La presidenza di Troia

Editoriale di Mauro Seminara

di Mauro Seminara

Per la quarta volta, in Russia, Vladimir Putin viene incoronato Zar. Tre quarti degli elettori hanno votato per lui. Ancor più plebiscitario il consenso in Crimea, dove i filorussi sono stati salvati dal golpe che ha sottratto l’Ucraina alla Russia per trasformarla da colonia russa a colonia dell’Unione europea. Una trasformazione a seguito della quale il territorio ucraino, da alleato della confinante Russia si ritroverà a terra armata. Armi che, neanche a dirlo, saranno puntate proprio contro l’ex alleato. Vladimir Putin presidente per la quarta volta, come Angela Merkel per la quarta volta cancelliera in Germania. Ma nessun dubbio viene posto su Angela Merkel. Maggioranza risicata per lei, come nelle “democrazie” occidentali. Non come in Russia, dove tre elettori su quattro non hanno avuto alcun dubbio su chi votare. L’Osce ha subito manifestato dubbi sul 76,6% con cui l’uomo forte della rinascita russa ha vinto. Inevitabili anche le battute con cui sul web si deride la storiella dell’influenza russa sulle elezioni americane ed italiane: i russi hanno influenzato anche il voto in Russia!

Quello che si esclude, per “obbligo Atlantico”, è che in Russia gli elettori possano avere paura di perdere Putin ed affidare il Cremlino a qualcuno non capace di difendere il popolo dalle insidie che ogni giorno arrivano dal mondo occidentale e democratico. Minacce provenienti da quelli che esportano la democrazia con le bombe e ritengono di poter stabilire quale Paese è democratico e quale no. Un esempio, attuale e prossimo, è quello del conflitto mediorientale: Siria e Turchia. La Siria non è democratica, il suo presidente eletto è un dittatore, il welfare siriano invidiabile da mezzo mondo era opera di un tiranno e per queste ragioni quella terra riceve bombe dagli aerei e bombe dai terroristi stipendiati dalla CIA ormai da sette anni. Nel corso degli anni abbiamo assistito anche a vergognose messe in scena mondiali, come quelle delle armi chimiche di Assad. Ricordate? Allora ricorderete anche che non esistevano, malgrado avessero addirittura già individuato una fossa nel Mar Mediterraneo in cui depositarle per sempre. Esattamente come le prove false di uranio arricchito in Iraq. False prove ostentate alle Nazioni Unite su armi di distruzione di massa, una guerra violenta che ha distrutto l’Iraq, una condanna a morte del suo leader emessa dallo stesso invasore-distruttore, un Paese raso al suolo ed abbandonato in balia di milizie e terroristi mentre gli esportatori di democrazia ciucciavano il petrolio iracheno con tutte le cannucce occidentali disponibili e, alla fine, le prove erano false. Saddam non aveva mai provato a costruire armi atomiche. Ops! Tornando all’esempio iniziale, la Siria non è democratica, ma la Turchia si. Cosa c’è di più democratico di un Paese della Nato che ha il record di giornalisti, giuristi e docenti imprigionati? E cosa può esserci di più democratico di un Paese che invade militarmente ed arbitrariamente territori e ne rivendica altri? Niente. Più democratico di uno Stato membro della Nato non c’è niente.

