Ortopedia: farsi male è un attimo. Età diverse, rischi differenti

Farsi male è un attimo. Sia nella vita quotidiana in casa, sia all'aperto gli inconvenienti possono essere dietro angolo. quando distrazione e sfortuna vanno a braccetto, ecco che ci si può fare male, anche se, molto spesso, col senno di poi, ci si rende conto che la maggior parte degli incidenti poteva essere evitata

di Maurizio Maria Fossati

Farsi male è un attimo. Sia nella vita quotidiana in casa, sia all’aperto gli inconvenienti possono essere dietro angolo. Purtroppo, basta inciampare in un tappeto, non accorgersi di uno sportello aperto, finire col piede nel solco di un prato o scivolare sulla sabbia che il vento ha portato sull’asfalto che si può perdere  l’equilibrio e cadere. Così, quando distrazione e sfortuna vanno a braccetto, ecco che ci si può fare male, anche se, molto spesso, col senno di poi, ci si rende conto che la maggior parte degli incidenti poteva essere evitata.

Indipendentemente da dove avvengono e dalla loro causa, cadute, distorsioni e botte possono provocare lesioni molto serie che spesso richiedono il ricovero – afferma Raymond Klumpp, ortopedico ospedaliero -. Questo vale soprattutto per la terza età. Pensate che quasi il 60% dei traumi di anziani valutati nei pronto soccorsi europei è la conseguenza di una caduta. Ed è importante  sottolineare che, anche se le cadute solitamente non mettono a rischio la vita, possono lasciare postumi invalidanti, sia dal punto di vista fisico, sia psicologico”.

Quali sono le cause più frequenti di trauma?

Se nei giovani, i traumi derivano soprattutto dalle attività sportive all’aria aperta, i non più giovani (e maggiormente le donne) si infortunano proprio a causa del calo di performance dovuto all’avanzare dell’età, delle malattie croniche, della presenza di artrosi polidistrettuale e dell’assunzione di molti farmaci. Dobbiamo comunque tenere presente che cadere in casa o all’aperto, subendo un trauma tale da rompere un osso, può capitare a persone di tutte le età”.

Possiamo definire dei fattori di rischio?

Sì. Possiamo distinguere 3 categorie. Ci sono fattori di rischio ‘intrinseci’: debolezza muscolare, disturbi dell’equilibrio, precaria condizione fisica, demenza con disturbi sensoriali, presenza di patologie croniche con uso di farmaci. Fattori di rischio  ‘comportamentali’: cattiva alimentazione, uso di calzature non idonee, assunzione di alcolici, modo di camminare con paura di cadere. E fattori ‘ambientali’: presenza di pavimentazione irregolare, superfici scivolose, cattiva illuminazione, tappetti usurati e presenza di scale ripide”.

Non tutte le fratture sono uguali. E’ vero?

Sì. Ci sono molti tipi di frattura a seconda di come si rompe l’osso. Inoltre certe  fratture sono tipiche dell’età infantile, altre più frequenti dell’età adulta o dell’anziano. La stessa cosa vale anche per il tipo di trattamento più indicato e per i tempi di recupero”.

Facciamo un elenco delle fratture più frequenti e dei possibili rimedi.

La frattura di clavicola –  spiega il dottor Klumpp – è certamente tra le fratture più ricorrenti e rappresenta quella più frequente nei bambini e negli adolescenti. Come viene procurata? Solitamente con una caduta sulla spalla durante l’attività fisica o con una caduta dalla bicicletta/motorino. Queste fratture guariscono solitamente con l’utilizzo di un tutore e solo raramente è richiesto un intervento chirurgico”.

Oltre alla spalla, anche la frattura del polso è molto frequente, vero?

Certo. Quando si cade solitamente si mettono davanti le mani ed ecco come ci si può fratturare il polso a tutte le età. A seconda del tipo di frattura e della sua scomposizione questo trauma viene trattato con un gesso o con un intervento chirurgico. Purtroppo, spesso permane una rigidità dell’articolazione per qualche anno”.

