Il pasticcio del cargo a Lampedusa, il comandante sbotta con la Capitaneria

Il Viminale va in tilt per duemila migranti a Lampedusa ma i velivoli Frontex avevano avvistato le barche con ampio anticipo. Il cargo italiano Asso Trenta sbarca 17 naufraghi e viene arruolato per trasbordarne 260 su una nave quarantena in rada. L’operazione non riesce ed al rientro in porto non c’è nessuno in banchina e il comandante del cargo perde la pazienza con la Capitaneria di Porto

di Mauro Seminara

Alle dieci di sera sulla banchina del porto commerciale di Lampedusa non ci sono forze dell’ordine, pulmini dell’ente gestore del centro di prima accoglienza né Capitaneria di porto, ma la Asso Trenta, che aveva atteso la partenza della nave traghetto e l’autorizzazione per attraccare al molo sgombero era già con le cime per salde alle bitte. Le comunicazioni con l’autorità portuale a questo punto si fanno dure con il comandante del cargo italiano che sbotta paventando ripercussioni per l’accaduto. Il capitano Emiliano Astarita, comandante del mercantile civile Asso Trenta, che circa 24 ore prima aveva salvato la vita di 17 persone arrampicatesi su una piattaforma petrolifera, adesso non ce la fa più e non intende più giocare con le improbabili idee partorite forse a Roma e messe in pratica – se così si può dire – dalla Prefettura di Agrigento e dalla Capitaneria di Porto di Lampedusa.

Il cargo (in foto) che fornisce servizio logistico a supporto della piattaforma petrolifera ENI al largo della Libia, ad un certo punto della giornata, sembra essere stato sequestrato dalla autorità italiane in quel delle Pelagie. Una lunghissima giornata di palese disorganizzazione che ha messo in luce tutta l’inadeguatezza della filiera di comando, da Roma a Lampedusa, mentre i ministeri – escluso quello dei trasporti cui fa capo la Guardia Costiera – avviavano una ennesima “cabina di regia” per trovare soluzione a quello che il Consiglio dei ministri non sa risolvere: la gestione di una ondata di duemila migranti in un giorno sulle rive di un Paese del G7 che conta 60 milioni di abitanti.

La giornata del cargo Asso Trenta

Alle dieci del mattino il cargo battente bandiera italiana arriva in porto a Lampedusa con 17 naufraghi a bordo. Alcuni sono malconci ed hanno bisogno di spalle cui appoggiarsi per attraversare la passerella della Asso Trenta e scendere in porto (foto sopra). Li ha salvati la nave che lavora a supporto della offshore Eni davanti la costa della Libia. Quella che, a volerla dire tutta, è l’unica vera stazione di probabile “pull factor” del Mediterraneo centrale per i migranti in partenza dalla Libia. Alla offshore “Bouri”, gestita da ENI in partnership con l’azienda petrolifera nazionale libica (il NOC, National Oil Company), i trafficanti accompagnano o indirizzano le barche gremite da migranti in modo che non si perdano e che qualcuno intervenga in caso di naufragio. E la Asso Trenta, non a caso, non è la prima volta che interviene negli ultimi dieci anni.

C’è solo un problema per il cargo battente bandiera italiana ed è la Procura della Repubblica di Napoli che indaga su un respingimento. Era il luglio del 2018 e, durante il Ministero dei “porti chiusi”, su disposizioni ricevute per le quali c’è un procedimento aperto, la gemella Asso Ventotto aveva soccorso dei naufraghi poi sbarcati in Libia. Da quell’episodio, sia la compagnia di navigazione che l’IMRCC (la centrale di coordinamento del soccorso marittimo italiana) si guardano bene dal procedere con nuovi sbarchi di naufraghi in un porto non sicuro della Libia.

La Guardia Costiera italiana, malgrado le disposizioni del “Piano SAR” che le impongono la corretta e trasparente comunicazione esterna per eventi relativi ad operazioni di ricerca e soccorso, non comunica nulla riguardo l’intervento della Asso Trenta che, battente bandiera italiana, viene coordinata dalla sala operativa italiana per il soccorso e lo sbarco nel place of safety più vicino (il porto sicuro italiano di Lampedusa). Questo si verifica per la evidente indisponibilità della impropriamente detta “guardia costiera libica”. Non intervenendo la motovedetta libica donata dall’Italia, che può eventualmente sbarcare nel porto di bandiera i naufraghi avendo l’IMO (l’Organizzazione Marittima Internazionale) conferito alla Libia una sconfinata area di responsabilità SAR (ricerca e soccorso), è onere del cargo italiano soccorrere i naufraghi e poi condurli in un porto sicuro.

Non c’è nessun altro che può intervenire perché la guerra alle navi delle organizzazioni umanitarie non governative (ONG) sono tutte ferme per fermi amministrativi e le navi della Guardia Costiera (come la Diciotti, la Dattilo o la Gregoretti) latitano in chissà quali mari a controllare pescatori tirreni o adriatici. Il comandante Astarita quindi interviene e raggiunge il porto di Lampedusa, dove forse si aspetta di sbarcare ed andar via – senza quarantene come per le Ong o altre perdite di tempo – come per tutti gli altri episodi in cui è stato costretto ad intervenire. Ma questa volta le cose non andranno così.

