La genetica sta rivoluzionando la cura dei tumori

di Maurizio Maria Fossati

di Maurizio Maria Fossati

giornalista UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica d’Informazione), scrittore, divulgatore scientifico

Probabilmente non ci sarà mai un mondo senza cancro, ma questa malattia che molti, un tempo, avevano perfino paura di chiamare per nome, oggi non deve più essere considerata inguaribile. Grazie alle recenti scoperte della scienza e ai nuovi farmaci, oggi, da alcuni tipi di tumore si riesce a guarire. In altri casi si sopravvive, “bloccando” farmacologicamente il male e mantenendo una buona qualità di vita.

Non tutti i tumori, purtroppo, possono essere curati con successo, ma i progressi della ricerca hanno moltiplicato le armi a disposizione dei medici con risultati sempre migliori.

Lo dimostrano i 3 milioni e mezzo di italiani che hanno avuto diagnosi di cancro, e sono vivi a 5 anni dall’esordio della malattia. Un panorama, quindi, che fa ben sperare nella possibilità di disporre di strumenti di cura sempre più efficaci.

Ma vediamo di fare una semplice e chiara panoramica delle armi in mano ai medici per combattere la quotidiana guerra contro il cancro. Ci guida nella sintesi Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano.

Oggi possiamo affrontare la cura di un tumore utilizzando terapie diverse in modo combinato o sequenziale, cioè applicandole parallelamente oppure una dopo l’altra – spiega il professore -. Queste diverse terapie vengono scelte accuratamente dall’equipe medica curante in funzione del tipo di tumore da affrontare, della sua morfologia e posizione nel corpo, ma anche in funzione delle diverse fasi della malattia.

Abbiamo parlato di equipe medica perché oggi, nei centri specializzati, il cancro viene analizzato e curato da gruppi multidisciplinari di specialisti. C’è il chirurgo, l’oncologo, il radiologo, l’anestesista, il biologo-genetista, il bioingegnere e così via. Tutte persone che offrono le loro competenze in sinergia, con l’unico scopo di individuare il migliore percorso di cura.

L’approccio più tradizionale è quello chirurgico che ci permette di asportare le cellule malate. Un’altra arma molto potente è la radioterapia, che, gestita con sofisticatissimi macchinari computerizzati può uccidere le cellule tumorali con l’energia delle radiazioni. Se poi consideriamo la farmacologia, ai classici chemioterapici, oggi si sono affiancati i nuovi “farmaci target”, cioè a bersaglio molecolare, in grado di colpire e distruggere selettivamente le cellule malate. Siamo nel cosiddetto mondo della “medicina di precisione”.

Un’altra frontiera, la più recente, è quella dei nuovi farmaci immunoterapici, che “armano” e potenziano il sistema immunitario per individuare e distruggere le cellule tumorali. E poi ci sono anche i farmaci anti-ormonali, perché molti tumori sono suscettibili all’azione degli ormoni. E, per prevenire una piccola categoria di tumori (come il carcinoma dell’utero da papilloma virus) si possono usare i vaccini.

Ma concentriamoci sui nuovi farmaci immunoterapici. E qui nasce spontanea una riflessione: le scoperte scientifiche degli ultimi anni hanno anche cambiato parzialmente la strategia della lotta al cancro. Spieghiamoci meglio. Un tempo, la maggior parte degli sforzi era concentrata nell’asportare chirurgicamente il tumore o nell’uccidere le cellule tumorali con la chemioterapia e la radioterapia. Poi, la medicina personalizzata ha aggiunto maggiore precisione, ma senza cambiare sostanzialmente la strategia. Il cambio di strategia è arrivato negli ultimi anni, dagli studi genetici eseguiti sul micro-ambiente del tumore che hanno sviluppato l’intuizione di manipolare geneticamente i linfociti T del sistema immunitario per renderli più “precisi e aggressivi” allo scopo di debellare o contenere le cellule tumorali.