La caviglia, è un’altra articolazione a rischio.

Le fratture di caviglia sono tipiche della mezza età. Spesso si verificano a causa di cadute dalle scale, ma anche in seguito a traumi distorsivi. Attenzione che talvolta si riesce a camminare con dolore anche quando la caviglia è fratturata. Queste fratture, a seconda del tipo, vengono trattate con un apparecchio gessato o chirurgicamente”.

E poi ci sono le vertebre.

La frattura delle vertebre è la più frequente negli anziani affetti da osteoporosi, una malattia metabolica che indebolisce l’osso. Quando il tessuto osseo è molto debole, può essere sufficiente un forte starnuto piuttosto che uno sforzo modesto per provocare una frattura vertebrale. Solitamente è sufficiente un trattamento di supporto  messo in pratica con l’impiego quotidiano di un apposito busto ortopedico”.

E poi c’è la molto frequente frattura del femore negli anziani.

Certamente. Patologie come l’osteoporosi possono indebolire il femore rendendolo più suscettibile a fratturarsi – spiega Raymond Klumpp -. In effetti, questo accade tipicamente negli anziani, dove la frattura del femore prossimale (l’estremità che si articola con l’osso dell’anca) è tra le patologie più comuni dopo una caduta accidentale.

Queste fratture vengono comunemente chiamate fratture dell’anca. E quasi sempre richiedono un intervento chirurgico tempestivo per permettere al paziente di riprendere la deambulazione in carico.

Le fratture del collo femorale solitamente vengono trattate mediante un’osteosintesi con viti metalliche nei pazienti giovani. E con una protesi che sostituisce l’articolazione nell’anziano. La protesi può essere totale o una ‘mezza’ protesi (endoprotesi), che conserva la parte articolare del bacino. A seconda della qualità dell’osso le componenti protesiche vengono impiantate a pressione o cementate.

Se, invece, la frattura è pertrocanterica, cioè è nella zona appena sotto al collo femorale, viene comunemente trattata inserendo un chiodo endomidollare con una procedura chirurgica più semplice”.

di Maurizio Maria Fossati

giornalista UNAMSI (Unione Medico Scientifica d’Informazione), scrittore e divulgatore scientifico

Informazioni su Maurizio Maria Fossati 11 Articoli
Milanese, giornalista professionista, divulgatore scientifico e scrittore. Dopo l’università (ingegneria), spinto dalla passione per il mare e l'immersione subacquea, entra nella redazione di «Vela e Motore» per poi passare alla Mursia. Nell’85 è a «Le Scienze», edizione italiana di «Scientific American». Nel '91 passa a “Il Giorno” dove è responsabile delle pagine e degli inserti di Scienza e Salute e dove è a capo della redazione “Il Giorno-Metropoli”. Oggi si occupa di Salute sulle pagine di QN (Quotidiano Nazionale) e modera convegni medici. E' docente in corsi di formazione continua per giornalisti dell’Ordine Nazionale Giornalisti. Già vicepresidente di UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica d'Informazione), di cui oggi è probo-viro, è anche giornalista UGIS (Unione Giornalisti Scientifici Italiani). Coautore del libro di medicina narrativa “Parole che curano. L’empatia come buona medicina. Storie di malati, familiari e curanti”, Publiediting, del volume “Comunicare la Salute”, testo UNAMSI per corsi universitari di comunicazione giornalistica per medici e ricercatori. Autore di “Immersione subacquea, in apnea e con le bombole”, De Vecchi, e coautore di “Dieci x dieci, le cento meraviglie del mare”, edito da Touring Club Italiano-Gist. Per Morellini ha pubblicato nel 2019 “Perché? Oltre 100 quiz per svelare le curiosità della scienza”, e nel 2020 “Perché? Ambiente. Oltre 100 quiz per salvare il Pianeta”.

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