I Russi, piaccia o non piaccia, votano e voteranno Putin finché egli sarà in vita. Perché l’ex giovane agente del Kgb ha difeso la Russia quando lo smantellamento della Unione Sovietica aveva lasciato la superpotenza in supermutande, recuperando sulla crisi che il suo predecessore proprio non sapeva come arginare. Lo Zar è inoltre riuscito a ristabilire gli equilibri economici interni malgrado le sanzioni, arbitrariamente imposte, avrebbero dovuto condurre la Russia dritta fra le braccia del Fondo Monetario Internazionale. Putin sta lavorando ad una rete russa per sottrarre il non occidente al monopolio del web, con tutte le conseguenze che noi subiamo quotidianamente ostinandoci a non voler capire che la rete non è nostra, non è di tutti, che i dati che transitano nel web vengono copiati ed archiviati da qualcuno che un giorno li userà contro di noi, che se qualcuno dovesse “staccarci” dalla rete piomberemmo nella più patetica oscurità. Inoltre, il quattro volte presidente russo sta alzando parecchio il ritorno al patriottismo della Russia. Perché la Russia di Putin non invade Paesi stranieri, ma al contempo non teme nessuna superpotenza rivale; non spende quanto gli Stati Uniti in armamenti ma non ne è seconda e non disperde le risorse militari invadendo il mondo intero. La Russia di Putin, piaccia o non piaccia nel mondo occidentale, è un Paese che vota consapevolmente per chi ha dimostrato le proprie capacità, la propria forza. Perfino l’ennesima farsa britannica non è servita a demolire politicamente, o demonizzare moralmente, il presidente russo. Il suon della pernacchia recitava grossomodo così: Grazie alle accuse di Londra, il 10% in più degli elettori russi si è recato alle urne per assicurarsi che Putin venisse rieletto. Sull’episodio della ex spia russa doppiogiochista, Sergej Skripal, bisogna però aprire una parentesi. Una parentesi che si può facilmente intitolare “false flag”. Da Wikipedia: “False flag (in italiano operatività sotto falsa bandiera) è una tattica segreta condotta nell’ambito di operazioni militari o attività di spionaggio, condotte in genere da governi, servizi segreti, e agenzie d’intelligence, progettata per apparire come perseguita da altri enti e organizzazioni, anche attraverso l’infiltrazione o lo spionaggio di questi ultimi.” Ecco, a meno che i russi non abbiano ucciso Skripal con il biglietto da visita di un agente nervino di loro esclusiva produzione al solo fine di asserire, poi, che sarebbe assurdo uccidere Skripal in Inghilterra lasciando una così evidente e pericolosa firma sulla scena del delitto, il caso non si può vedere in modo diverso da un “false flag”. La dimostrazione è proprio la mancanza di dimostrazioni, di prove. Inoltre, quale capo di Stato o di Governo si azzarderebbe mai ad accusare una Nazione straniera, pubblicamente, ancora prima di avere ricevuto ampie ed inconfutabili prove. Addirittura usando il condizionale. Follia da terza guerra mondiale, oppure “false flag” con annessa “fake news” pronunciato per puro servilismo internazionale.

Il pericolosissimo “gioco di spie” messo in scena nel Regno Unito non ha però indebolito Putin prima delle elezioni. Anzi, forse lo ha davvero rafforzato. A dimostrazione che la manipolazione delle masse a mezzo stampa, e azioni di intelligence sotto falsa bandiera, non è più tanto efficace. Forse, dopo così tanti anni, il popolo di questo mondo ha sviluppato, se non capacità di discernere il vero dal falso e cultura generale medio-alta, degli strani anticorpi che lo difendono dai media e dalla politica. In America c’è ancora chi piange per l’elezione di Donald J. Trump alla presidenza degli Stati Uniti malgrado non ci fosse stato un solo giornale – o giornalista – a sostenerlo. Stessa lacrima “press” in Italia, dove ancora qualcuno si chiede se il Movimento Cinque Stelle ha stravinto perché agli italiani – fannulloni ed assistenzialisti – è tanto piaciuta l’idea del reddito di cittadinanza, che nasce tra l’altro insieme allo stesso Movimento Cinque Stelle e non come trovata d’effetto per queste ultime elezioni. I grandi pensatori si interrogano anche sulla rimonta della Lega, che da partito territoriale è riuscito ad espandersi raccogliendo voti al sud, perfino nel profondo sud di Lampedusa. Sull’isola più a sud d’Italia il movimento di Matteo Salvini ha preso circa il 15% dei voti, più del doppio del Partito Democratico. Neanche a dirlo, a vincere a man bassa è stato il Movimento Cinque Stelle anche a Lampedusa. Ma cosa hanno in comune, chiacchiere da alleanze a parte, M5S e Lega che gli altri partiti e i grandi analisti non comprendono o fingono di non capire? Possibile che sia semplicemente il concetto di rappresentanza? Si. In altri termini possiamo anche definire questo concetto semplicemente come “piazze”. Di Maio e Salvini, ad esempio, sono gli unici due capi politici ad essersi recati fino a Lampedusa – appena quattromila elettori o poco più – e ad avere ascoltato cosa i lampedusani avevano da dire. Nel caso del Movimento, inoltre, c’è la sindrome di Frankenstein Junior: Si può fareeee! E questo accesso diretto, senza dover passare da circoli di partito chiusi e vuoti, da ruffiana attività di lingua sul fondoschiena di deputati e capipopolo, sta facendo mettere in gioco persone che con la politica – nella sua accezione unica negativa – non avrebbero mai voluto averci a che fare. Giovani che in ogni comune, piccolo o grande che sia, si sono rimboccati le maniche dopo essersi ritrovati sui social e sui meet-up – rendendo il web ed i social davvero utili – e hanno iniziato a darsi da fare per migliorare le cose. Come a Bagheria, dove campi sportivi nelle scuole e aree di attività sociale sono state create grazie ai fondi messi da parte da una giunta che per sei mesi ha versato le proprie indennità, stipendio del sindaco incluso.

