Anni di ipocrisia rivelati in 108 giorni

Tornati a casa i 18 pescatori della marineria di Mazara del Vallo dopo 108 giorni di reclusione a Bengasi emerge tutta l'ipocrisia della "Libia luogo sicuro di sbarco" tra missione navale italiana "Mare Sicuro" assente e trattamenti degradanti durante la detenzione arbitraria post sequestro in Cirenaica

Il momento dell'arrivo a Mazara del Vallo dei pescatori, il 20 dicembre 2020, sequestrati dai libici della Cirenaica il primo settembre

di Mauro Seminara

La Libia, per comodità politica è considerata un unico Stato con qualche scaramuccia al suo interno. Questa è indubbiamente la prima grave menzogna, così rilanciata e reti unificate, che pare dover nascondere o ridimensionare le gravissime violazioni dei diritti umani cui partecipa attivamente l’Italia. La Libia è un insieme di fazioni considerate parti di un unico Stato per mero opportunismo. I 18 pescatori di Mazara del Vallo erano stati catturati e tenuti prigionieri dalla Cirenaica. Non dalla regione nordest della Libia ma dall’autoproclamato Stato con proprio governo – a Tobruk – e proprio leader: il generale Khalifa Haftar. La Cirenaica, la cui capitale è Bengasi anche se a Tobruk è stato “ambientato” il presunto potere politico, domina la costa est della Libia da Misurata fino al confine con l’Egitto. Quando in Italia si parla di “guardia costiera libica” si omette quindi che questa sedicente forza marittima civile è armata – eccezione per una vera Guardia Costiera che si rispetti – ed è soltanto della Tripolitania, la regione nordovest in cui si trova la capitale riconosciuta dalle Nazioni Unite ma non da gran parte della Libia.

Bengasi è il luogo in cui sono stati segregati i pescatori di Mazara del Vallo sequestrati mentre si trovavano in acque internazionali a bordo dei pescherecci “Antartide” e “Medinea”. Altra menzogna riguarda il trattamento che è stato riservato loro dai carcerieri. Forse per i libici non picchiarli significa trattare bene dei prigionieri, ma per buona parte del mondo non è così. Psicologicamente, e non solo, pare che i 18 uomini – non tutti di nazionalità italiana – abbiano subito torture. Trascorrere giornate intere al buio ed ascoltare le urla di altri prigionieri torturati o percossi – come si apprende dalle prime dichiarazioni rese da alcune delle vittime a varie testate giornalistiche – non è sicuramente il trattamento che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio lasciava intendere. La storia del sequestro dei pescatori, rilasciati dopo 108 giorni e solo con un prezzo altissimo pagato dall’Italia di cui si conosce soltanto una parte, cioè che a Bengasi si sono recati capo del Governo e ministro degli Esteri italiani dopo 108 giorni di trattative dell’AISE, i servizi segreti italiani per gli affari esteri. Già solo la presenza del premier Conte con il ministro Di Maio al cospetto di un governo non ufficiale per la scarcerazione di persone indebitamente trattenute è un prezzo altissimo che si ripercuoterà inevitabilmente sui rapporti politici internazionali e sul peso sempre più ridimensionato dell’Italia nel Mediterraneo.

La prigionia dei pescatori rileva inoltre la totale infondatezza della gigantesca bugia con cui si vuol vendere alle coscienze europee ciò che l’Italia, con la benedizione europea, continua a fare in Libia finanziando ed assistendo i famosi respingimenti per procura affidati ufficialmente ai libici. I due pescherecci italiani hanno lasciato Bengasi sotto scorta della Marina Militare italiana. L’ammiraglio De Giorgi, già capo di Stato maggiore della Marina Militare, in servizio al tempo dell’operazione Mare Nostrum, in un recente intervento pubblico ha parlato del dovere di schierare le navi militari a difesa dei pescatori, rilevando al contempo e già da settimane – anche nel corso di un noto programma televisivo – che la missione “Mare sicuro” è ridotta ad un depotenziamento tale da rendere quello a nord della Libia un mare insicuro. Di fatto, quando il primo di settembre sono stati fermati e condotti a terra i due pescherecci italiani con i 18 membri di equipaggio, nessuna nave della Marina Militare era in area e nessun intervento ha impedito il sequestro con successivi 108 interminabili giorni di segregazione.

La propaganda di chi poco conosce la lingua italiana però continua a tacciare di “buonismo” chiunque si schieri a difesa del diritto internazionale in riferimento ai migranti respinti in Libia dalle motovedette donate dall’Italia, riparate dall’Italia, assistite dall’Italia ed infine indirizzate sugli obiettivi – probabili richiedenti asilo, profughi – dai velivoli della cosiddetta “agenzia europea” Frontex. Un Paese è luogo sicuro oppure non lo è. Non può essere luogo sicuro di sbarco quando si tratta di respingere esseri umani senza passaporto o permesso di soggiorno italiano per poi non esserlo quando c’é da tirar fuori dei prigionieri con passaporto o permesso di soggiorno italiani. Ci si deve quindi chiedere se non fosse stato per gli 8 pescatori italiani come sarebbero stati abbandonati i 6 tunisini, 2 senegalesi e 2 indonesiani che lavorano a bordo dei pescherecci Antartide e Medinea. In fondo, non sono italiani. Quindi li si poteva anche abbandonare a torture sine die.

Abbracci dei pescatori con i propri cari al rientro a Mazara del Vallo il 20 dicembre 2020

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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