aprile, dal presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni dopo l’attacco in Siria da parte degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Francia la notte tra venerdì 13 e sabato 14 aprile

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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