In pratica i ricercatori sono riusciti a potenziare il sistema immunitario in modo tale che possa riconoscere e aggredire con efficacia le cellule cancerose. I linfociti T sono quei microscopici “soldatini” che ci difendono dalle aggressioni patogene. L’idea di “armarli” geneticamente per individuare e combattere le cellule tumorali è stata geniale.

Gli oncologi chiamano “CAR-T”  il metodo di cura e le cellule del sistema immunitario (linfociti T) geneticamente modificate, cioè “armate” per individuare e distruggere le cellule tumorali.

Le applicazioni sono cominciate con il melanoma per poi essere estese ad altri tipi di tumore. Oggi vengono trattati con i farmaci immunoterapici la leucemia linfoblastica acuta, i tumori della testa e del collo, quelli delle vie urinarie, alcuni cancri del polmone. Le evidenze dimostrano che questi farmaci sono in grado di cambiare la storia naturale della malattia. Un grande successo dell’ingegno umano sul fronte della farmaco-genetica.

Ma la valutazione del profilo genetico e molecolare del tumore ha anche cambiato l’approccio nella ricerca dei farmaci per curare i tumori. Mentre prima si parlava di tumore ‘del‘ polmone, ‘del‘ fegato, ‘della‘ mammella, e le scelte per orientare gli studi e la scoperta di terapie dipendevano fondamentalmente dall’organo colpito e dalla sua grandezza ed estensione nel corpo, oggi la ricerca del farmaco viene condotta  considerando il tipo di mutazione genetica o molecolare associata al tumore. Abbiamo, infatti, scoperto che non tutti i tumori che colpiscono lo stesso organo sono uguali. Inoltre, tumori in organi diversi possono condividere gli stessi target molecolari. In definitiva oggi, grazie alla genetica, siamo ben consapevoli che un organo può essere colpito da tumori diversi dal punto di vista della mutazione genetico-molecolare e che un certo tipo di alterazione genetica può essere presente in organi diversi. Farmaci diversi quindi per i differenti tumori, ma talvolta lo stesso farmaco per tumori diversi che condividono lo stesso profilo molecolare.

Una medicina “personalizzata” quindi, che promette risultati sempre migliori in una guerra alla malattia che non conosce confini.

Informazioni su Maurizio Maria Fossati 11 Articoli
Milanese, giornalista professionista, divulgatore scientifico e scrittore. Dopo l’università (ingegneria), spinto dalla passione per il mare e l'immersione subacquea, entra nella redazione di «Vela e Motore» per poi passare alla Mursia. Nell’85 è a «Le Scienze», edizione italiana di «Scientific American». Nel '91 passa a “Il Giorno” dove è responsabile delle pagine e degli inserti di Scienza e Salute e dove è a capo della redazione “Il Giorno-Metropoli”. Oggi si occupa di Salute sulle pagine di QN (Quotidiano Nazionale) e modera convegni medici. E' docente in corsi di formazione continua per giornalisti dell’Ordine Nazionale Giornalisti. Già vicepresidente di UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica d'Informazione), di cui oggi è probo-viro, è anche giornalista UGIS (Unione Giornalisti Scientifici Italiani). Coautore del libro di medicina narrativa “Parole che curano. L’empatia come buona medicina. Storie di malati, familiari e curanti”, Publiediting, del volume “Comunicare la Salute”, testo UNAMSI per corsi universitari di comunicazione giornalistica per medici e ricercatori. Autore di “Immersione subacquea, in apnea e con le bombole”, De Vecchi, e coautore di “Dieci x dieci, le cento meraviglie del mare”, edito da Touring Club Italiano-Gist. Per Morellini ha pubblicato nel 2019 “Perché? Oltre 100 quiz per svelare le curiosità della scienza”, e nel 2020 “Perché? Ambiente. Oltre 100 quiz per salvare il Pianeta”.

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