Il negazionismo

di Mauro Seminara

di Mauro Seminara

Un mese è già trascorso e la luna di miele sembra già destinata a cedere il passo ad un prossimo divorzio. Come già scritto in precedenti articoli, era tutto bello finché durava. Il ministro dell’Interno arringava ed esaltava le folle e queste sostenevano il Governo che a sua volta mostrava i denti in sede europea rendendo orgogliosa parte degli italiani. Il punto debole di questa vicenda consisteva nella scommessa del Governo, unica e parecchio azzardosa. La linea dura contro migranti e soccorritori doveva produrre risultati a Bruxelles prima che ne producesse nel Mediterraneo centrale. Così, purtroppo, non è stato. Dal vertice Ue del 28 e 29 giugno il Governo Conte non ha portato a casa risultati incoraggianti. La Dublino, nero su bianco, rimarrà “impregiudicata”. Inoltre sono stati proposti interventi senza l’approvazione di chi li dovrà autorizzare e sostenere: i Paesi africani. La leadership dei 28 però ha portato a casa i risultati sperati sul rafforzamento del comparto militare targato Ue. Tutto a vantaggio della Francia che si prepara a sottrarre la leadership italiana nei rapporti con la Libia, in vero già persa nel 2011 e mai più riconquistata. Adesso, a sentenziare il fallimento della precaria sfida lanciata dal ministro Salvini in Europa e condotta in nord Africa, arrivano i presumibili eventi drammatici al largo della Libia. Due naufragi in pochi giorni. Morti, dispersi, bambini annegati. L’immagine dell’inadeguatezza del ministro italiano e di tutto il cucuzzaro dei 28, capaci solo di pensare ed agire con approccio securitario, forti dell’assenza di una informazione che dovrebbe risultare per l’opinione pubblica oltre la banalità di pubblico dominio: i migranti arrivano con i barconi perché anche i Paesi che si dicono “accoglienti” negano loro i visti.

I Paesi evoluti, industrializzati, “civili”, hanno bisogno di migranti per rendere competitivi i propri prodotti. Non di migranti in generale, ma di clandestini. Insomma, di schiavi del ventunesimo secolo. Per questa ragione, alla fin fine, tutti si lamentano ma nessuno investe su flussi migratori regolari. Perché poi i pomodori e le olive chi li raccoglie? E le fabbriche come le piccole imprese del nord Italia, chi le manda avanti? I giovani italiani a cui pagare uno stipendio equo con un costo del lavoro asfissiante? Certo che no. Meglio gli italiani disoccupati e gli schiavi sottopagati in nero. Su questo tavolo si discute di flussi migratori, di controllo delle frontiere e di blocco delle partenze. Su questo tavolo si gioca la partita contro le Ong. Le ultime sono fuori gioco. La Aquarius per uno scalo tecnico nel vicinissimo porto francese di Marsiglia, la Open Arms in navigazione verso l’altrettanto porto spagnolo di Barcellona, Lifeline e Sea Watch 3 fermate a Malta con ordine delle autorità maltesi. E quello che tutti si aspettavano dovesse prima o poi accadere si è prontamente verificato. Già a fronte dei numeri da medaglia al valore per chi si assume il merito di aver ridotto gli arrivi dell’80%, i mille morti in mare tra gennaio e giugno erano una enormità. Adesso la cifra si implementa di un buon 20% e della scena più truce ci sono anche le foto: tre corpicini passati di mano in mano da militari libici. La reazione è logica e tutti quelli che osteggiavano certe politiche, ciniche, violente, adesso si trovano a dover “facilmente” sbattere in faccia al signor Matteo Salvini la responsabilità delle ultime vittime con particolare riguardo ai tre neonati. La più assurda, impensabile delle reazioni si diffonde però subito in rete come un virus: il negazionismo. Non c’è stato neanche bisogno che le premiate ditte “Troll di partito & Co.” lanciassero i propri input. Quegli italiani che hanno applaudito ogni scorreggia di Salvini, inveendo contro i migranti ed attribuendogli responsabilità che frutto era solo ed unicamente di un lato oscuro razzista slatentizzato, adesso si sono ritrovati addosso la responsabilità di quei corpicini e provano a disconoscerla definendo la foto del dolore un fotomontaggio. Il branco italico è adesso smarrito.

