Booku Ndal, vengono dall’Africa ma cantano Palermo – VIDEO

Rap targato Palermo per i Booku Ndal, crew nata all’interno di un Centro di Prima Accoglienza per minori. I loro testi sono scritti in quattro lingue: mandinka, fula, wolof e italiano. Le prime tre sono le lingue madri originarie della zona dell’Africa da cui provengono, mentre l’italiano è stato scelto come omaggio alla nazione che gli ha permesso di salvarsi da un destino incerto. Il video è stato girato tra le bellezze della città che li ha adottati al loro arrivo in Italia

In copertina: i quattro ragazzi del Centro Asante di Palermo che hanno fondato la rap-band Booku Ndal

In comune hanno la passione per la musica e il travaglio del lungo viaggio che li ha portati dall’Africa sino a Palermo. Manneh Sarjo, originario del Gambia, Abdoulaye Cissoko, Sakho Yankhoba e Ismaila Kouyate, che ha compiuto diciotto anni lo scorso 11 gennaio, provenienti dal Senegal, si sono ritrovati a Palermo nel marzo del 2016, dopo un lungo viaggio a piedi e con mezzi di fortuna seguito da una terribile traversata del Mediterraneo centrale come altre migliaia di loro connazionali. Al momento dell’arrivo nel capoluogo siciliano i ragazzi avevano tra i sedici e i sedici anni e mezzo, ed erano tutti richiedenti asilo per motivi umanitari. Sono stati ospitati presso un Centro di Prima Accoglienza per minori stranieri non accompagnati. Nel nostro Paese esiste una precisa normativa che riguarda questo tipo di accoglienza. Nello specifico, il DDL Zampa, approvato in via definitiva il 29 marzo dello scorso anno, prevede che la permanenza dei minori nelle strutture di prima accoglienza e identificazione sia di trenta giorni al massimo, contro i novanta previsti dalla precedente legislazione. Manneh, Sakho, Abdoulaye e Ismaila, dal loro arrivo a Palermo, sono ancora ospitati nel CPA cui sono stati assegnati al loro arrivo, il Centro Asante. In questo lungo periodo, i ragazzi hanno iniziato un importante percorso d’integrazione, anche grazie al supporto degli operatori e dei mediatori culturali del centro. Hanno cominciato ad ascoltare musica assieme e hanno scoperto che, proprio grazie alla musica, le loro identità si univano. Un pomeriggio uno di loro ha spento il lettore mp3 e ha guardato gli altri. “Possiamo farlo anche noi” ha detto.

Quel giorno sono nati i “Booku Ndal”. Il nome che i ragazzi hanno scelto per la loro crew ha un significato importante. Booku Ndal è una brocca da cui si beve tutti insieme. È il simbolo della loro comunione. I loro testi sono scritti in quattro lingue: mandinka, fula, wolof e italiano. Le prime tre sono le lingue madri originarie della zona dell’Africa da cui provengono, mentre l’italiano è stato scelto come omaggio alla nazione che gli ha permesso di salvarsi da un destino incerto. Amano profondamente Palermo, luogo simbolo del loro salvataggio e della loro emancipazione e a lei è dedicato uno dei brani del loro primo album. Il videoclip è ambientato nei luoghi simbolo di Palermo: il centro storico di Ballarò, il Foro Italico, Piazza Verdi con il Teatro Massimo, Mondello e ancora altri angoli della città che li ha ospitati. Nel video appare, come guest star, Riccardo Simoncelli, che collabora con la crew da circa un anno e che ha prodotto il brano del videoclip.

Riccardo Simoncelli durante un’esibizione live al Cous Cous Festival
Palermitano, allievo di Mimmo Cafiero e di Loredana Spata, negli anni novanta Riccardo Simoncelli realizza un disco con Andrea Braido, chitarrista di Vasco Rossi, Zucchero e altri ancora. All’inizio degli anni duemila, Simoncelli fonda gli “Escape”, una band che ben presto si fa apprezzare in tutta la Sicilia per le raffinate scelte musicali e per i particolari arrangiamenti, che portano i brani oltre la cover. Ma l’incontro “magico”, per Simoncelli, avviene a Lampedusa dove, nel 2004, nell’ambito della seconda edizione di O’Scià, la kermesse musicale organizzata da Claudio Baglioni, suona il motivo di apertura “Sharabia” di Antoine Michel insieme all’autore ed alla sua nutrita band. Inizia un forte rapporto musicale tra Simoncelli, O’Scià e Lampedusa, che lo ha visto esibirsi d’estate nei locali che si affacciano sulla strada della movida lampedusana, via Roma. La collaborazione con i Booku Ndal, si è concretizzata in un mini-album che contiene cinque brani di cui fa parte “Palermo”. I testi dei brani sono scritti dagli stessi Booku Ndal, mentre Riccardo Simoncelli ha realizzato le musiche e i tessuti sonori. L’album è disponibile attraverso la pagina Facebook della crew.

