La Cina, l’OMS e la Pandemia del capitalismo

Benessere è Salute Rubrica a cura della dottoressa Franca Regina Parizzi

di Franca Regina Parizzi

Che la Cina abbia ritardato a comunicare all’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) non soltanto l’epidemia di Covid-19, ma anche la reale dimensione del contagio, non è solo un sospetto, perché ci sono diverse testimonianze, ma anche studi scientifici che lo dimostrano. I primi casi in Cina risalgono molto probabilmente al periodo tra metà ottobre e metà novembre 2019, poiché già a novembre medici cinesi registravano delle polmoniti “anomale”. In Cina inizialmente l’indice di contagiosità (Rt) era basso, inferiore a 1, ma già a dicembre era 2,6. Questa accelerazione del contagio è stata causata da una mutazione del virus che lo ha reso più contagioso, più diffusivo, e questo è dimostrato da uno studio basato su rigorose analisi genetiche del virus, effettuato dall’Istituto Spallanzani e dall’Università La Sapienza di Roma, in corso di pubblicazione su un’autorevole rivista scientifica, il Journal of Medical Virology.

A dicembre 2019, alcuni medici cinesi segnalavano sia alle autorità sanitarie di Wuhan che sui social network che si trattava di un nuovo virus. I loro post sui social venivano tuttavia censurati e uno di loro (Li Wenliang) veniva arrestato. Rilasciato,  moriva poco tempo dopo per Covid-19.

Quanto alla reale dimensione dell’epidemia cinese, uno studio dell’Università di Hong Kong, pubblicato sulla rivista scientifica Lancet, ha dimostrato come il numero reale di contagiati in Cina sia stato sottostimato di almeno 4 volte.

Ma vediamo in breve la cronistoria:

  • Il 31 dicembre 2019 la Cina faceva all’OMS la prima comunicazione ufficiale dell’epidemia, quando erano già numerosi i casi di Covid-19, soprattutto tra i frequentatori del mercato del pesce di Wuhan, che è stato chiuso il 1° gennaio 2020. 
  • Il 7 gennaio ricercatori cinesi isolavano il nuovo coronavirus, trasmesso dal pipistrello all’uomo, e due giorni dopo la Cina comunicava all’OMS che l’epidemia in corso era dovuta a questo nuovo coronavirus, la cui sequenza genetica veniva condivisa con la comunità scientifica internazionale il 12 gennaio.
  • Il 10 gennaio l’OMS divulgava ai Paesi membri la notizia dell’epidemia in corso a Wuhan, ma non riteneva opportuno raccomandare l’interruzione dei voli da e per la Cina. 
  • Solo il 21 gennaio la Cina e l’OMS ammettevano la trasmissione del nuovo coronavirus da uomo a uomo. La Cina annullava i festeggiamenti per il capodanno cinese a Wuhan e in altre città e stabiliva il lockdown dell’intera città di Wuhan.
  • Il 28 gennaio il Direttore dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, incontrava a Pechino il Presidente cinese Xi Jinping, elogiando le modalità adottate dalla Cina per far fronte all’epidemia.
  • L’11 marzo l’OMS dichiarava la pandemia, quando erano già registrati più di 118.000 casi in 114 altri Paesi.
  • Ancora nel mese di marzo l’OMS dichiarava che gli asintomatici erano pochi, non contagiosi o comunque irrilevanti per la diffusione del contagio. Poco dopo tuttavia si dimostrava il contrario, cioè la rilevanza degli asintomatici nella diffusione dell’epidemia.

Per due mesi dunque la Cina ha deliberatamente occultato, o quanto meno minimizzato, il problema e i motivi si possono facilmente intuire. L’interruzione dei collegamenti con gli altri Paesi (cosa che poi in realtà è avvenuta, com’era d’obbligo) e il lockdown dell’intera regione degli Hubei (la regione di Wuhan) avrebbe causato grossi danni economici alle sue industrie e al commercio.

E così si è arrivati a “chiudere la stalla dopo che erano scappati tutti i buoi”, cioè quando il contagio si era già propagato negli altri Paesi. Tra i primi l’Italia. Una ricerca degli anticorpi contro il coronavirus effettuata sui campioni di sangue delle persone che si erano presentate al Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano per donare il sangue dal 24 febbraio all’8 aprile, ha dimostrato come il 4% di loro (persone in apparente ottimo stato di salute) avesse precedentemente “incontrato” il coronavirus. Mentre in Italia si cercava il “paziente zero”, il virus già circolava liberamente nella popolazione. Ma l’Italia ha seguito fedelmente le raccomandazioni dell’OMS.