Una foto “fotoscioppata” dicono anche quelli che Photoshop non sanno neanche cosa è. Addirittura gira sui social un fotomontaggio in cui i due militari libici con il corpicino della piccola vittima si trovano in una sala di posa di dimensioni hollywoodiane. Questo palese fotomontaggio, nato sul computer di chissà chi, dovrebbe “dimostrare” che la foto originale sia falsa e frutto unicamente di abile fotoritocco. Delirio. Follia. Idiozia di massa resa tale dai social e dagli apparati condizionanti della comunicazione non ufficiale di certe correnti. Sono morti dei bambini perché la sedicente Guardia Costiera libica non è in grado di usare il nome scritto su motovedette e divise della Guardia Costiera italiana. Sono morti dei bambini perché la Libia una Guardia Costiera non ce l’ha. Sono morti dei bambini perché la Libia non ha neanche una vera area SAR ufficiale nel Mediterraneo centrale ed anche quando non è in grado di coprirla. Sono morti dei bambini perché in fondo non esiste neanche una Libia, ma solo regioni e fazioni che continuano a farsi la guerra mentre milizie e bande trafficano in esseri umani, armi e petrolio. Sono morti, anche questi ultimi tre bambini della fatidica foto, perché il problema dei migranti che si vuol risolvere non può vedere quale prima azione l’affondamento della flotta di soccorritori e poi – forse – qualche intervento in terra nei Paesi di origine. Di fronte a questa responsabilità è venuto fuori il negazionismo italiano, rimarcato, senza pudore, dai Paesi dell’Ue che avrebbe ragioni ben più gravi dell’Italia per vergognarsi. Il negazionismo si manifesta talvolta di fronte ad un evento storico, come nel caso dell’olocausto. Ma il negazionismo è la confutazione di fatti storici e delle prove rimaste a distanza di svariati anni dai crimini commessi contro l’umanità. In Italia, in questo momento, è in atto una manifestazione di negazione a fronte di eventi appena accaduti.

Negare l’accaduto, che non è il primo e non sarà l’ultimo di quest’anno, è la reazione immediata e debole di chi rifugge le proprie responsabilità. Tanto che il primo pensiero è quello del fotomontaggio, accreditata tesi in virtù del flash mob di una Ong con equipaggio in costume da bagno, in mare, a simulare un naufragio. Ciò che invece non si ipotizza, in questo frettoloso mettere la coscienza al riparo da traumi, in questa anticamera della rimozione, è che per l’ennesima volta la Libia si trova a poter battere cassa con la scusa dei migranti; e che in questo momento, nella regione tripolitana della Libia, ha più influenza la Francia che l’Italia. I libici un gommone lo possono soccorrere o affondare, con tutti i passeggeri a bordo. Lo possono fare per ricattare moralmente altri Paesi. Lo possono fare perché non ci sono rompipalle tra i piedi, come le Ong che documentavano tutte le maldestre manovre dei libici con i loro bei pattugliatori – ex Guardi di Finanza italiana – cui non si sono degnati neanche di far vestire l’obbligatoria livrea bianca della Guardia Costiera, come nel resto del mondo. In questo momento il Governo Conte, con il suo centravanti di sfondamento Salvini, si troverebbe tecnicamente ad un passo dal baratro. Ma c’è un problema: non c’è una opposizione credibile che possa parlare adesso, a fatti compiuti.

Dalla parte opposta degli emicicli parlamentari ci sono infatti quelli che hanno dichiarato guerra alle Ong, quelli su cui pesa ancora il dubbio delle inchieste straniere su trafficanti pagati per non far partire i migranti, quelli che hanno tentato di chiudere i porti alle Ong e che non lo hanno fatto grazie al ministro dei Trasporti – Graziano Delrio – che non si è fatto dire come l’attuale Danilo Toninelli dal collega del Viminale che la chiusura dei porti la decide il ministro dell’Interno. Da quella parte, inoltre, c’è una opposizione che ha smarrito anni addietro la propria identità, la propria ideologia, e che appena qualche giorno addietro ha preteso di fare opposizione asserendo che il Governo attuale, dopo più di venti giorni dal proprio insediamento, non ha ancora salvato il Paese e messo fine a tutti i danni che gli stessi oppositori hanno causato. Dall’altra parte, per farla breve, ci sono proprio quelli che hanno prodotto il Matteo Salvini al Governo, rifiutandosi perfino di andare a vedere cosa il Movimento Cinque Stelle proponeva per un Governo M5S-PD invece che M5S-Lega. Adesso, con il Movimento Cinque Stelle appiattito fino all’inverosimile su posizioni da Palazzo – manca poco che cominci a difendere l’idea di privatizzare l’acqua e di aumentare il numero di F-35 da acquistare – e la Lega che si è andata a cacciare in un vicolo cieco, facilmente ricattabile sotto il profilo morale, per riconquistare leadership in Libia (perché, cosa credevate che c’era sotto?), l’opposizione non si può permettere di aprire bocca perché non è credibile e non farebbe altro che consolidare il convincimento che Salvini sta facendo bene e che le foto con i tre bambini morti al largo della Libia sono fotoscioppate.

Ma quale è il problema? Tanto, mentre gli italiani negano la tragedia dei bambini, il ministro Salvini parla di riaprire i manicomi. Vai di cazzate su Twitter! Cambiamo argomento con un tweet e i bambini morti non ci sono più! Abracadabratweet

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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