Come si vincono le elezioni ormai è chiaro: non si vincono, le si fa vincere al popolo. Ed il popolo ha deciso. In Italia il popolo ha deciso che non ne può più di politici distanti, di Vip da salotto Tv che pensano solo a se stessi ed agli interessi ed alle beghe di partito, che altro non fanno se non battibeccare su correnti e leadership senza un piano, un programma chiaro con cui tirar fuori gli italiani da questo baratro. In Russia il popolo ha deciso che non vuol fare la fine degli ucraini o dei polacchi, che da liberi e salvati si ritroveranno adesso sommersi dai debiti e pieni di missili sotto il culo. In USA hanno deciso che di veder chiudere l’industria di Detroit per assistere al fiorente mercato cinese non ne avevano voglia, qualunque cosa dicessero i media. Adesso, mentre i “Botteri” post elettorali italiani cercano di riaversi dal colpo – ed è dura, dato che in Italia mai si erano visti così allineati tutti gli operatori del mainstream contro un’unica forza politica – preso sulla nuca con le elezioni del 4 marzo, il Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sta preparando il colpo ferale. E questa volta a casa, come da intenzione originale, ci andranno davvero in tanti. Non importa che al voto ci si andrà ad ottobre o nel 2023, il fendente mortale verrà inferto appena presa la presidenza della Camera dei deputati. Quel giorno, ormai prossimo, segnerà un punto di non ritorno per la politica italiana: salteranno i privilegi dei deputati e chiunque presieda il Senato sarà costretto – se non vuol vedere le stesse monetine dell’Hotel Raphael volare ancora – a fare lo stesso, senza bisogno di Disegni di Legge firmati Richetti ed arenati proprio in Senato. Da quel momento, manifestata la volontà di fare, i partiti ed i politici che hanno dominato la scena negli ultimi venticinque anni saranno costretti all’addio.

Di tutto questo sembra che i “formati” dalla politica – quelli che hanno competenze a differenza dei “grillini” da “scie chimiche” – oggi destinata a morire, proprio non se ne rendano conto. Credono addirittura di poter continuare ad imbastire frottole su frottole attraverso i programmi Tv. Si sentono infatti gli autori della miserabile legge elettorale – se non veri autori, almeno che gli hanno dato il nome – difendere a testa alta il frutto avvelenato che impedisce oggi una maggioranza netta. Addirittura gli si sente dire che la legge in questione era stata fatta anche perché – con la premessa di un “è giusto ricordarlo agli italiani” – il presidente della Repubblica pressava affinché la si facesse. Ma gli italiani, forse, e senza bisogno di ricordarglielo, sanno che la legge elettorale non c’era e bisognava farla obbligatoriamente. Magari non così di merda, ma bisognava farla perché un genio aveva pensato di farne una senza il Senato, “che tanto lo si doveva abolire”! Altri invece insistono col dire che il reddito di cittadinanza, misura di sostegno presente in tutti i Paesi civili di questo bel mondo occidentale, sia un incoraggiamento a non far nulla per stare a casa con le braccia incrociate. Fingendo quindi che la misura dovrà essere permanente e non limitata a tre mesi con opportune garanzie e subordinazioni. Il presupposto quindi, per questi signori della politica, è “io ci provo a dire ste cazzate, che magari qualche idiota davanti la Tv che ancora ci crede lo trovo!”. Sembra però che così, in realtà, non sia più. Chissà, forse gli ultrasettantenni da programmi Tv quale unica fonte-vangelo non sono più determinanti al voto e gli under quaranta – oltre che incazzati neri – hanno altre fonti di informazione e di riscontro in mano con il loro smartphone. Infatti, in USA ha vinto Trump malgrado tutta, ma proprio tutta, la stampa contro; in Russia ha vinto Putin per la quarta volta malgrado tutti i tentativi mondiali per destabilizzare Mosca; nel Regno Unito ha vinto la Brexit malgrado il mainstream contrario; in Catalogna ha vinto e rivinto l’indipendentismo malgrado gli arresti, le minacce e le botte fasciste agli elettori catalani; in Italia ha vinto il Movimento Cinque Stelle alla faccia di tutti quelli che hanno tentato di dare degli idioti ai “grillini” ed a chi li votava. Possibile che l’establishment mondiale non abbia proprio capito che quel metodo di condizionamento delle masse non funziona più o causa l’effetto contrario? Intanto, i “grillini” – provate a chiamarli ancora scemi o incapaci! – stanno entrando con una bella “presidenza di Troia” nella stanza dei bottoni. Mentre tutti pensano solo ed unicamente al Governo ed alle alleanze, la madre di tutte le prove di politica frutto di volontà popolare sta per essere messa in atto. Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque…

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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