Al contrario di Taiwan, che, non riconosciuta dalla Cina e pertanto esclusa dai Paesi membri dell’OMS, dopo le prime notizie trapelate dalla vicina Cina, si è allertata in tempi rapidi, riuscendo a contenere efficacemente e in tempi brevi la diffusione del contagio senza dover arrivare al lockdown. La strategia vincente si è basata sulla risposta veloce delle autorità sanitarie, sulla trasparenza delle informazioni ai cittadini e sul tracciamento degli infetti. I casi totali registrati a Taiwan sono stati solo 440 (su una popolazione di 23 milioni di persone!) e i decessi solamente 7. Dal 27 aprile non si registra a Taiwan nessun nuovo caso.

Ma torniamo alla Cina. La Cina in epoca di globalizzazione, è diventata la “fabbrica mondiale”, un Paese che oggi esporta un’infinità di prodotti realizzati attraverso catene di montaggio di milioni di giovani lavoratori e lavoratrici provenienti dalle aree rurali più povere. Ne è un esempio la Foxconn, che ha diverse sedi in Cina (anche a Wuhan) ed è la più grande fabbrica mondiale di assemblaggio di componenti elettronici. La Foxconn è balzata alla cronaca negli ultimi anni per una serie di suicidi di suoi operai, per le condizioni e i ritmi di lavoro massacranti, disumani e le basse retribuzioni. L’ideologia capitalista ha trovato oggi nella Cina un terreno fertile per piantare le sue radici.

Da: “Mangime per le macchine” raccolta di poesie di Xu Lizhi (nella foto), operaio cinese della Foxconn, morto suicida a 24 anni. La poesia di Xu Lizhi nella “fabbrica globale del capitalismo assoluto” – come scrive Fernanda Mazzoli, che ne ha curato l’edizione – è la tragica testimonianza di una società capitalista in cui le persone sono appunto”mangime per le macchine”

Riconoscere e comunicare prontamente all’OMS la reale diffusione del contagio avrebbe comportato per la Cina un danno economico enorme, ma il ritardo e l’occultamento di quello che stava realmente succedendo ha comportato il dilagare incontrollato del contagio e, in ultima analisi, un danno economico ancora maggiore e non soltanto per la Cina, ma per l’intera comunità mondiale.

In un certo senso, potremmo dire che il virus ha cercato di dare una lezione al capitalismo mondiale, che tuttavia ancora, faticosamente e dopo aver sacrificato molte vite, dopo il disastro umano ed economico, anziché ripensarsi, riconvertirsi, investendo nelle risorse umane, cioè nei diritti, nella qualità di vita e di lavoro, tenta ostinatamente di ripristinare le medesime regole, il profitto a scapito dei diritti umani. E la salute è il primo di questi diritti. Questa logica produttivista è la causa di una serie di omissioni, errori e ritardi che, a partire dalla Cina, hanno caratterizzato gli interventi da parte delle varie Istituzioni, a partire dall’OMS fino alle Istituzioni locali dei vari Paesi, Italia compresa, consentendo il dilagare del contagio. Così è successo in Lombardia, dove, per le pressioni di Confindustria, l’Amministrazione regionale ha ritardato ad applicare i provvedimenti necessari e, nonostante le regole imposte dal Governo, quasi duemila aziende hanno continuato a rimanere in attività e a produrre beneficiando di incontrollate deroghe al lockdown.

Quanto all’OMS, possiamo pensare che si è semplicemente incautamente fidata delle comunicazioni della Cina. Un dato certo è che non ha ritenuto opportuno effettuare alcuna ispezione in quel Paese per valutare la reale dimensione del problema. Solo recentemente, sollecitata dalla maggioranza dei Paesi membri, l’OMS ha chiesto alla Cina di poter inviare i suoi ispettori e il Presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato la sua disponibilità, ma più tardi, quando sarà finita l’emergenza. Tutto questo non fa che alimentare i sospetti di una grave mancanza di trasparenza delle comunicazioni da parte delle autorità cinesi.