I Booku Ndal si sono integrati con il quartiere cui fanno riferimento e in cui nasce la loro musica, Ballarò. Si sono esibiti in diverse occasioni a Palermo e hanno suonato sul grande palco allestito in piazza Bellini il 5 ottobre scorso. Il sindaco Leoluca Orlando li ha voluti come ospiti nel grande concerto del 31 dicembre, al fianco di Edoardo Bennato e degli altri grandi artisti che hanno partecipato all’evento.

I Booku Ndal durante le prove del concerto di Capodanno a Palermo
All’interno del centro Asante, dopo un anno e dieci mesi di permanenza, questo gruppo di ragazzi ha iniziato a essere un punto di riferimento soprattutto per gli ospiti più piccoli che, periodicamente, accedono al CPA. Sono ottimi mediatori culturali e di grande supporto agli operatori della struttura, parlando, oltre all’italiano e alle loro lingue d’origine, anche il francese e l’inglese. Oggi i quattro ragazzi sono i Booku Ndal, una crew che suona rap, un punto di arrivo importante agli occhi dei nuovi giovani migranti che li incontrano, ma… Sì, c’è un ma. Il più giovane dei tre, Ismaila, ha compiuto pochi giorni fa diciotto anni. La legge non prevede che i neo-diciottenni, già minori stranieri non accompagnati, possano rimanere all’interno dei Centri di Prima Accoglienza per minori, perciò si prevede il loro trasferimento in uno SPRAR. Molto spesso, il posto non è disponibile nella stessa zona e i ragazzi sono trasferiti anche a 1200 chilometri di distanza, negli SPRAR presenti nel nord Italia che hanno posti disponibili, andando così a cancellare il lungo lavoro d’integrazione, di formazione e di addestramento al lavoro che i ragazzi fanno. Nel Centro Asante, oltre ai Booku Ndal, ci sono altri dieci ragazzi, neo-diciottenni. Per due di loro si prospetta un trasferimento presso lo SPRAR di San Cipirello, in provincia di Palermo, per gli altri ancora nulla.

Il centro che li ospita, in occasione delle festività natalizie, è stato oggetto di visita da parte del sindaco di Palermo che ha auspicato che il sesto piano della grande struttura, a tutt’oggi inutilizzato, possa essere aperto e attrezzato proprio per gestire questo limbo creato dalla legislazione vigente. Ma alle parole, non è seguito nessun fatto. Anche Andrea Iacomini, portavoce di Unicef che aveva incontrato i ragazzi più volte, era entusiasta di loro. Negli ultimi mesi ai Booku Ndal sono state fatte tante promesse. “Vi faccio conoscere in tutto il mondo, vi faccio fare tour con artisti internazionali, ci hanno detto più volte – racconta Ismaila Kouyate – ma ora siamo qua e non sappiamo dove dobbiamo andare. Prima eravamo tutti minorenni, oggi possiamo firmare un contratto. Abbiamo un CD con cinque brani pronti. Intanto stiamo studiando e lavorando. Ma oggi ci dicono che dobbiamo andarcene non solo da qua, ma da Palermo. E dopo di noi, cosa succederà agli altri che compiono diciotto anni quando non ci sarà posto negli SPRAR? Chiameranno la Polizia per buttarli fuori?”. La delusione dei ragazzi è grande e anche quella degli operatori che si sentono impotenti di fronte al problema. “Così rimaniamo senza niente – dice Sakho Yankhoba – ancora una volta. Questo anno e dieci mesi per noi diventa all’improvviso zero.” Ismaila Kouyate riprende la parola: “Io sto andando a scuola, una scuola industriale, ma se oggi mi mettono fuori come posso continuare a studiare?”. In questo momento, si stima che a Palermo ci siano oltre 500 minori non accompagnati accolti dalle strutture preposte. Ognuno di loro, nel giro di qualche anno, diventerà maggiorenne. La preoccupazione dei Booku Ndal oltre a quella di non poter continuare a fare la loro musica, è quella del destino di tutti quelli come loro che stanno affrontando il processo d’integrazione e trovano davanti a sé l’impossibilità di andare avanti e il rischio “di rimanere senza niente ancora una volta”.

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