La svolta russa

di Mauro Seminara

di Mauro Seminara

Il mondo occidentale ha accolto l’annuncio di rivoluzione democratica del Cremlino come una dichiarazione di guerra. Le analisi, tutte tendenzialmente dietrologiche, complottiste, pare abbiano preso in considerazione soltanto risvolti nefasti. La più comune spiazzata ipotesi, che scarta a priori l’idea di un possibile vero pensionamento di quello che piace definire “il nuovo Zar di Russia”, è che Vladimir Putin stia preparando il suo nuovo ponte di comando intorno alla poltrona da primo ministro avendo esaurito il limite di mandati consecutivi da presidente. Nel più dei casi, stiamo parlando di quanti hanno sempre tacciato le plebiscitarie rielezioni di Putin come prova della dittatura imposta dall’ex agente del KGB sui poveri russi sottomessi da un tiranno. Il fatto che i media europei, in particolar modo quelli italiani, siano inondati di notizie, gossip e fake news relative agli Stati Uniti mentre sulla Russia si sa sempre troppo poco e quel poco che arriva è spesso una fake news, impedisce all’opinione pubblica europea ed italiana di formarsi una idea non condizionata. Orientamento, quello dei media occidentali, a base di fake news volto a dipingere lo Stato di Mosca come un mostro; mentre quelle sull’alleato atlantico dipingono lo Stato di Washington come un modello di democrazia da imitare e, soprattutto, da “esportare”.

Di “esportazione” della democrazia, cioè della pretesa di imporre un preconfezionato sistema di presunta democrazia calata dall’alto in una sola iniezione priva di requisiti di non rigetto, aveva parlato Putin davanti la videocamera di Oliver Stone nel documentario-intervista del cineasta americano. Alla domanda di Stone sulla democrazia russa, Putin aveva risposto che questo era un percorso avviato da Mosca e che ci vuole tempo perché un così radicale cambiamento avvenga, appunto, senza rigetto. Non si vuol incensare il leader russo, ma proporre una visione alternativa a quella stereotipata dai media sulla Russia e sul suo temuto salvatore. Si vuol quindi far notare soltanto che se un simile annuncio fosse arrivato da un Paese dell’Unione europea, vicino all’Ue, della Nato oppure in generale sotto l’egida degli Stati Uniti, sarebbe stato accolto con giubilo perché esempio della positiva influenza della democrazia occidentale. La diffidenza nei confronti della svolta russa appare quindi ridicola a fronte del tepore con cui vengono commentate quotidianamente le improvvide uscite di Donald Trump. Invito per questa ragione i lettori a pensare come il mondo occidentale avrebbe commentato l’assassinio del comandante iraniano Soleimani su suolo iracheno o prima di questo come avrebbe accolto il lancio di decine di missili sulla Siria autorizzato sulla base di notizie non verificate che circolavano su YouTube (leggasi “fake news” dei cosiddetti “caschi bianchi”). Apriti cielo! Il mondo si sarebbe sentito in dovere di schiacciare la testa al mostro che turbava la pace nel mondo! Ma…tranquilli, erano solo gli americani.

Putin è a capo di una rinata superpotenza che si difende come altre mediante la ricostituzione dell’arsenale, lo spionaggio e lo spionaggio informatico. E come una superpotenza, usa questi strumenti, ad eccezione dell’arsenale militare, per “pilotare” la politica estera e prevenire le mosse avversarie. Altre superpotenze usano gli stessi mezzi in modo estremamente più invasivo. Non sarà un caso se si continua a leggere di ingerenze sul web da parte della Russia nelle campagne elettorali di altri Paesi e poi le uniche vere prove di tali ingerenze arrivano proprio sull’uso meschino che di tali strumenti fanno negli Stati Uniti. Putin non è Mahatma Gandhi. Ma non è neanche vero che le uscite pubbliche del “nuovo Zar di Russia”, sulla scena internazionale, siano state improntate sempre ed unicamente a temi di natura bellica. A meno che non si vogliano volontariamente omettere i più importanti discorsi al mondo fatti da Putin per prendere ad esempio soltanto quelli in cui il presidente russo rispondeva alle provocazioni americane sulla reale forza militare e tecnologica di cui Mosca dispone. E per inciso, se Putin non avesse avuto il sangue freddo come la Siberia, la terza guerra mondiale sarebbe esplosa già da un pezzo con tutte le follie che gli Stati Uniti hanno messo in atto in giro per il mondo e specificamente intorno ai confini della Russia e dei Paesi da essa protetti. Esempi fulgidi sono la pilotata rivolta in Ucraina con le tensioni di scala globale per la Crimea, il ricorrente attacco all’Iran e le ingerenze sovversive in Medio Oriente come la guerra in Iraq basata su prove false, le minacce alla Corea del Nord quando Washington credeva che il giovane erede leader fosse uno stupido bamboccione, la Siria attaccata da terroristi al soldo della CIA per giustificare una invasione, ma anche il tentativo di usare la Turchia contro la Russia sul fronte mediorientale e quello di rovesciare il governo del Venezuela. Il percorso della Russia è stato lungo e difficile, partito dalle spoglie dell’Unione Sovietica che piangeva milioni di morti contati nel corso della seconda guerra mondiale, mentre gli Stati Uniti stavano affacciati alla finestra a guardare, senza muovere un dito, le stragi commesse dalla follia di Hitler in tutta Europa e poi in Russia, dove milioni di cittadini russi sono morti a causa del delirio di un ometto folle cui una intera nazione aveva deciso di dare credito fino alla distruzione. Si leccava le ferite la Russia, avvolta in una povertà che era prossima a quella del terzo mondo.