Circa il ruolo dell’OMS in questa pandemia, sono state avanzate da più parti ipotesi di una eccessiva “benevolenza” nei confronti della Cina, dovuta ai legami tra l’attuale Direttore dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus (precedentemente Ministro della salute in Etiopia), la Cina, l’Unione Africana e in particolare il governo etiope.  Queste sospetti non devono tuttavia indurre a condividere la decisione di Donald Trump di interrompere i finanziamenti all’OMS. Al contrario, un’analisi critica di questa pandemia sarà necessaria, ma l’obiettivo deve essere quello di rivedere e riaffermare il ruolo e la missione dell’OMS come agenzia mondiale a tutela della salute pubblica, indipendente da  interessi privati. Perché l’OMS deve rimanere il baluardo, il punto di riferimento per la salute mondiale e non è pensabile una delega ad altre agenzie, come i Centers for Disease Control negli Stati Uniti e in Europa, dei problemi di salute in un mondo oramai globalizzato.

Tedros è stato ministro della salute in Etiopia e in Etiopia la Cina ha realizzato molte infrastrutture, tra le quali il Palazzo dell’Unione Africana ad Addis Abeba, oltre a strade, ferrovie, ecc. Metà del debito pubblico dell’Etiopia è verso la Cina. Ma gli investimenti cinesi in Africa non si limitano alla sola Etiopia. Possiamo affermare senza timore di smentite che si è creato – e si va sempre più espandendo – un “neocolonialismo cinese” dell’Africa. In Africa la Cina sta riproducendo il proprio modello capitalista, assicurandosi l’esclusiva nello sfruttamento delle immense risorse naturali e utilizzando manodopera a basso costo.

La pandemia da coronavirus ha dimostrato come il capitalismo non sia al servizio delle persone, ma si serva delle persone come strumenti necessari all’ingranaggio economico. Possiamo arrivare a interpretare secondo questa logica anche la leggerezza (o colpa?) con la quale si è compiuta la strage di anziani nelle RSA e non soltanto nel nostro Paese. Gli anziani: persone inutili nel meccanismo produttivo e onerose per il sistema sanitario, e in generale per il welfare. Proprio quegli anziani ritenuti i soggetti più fragili, più “a rischio” di Covid-19, da soggetti da proteggere sono diventati “scarti sociali”.

Se guardiamo la mappa di diffusione della pandemia, ci accorgiamo come il coronavirus abbia  percorso le strade del capitale, a partire dalla Cina, e abbia colpito gli esseri umani che vi lavorano, concentrandosi nelle aree di maggiore urbanizzazione e industrializzazione.

Ma questa pandemia impone anche molte altre riflessioni. Il capitalismo si è appropriato liberamente della natura  non solo attraverso il sovra-sfuttamento delle risorse naturali, ma anche utilizzando l’ambiente come discarica per i materiali di scarto del sistema produttivo. Tutto questo ha portato a uno sconvolgimento dell’habitat naturale e del clima. Il salto di specie del coronavirus dal pipistrello all’uomo e la sua diffusione sono conseguenze di uno scriteriato sfruttamento del pianeta, che ha creato – e probabilmente creerà in futuro –  l’ambiente favorevole al propagarsi di nuove epidemie.

Informazioni su Franca Regina Parizzi 27 Articoli
Nata a Milano il 15.12.1947, ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1972 presso l’Università degli Studi di Milano con voti 110/110 e lode. Nel 1974 è stata assunta presso l’Ospedale San Gerardo di Monza, inizialmente come Assistente nel Reparto di Malattie Infettive e successivamente, dal 1980, nel Reparto di Pediatria, divenuto nel 1983 sede della Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, ove ha ricoperto successivamente (dal 1988) il ruolo di Aiuto Corresponsabile Ospedaliero, e, dal 2000, di Dirigente Medico con incarico di Alta Specializzazione. Ha conseguito la Specializzazione in Malattie Infettive e successivamente in Chemioterapia, entrambe presso l’Università degli Studi di Milano. Nel 1977 e 1978 è stata responsabile del Reparto di Pediatria presso l’Hôpital Général de Kamsar (République de Guinée – Afrique de l’Ouest) nell’ambito della Cooperazione Tecnica con i Paesi in via di sviluppo del Ministero degli Affari Esteri italiano. Autrice di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali e relatrice in diversi convegni (nazionali e internazionali). Dal 2010 si è trasferita da Monza a Lampedusa, isola alla quale è profondamente legata, dove esercita tuttora la sua attività come pediatra.

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