2020, vergogna nell’anno del Covid-19. Condannati a morte certa, interviene solo una Ong

La Aita Mari ha raggiunto una delle imbarcazioni in pericolo ma Malta non l'ha autorizzata a soccorrere le persone a bordo. La nave Ong è l'unica che si è mossa per tentare di salvare queste vite umane alla deriva ed in grave pericolo. Frontex aveva confermato presenza e coordinate indicate da Alarm Phone ma nessun Paese, pur competente per area SAR ed obbligato al soccorso aveva inviato una nave o motovedetta

Aita Mari

di Mauro Seminara

Il dibattito quotidiano riguarda la carenza di personale e reagenti per i tamponi ed i nostri nonni condannati a morire nelle RSA nazionali. Si possono salvare se si fa di più, e su questo aspetto tutti sembrano d’accordo. Stesso modello di pensiero non viene però applicato al mare, dove barche cariche di persone rischiano di naufragare e forse lo hanno già fatto. Qui non mancano i reagenti da laboratorio ed il personale è abbondante nelle disponibilità dei governi, ma nessuna barca o motovedetta ha lasciato il proprio porto per andare a salvare centinaia di persone. La situazione è drammatica, una barca – secondo la Ong tedesca Sea Watch – sarebbe già naufragata senza superstiti, altre tre sono o erano in balìa del mare che intanto si ingrossava fino al moto ondoso odierno e soltanto due su tre avevano dato ancora segni di vita. Da Siracusa, malgrado le disposizioni governative, la negativa predisposizione europea ed i rischi cui va incontro, la nave Ong Aita Mari, bandiera spagnola, ieri ha lasciato il porto per andare a cercare queste persone sperando di fare in tempo per salvarle. La nave non era però in assetto operativo e non ha a bordo il team rescue, cioè i soccorritori. Qualcuno però doveva andare a salvare quelle persone e sono partiti loro.

Nessuno li ha soccorsi, seppur a conoscenza di presenza e coordinate geografiche. La posizione era nota alle autorità di Italia, Malta e Libia. Posizione confermata da Frontex che, come si evince dalle racce di volo elaborate dal giornalista di Radio radicale Sergio Scandura e postate anche dalla centrale di allarme civile Alarm Phone, ha effettuato molti giri di ricognizione intorno alle tre imbarcazioni indicate da chi aveva gestito le richieste di aiuto ed anche intorno alla quarta barca. Di quest’ultima non si sa più nulla oltre quello che ieri ha denunciato Sea Watch. Si sarebbe capovolta e sarebbero morti tutti. Un numero imprecisato e privo di concreti riscontri. Nessuna immagine del gommone capovolto, nessun dettaglio sul numero di persone che si trovavano a bordo prima della presunta tragedia. Delle altre tre barche invece si sa che due su tre stavano alle porte di Malta ma che – come annunciato dal Governo di La Valletta – per l’isola-Stato è forse preferibile il naufragio che il soccorso con la successiva accoglienza. Filosofia che sembra pienamente condivisa dall’Italia, le cui motovedette d’altura e le cui navi da ricerca e soccorso (come la Diciotti) sono rimaste ferme e ben ancorate alle rispettive bitte.

La Aita Mari è stata l’unica nave che si è mossa per il principio del salvataggio delle vite umane sopra ogni altra priorità. Una imbarcazione l’ha anche trovata, questa mattina, in SAR maltese ma Malta non autorizza il soccorso. Per quanto assurdo da credere, nel 2020, la centrale di coordinamento cui obbligatoriamente la Aita mari deve rivolgersi per competenza area SAR, ha autorizzato soltanto la distribuzione di giubbotti di salvataggio, acqua e cibo. Non è stato dato il nullaosta al trasbordo in sicurezza sulla nave della Ong. A bordo della nave sono comunque state prese sei persone, che la Ong ha definito non coscienti, ed una donna in gravidanza. Per queste persone, le uniche prese a bordo senza autorizzazione MRCC di Malta per il trasbordo di tutti, la Aita Mari ha chiesto immediata evacuazione per urgenza medica. Probabilmente un naufragio risolverebbe il problema del soccorso al tempo del Covid-19, la malattia che sembra colpire la civilizzazione europea più che le vie respiratorie e che comunque sta fornendo un miserabile alibi ai governi di tutta l’Unione europea per lasciar morire in mare esseri umani con anche – aggravante rispetto al valore della vita umana – probabile diritto alla protezione umanitaria. Nessun piano di emergenza per la questione dei migranti era stato predisposto alla dichiarazione dello stato di emergenza che l’Italia aveva assunto il 31 gennaio. Come nessun piano era stato approntato per i senza fissa dimora, i clochard e perfino per gli anziani nelle RSA.

Anche per i 150 naufraghi soccorsi dalla Alan Kurdi si è dovuto assistere ad una improponibile farsa durata otto giorni con tanto di decreto interministeriale di mezzo, seguito poi anche da Malta con analogo dispositivo discriminatorio, prima di un dibattito su possibile soluzione. Adesso però assistiamo a quella che sembrerebbe essere una volontà lucida e programmata di lasciare annegare persone in mare – centinaia di persone – con decisioni politiche che sembrano andare oltre l’omissione di soccorso. Questo accade mentre la pandemia di SARS-CoV-2 rivela la recrudescenza del razzismo e dell’egoismo della società cui tristemente apparteniamo. Una società che denuncia carenze per la salvezza delle persone a rischio Covid-19 su base selettiva, che pretende tutto per salvare se stessi a discapito degli altri. Una società che si sta comportando esattamente come quell’Unione europea che tanto critica per la discrezionalità con cui tenta di affrontare la crisi economica senza turbare i privilegi di cui stanno godendo alcuni suoi Stati membri. La Germania non vuole che l’Italia si salvi, pensano in molti, Gli stessi “molti” che pensano che l’Italia stia abbandonando alcuni italiani – come gli anziani nelle RSA – e che poi assistono inermi o gongolanti all’abbandono di altri, in mare o sotto il mare. Nel 2020, di fronte a tutto questo, c’è forse una sola parola: vergogna!

Alarm Phone ha avuto conferma, da bordo, che la barca con 47 persone a bordo è stata raggiunta dalla Aita Mari. Ha però perso i contatti con le altre tre imbarcazioni in pericolo. Sarebbero quindi scomparse 55 persone il cui ultimo contatto Alarm Phone risale alle 14:35 di ieri, 71 persone il cui contatto è stato perso alle 11:04 di ieri e 85 persone il cui contatto è stato perso alle 10:04. Una di queste barche è quella che Frontex avrebbe visto capovolta e senza naufraghi ancora in vita intorno. Si presume possa essere proprio quella con 85 persone.

Di seguito l’audio della telefonata in cui una donna dice ad Alarm Phone che ci sono persone prive di sensi a bordo e che la figlia, di soli 7 anni, ha bisogno urgente di aiuto.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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