Adesso sentiamo che il “dittatore Putin”, prima di ritirarsi a vita privata, vuole concludere il percorso avviato quando Boris Eltsin – depresso ed ormai alcolista – gli ha ceduto il comando. Nel corso del compito affitao al giovane sconosciuto agente dei servizi segreti, Vladimir Putin ha condotto i russi lontano dalla povertà, aumentando i loro salari ed il loro potere d’acquisto di oltre venti volte – fantascienza in UE e in USA ma anche nei Paesi da questi controllati – e garantendosi nel modo più trasparente che possa esistere la continua plebiscitaria rielezione. D’altro canto, chi non darebbe fiducia alle elezioni a colui che dalle macerie ha fatto risorgere la fenice? Uscendo di scena Putin però, la Russia potrebbe cadere nelle mani sbagliate, e con un simile arsenale – e molto lavoro ancora da fare per navigarla fuori dalla corruzione e da cliché da vecchia Unione Sovietica – sarebbe un pericolo per il mondo intero un presidente sbagliato al Cremlino. Questo, in poche parole, il passo rivoluzionario che Putin pare voglia lasciare in eredità alla Russia che in tal modo potrebbe divenire nel giro di un paio di decenni una vera democrazia, mentre altri spocchiosi Paesi regrediscono dalla democrazia all’uomo forte, solo al comando e con pieni poteri e deliranti idee. Sarebbe un ulteriore interessante spunto di riflessione, sul quale non mi dilungherò troppo ma mi limiterò a passare in breve rassegna invitandovi a cercare ed approfondire tali temi, un paragone tra le proposte di politica interna ed estera delle due acerrime superpotenze rivali. Da una parte c’è la Casa Bianca che si riscrive le regole sugli armamenti nucleari, aumentando il numero di missili atomici. Dall’altra c’è un Cremlino che invita a rallentare sulla folle corsa agli armamenti per aumentare gli investimenti su fonti energetiche pulite e rinnovabili invece che in armi. Da una parte c’è Washington che aumenta la spesa militare ed impone a tutti gli alleati il raggiungimento della spesa per la Nato – che non esiste più – pari al 2% del Prodotto Interno Lordo. Dall’altra parte c’è Mosca che aumenta i servizi ed i redditi della popolazione russa mentre cerca di mantenere il Paese difendibile da chi spende in armamenti miliardi di dollari l’anno. In ultimo, da una parte c’è chi attacca un Paese straniero oggi ed uno domani e dall’altra c’è chi fino ad oggi – nella sua storia recente – è riuscito a non attaccare nessuno difendendo tutti ed evitando escalation volute e ricercate come in Siria ed in Corea del Nord.

L’idea che la Russia evolva la propria costituzione per l’instaurazione di un modello di Stato democratico pare proprio che faccia molta paura. Forse perché in questa corsa al sovranismo, con ritorno evidente all’imperialismo, al colonialismo, quello russo è un pessimo esempio agli occhi di chi ha bisogno di un nemico forte e cattivo che legittimi con la sua stessa esistenza le guerre e gli stermini fatti da altri in nome di una pace che non esiste. Chissà che non sia proprio questo lo scopo del “pericoloso attacco” di Putin al mondo, fatto invece che con missili nucleari con l’annuncio di una radicale riforma costituzionale prima del ritiro in una dacia degna di un ex presidente della Russia che ha salvato il suo popolo.

Nota a margine:

L’Unione Sovietica non esiste più, al suo posto c’è la Russia che si estende fino ai confini nazionali del Paese da quando è decaduto il Patto di Varsavia. Mentre il Patto Atlantico esiste ancora e continua ad annettere Stati membri.

Nel corso della seconda guerra mondiale l’Unione Sovietica perse 26 milioni di vite tra militari e civili che spesso vengono dimenticate dal mondo. Si tende a ricordare solo le vittime ebree dei campi di sterminio nazisti, che vennero liberate in massima parte dai soldati russi.

Il nazismo di Adolf Hitler venne sconfitto dalla ex Unione Sovietica che, dopo aver accusato il colpo di un attacco imprevisto ad opera dei nazisti, avanzò fino ad espugnare Berlino causando infine il suicidio del folle cancelliere tedesco ormai spacciato.

Il primo passo per il disarmo nucleare lo fece la Russia (non più Unione Sovietica) di Mikhail Gorbaciov, ma da allora non sono state rimosse neanche le testate americane dislocate sul suolo italiano e recentemente gli Stati Uniti di Donald Trump hanno aumentato il numero di missili a lunga gittata armati di testata nucleare asserendo che riducendo il potenziale atomico dei missili si può aumentare il numero di armi dotate di armamento nucleare.

È bene ricordarlo, in quest’epoca in cui il cinema riscrive la storia ed i novelli aspiranti dittatori abusano dell’ignoranza popolare. Perché il nazismo ed il fascismo hanno causato decine di milioni di morti, anche in Russia.

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Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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