Il pasticcio del trasbordo da Asso Trenta a nave quarantena

Non è il primo caso di insolita operazione di trasbordo su nave quarantena a Lampedusa. Già in precedenza era capitato addirittura di dover assistere ad un imbarco in rada, con deriva di centinaia di metri, da motovedette a nave quarantena mediante peschereccio del vicesindaco di Lampedusa. Alla Asso Trenta ieri è stato chiesto di prestare nave ed equipaggio per una analoga alquanto improbabile operazione: imbarcare persone migranti da trasbordare sulla nave quarantena GNV Azzurra in rada. L’isola è piena oltre ogni limite umano consentito. Il centro di prima accoglienza “ospita” persone per circa otto volte la capienza massima e centinaia di persone hanno trascorso la notte sulla fredda e dura banchina del molo militare (foto sotto). Una parte di queste vi ha dovuto trascorrere anche una seconda notte, tra immondizia, bagni ridotti come uno scarico fognario, freddo umido e pasti che non arrivavano.

La Splendid, una delle due navi quarantena inviate a Lampedusa quando l’ondata di migranti aveva già raggiunto quota duemila, aveva imbarcato quasi quattrocento persone ed aveva lasciato l’isola per spostarsi davanti il porto di Trapani. Il ritardo nell’invio delle due navi quarantena ha fatto coincidere il teorico imbarco sulla seconda, la GNV Azzurra, quando gli sbarchi si erano fermati per la perturbazione meteo e la stessa nave non era più in condizione di attraccare a Lampedusa. La nave Sansovino, traghetto di linea che collega Porto Empedocle con le Pelagie, il giorno prima aveva imbarcato circa 200 migranti senza preventiva “quarantena” e ieri sera, 11 maggio, l’altro traghetto di linea – la Cossyra – ne aveva imbarcati altri settanta. Ma la GNV Azzurra, grande nave da 36 mila euro al giorno cui si devono aggiungere 25 euro giornaliere a persona imbarcata per i servizi accessori, è troppo grande per attraccare al porto commerciale e lo scalo alternativo di Cala Pisana è troppo pericolo, proibitivo, a causa del vento. Serve un “taxi del mare”, che non è una nave Ong – come da storica definizione dell’ex capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio – ma lo stesso cargo Asso Trenta.

Sulla nave distolta dal proprio servizio prezioso per l’ENI vengono fatti imbarcare 260 migranti che faticosamente vengono trasferiti dal centro di prima accoglienza al porto mediante staffetta di pulmini da dieci posti l’uno di media (foto sopra). L’operazione ha inizio, e coinvolge il cargo al comando del capitano Emiliano Astarita, motovedette, la nave quarantena GNV Azzurra ed il coordinamento della Capitaneria di Porto di Lampedusa. Dopo qualche ora però la Asso Tenta ritorna in porto con ancora a bordo tutti e 260 i migranti sballottati da una parte all’altra per volere di chi probabilmente prende decisioni comodamente seduto su una confortevole poltrona di pelle a Roma. Le condizioni meteo non consentono ad un cargo di tutto rispetto come la Asso Trenta di abbordare una nave di stazza pesante come la Azzurra senza che l’una o l’altra subisca gravi danni e senza che i due comandanti di bordo si debbano poi anche assumere serie responsabilità per quanto in queste condizioni potrebbe accadere a navi e persone, inclusi i 260 migranti gestiti come sacchi di patate da un venditore ambulante. L’operazione viene quindi annullata e la Asso Trenta ritorna in porto, ma al suo arrivo non c’è nessuno ad aspettarla per liberarla prontamente e consentirle di riprendere il mare e una volta al largo della Libia il suo lavoro.

Alle dieci di ieri sera, 11 maggio 2021, la Asso Trenta è in porto (foto sopra). Il comandante concede alla Capitaneria di Porto l’ultimo esiguo atto di tolleranza lasciando che l’orario di ormeggio da registrare in Capitaneria sia mezz’ora più tardi, alle 22:30. Ma è l’ultimo favore dopo lamentele di una giornata trascorsa ad entrare ed uscire dal porto di Lampedusa ed il fatto che in porto non c’era ancora nessuno ad attendere la nave e che fosse al contrario Asso Trenta, con 260 persone a bordo e senza forze dell’ordine a dover attendere che il dispositivo si muovesse. Dal cargo, quando mezz’ora più tardi, minuto più minuto meno alle 23:00, iniziano a scendere i migranti da riaccompagnare al centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola. Ci sono alcuni visibilmente stremati che riposano sul ponte scoperto di ferro del cargo, avvolti in coperte fornite loro prima dell’imbarco (foto sotto). Si vede scendere un nucleo familiare, perché a bordo, per passare dal cargo alla nave quarantena, c’era anche un ragazzino (foto in basso). Tutti al punto di partenza, come al “Gioco dell’oca”.

I pulmini ricominciano a fare la staffetta attraverso il paese per riaccompagnare tutti i migranti nello stesso centro di accoglienza sovraffollato da cui erano partiti. Così, a mezzanotte, si è chiuso il circo lampedusano di un Governo che per duemila persone è andato in tilt, con un Ministero degli Interni palesemente collassato sui propri confini di operatività in fatto di migranti. Lo stesso “Governo dei migliori” che dovrebbe gestire una pandemia con le già evidenti conseguenze in termini di crisi del lavoro ed economica di una nazione.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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