Funerali silenziosi ed affari mondiali

Editoriale di Mauro Seminara

Il funerale di Daphne Caruana Galizia è stato celebrato ieri. La giornalista, o quel che ne è rimasto, ha attraversato nel suo feretro un corridoio di persone che applaudivano al suo coraggio ed al lavoro che ha svolto. Persone qualunque, non parenti e neanche membri delle istituzioni. Come “qualunque” è stato il suo funerale, celebrato venti giorni dopo la morte. Belle parole sono state spese nei giorni immediatamente successivi all’esplosione dell’auto di Daphne Caruana Galizia ed altre sicuramente nelle ore precedenti e successive alla sepoltura. Ovviamente, soltanto parole. In Italia siamo piuttosto abituati alla retorica in simili circostanze. Tale appare anche la ferma richiesta dell’Unione europea di trovare gli assassini della giornalista. Una richiesta a dir poco insolita che pone una domanda immediata e conseguente: altrimenti sarebbe normale che non si faccia nulla per assicurare questi assassini alla giustizia? Serve la volontà dell’Unione europea perché uno Stato inchiodi mandanti ed esecutori dell’omicidio di una giornalista saltata per aria con la sua auto imbottita di esplosivo? Forse. Se a pensar male a volte ci si azzecca, possiamo supporre perfino che il significato sia altro invece di una semplice quanto scontata esortazione alla ricerca della verità. Frans Timmermans, alla Commissione europea, ha ricevuto una lettera sottoscritta da molte testate giornalistiche europee che chiedono all’ufficio da questi presieduto di assumersi la responsabilità del monitoraggio e della garanzia delle indagini. Da parte del mondo giornalistico la presa di posizione è quantomeno legittima. L’attività investigativa però non pare avere prodotto molto in questi primi venti giorni. Piuttosto, sembra che un gran da fare si siano dati gli operatori delle attività anti-investigative con i primi slanci di depistaggio.
Una delle prime idee buttate giù a beneficio dell’opinione pubblica era stata l’associazione tra l’omicidio di Daphne Caruana Galizia ed altri omicidi consumati a Malta con metodi simili. Ma il concetto di similitudine non comprende altro che una esplosione di un’auto. Qualunque investigatore sa bene però che un’autobomba cambia enormemente in base al tipo di esplosivo utilizzato, alla quantità di esplosivo impiegato, al sistema di innesco ed a tanti altri fattori. Inoltre non si può accomunare l’omicidio di un delinquente con quello di una giornalista come non lo si può fare con un boss della mafia ed un giudice dello Stato. Se nel caso del delinquente, o del capo mafioso, basta la delibera di una commissione della organizzazione mafiosa locale, sia essa Cosa Nostra, la ‘Ndrangheta o la Sacra Corona Unita, nel caso del giudice o del giornalista sono sempre valutate condizioni differenti. Cinicamente definito, il primo caso viene classificato come “si ammazzano tra loro” ed il secondo è solitamente una dichiarazione di guerra allo Stato ed alla democrazia. L’omicidio di Daphne Caruana Galizia è stato un attacco alla democrazia, ma non solo a quella di Malta. L’isola-Stato conta quasi 450.000 abitanti e si trova a 80 chilometri dalla Sicilia, ma è appunto uno Stato, con le sue leggi e la sua autonomia. Se l’attività di una giornalista maltese viene silenziata con esplosivo di tipo plastico Semtex, cosi come ipotizzato in prima analisi investigativa, e la giornalista in questione è la stessa che seguiva il filone maltese dei Panama Papers che hanno svelato il giro d’affari mondiale ed i paradisi fiscali in cui gli affaristi conservavano il tesoro, la questione non può essere ridotta al solo palcoscenico di Malta ma riguarda quantomeno l’intero Mediterraneo.
Riguarda il Mediterraneo, ed anche oltre, l’uso dei porti maltesi concesso alla flotta navale della Russia che altrimenti avrebbe lasciato questo mare alla flotta inglese ed a quella statunitense perché relegati al solo porto militare russo della Crimea. Riguarda il Mediterraneo, ed anche oltre il Mare Nostrum, la pipeline che dovrebbe collegare Malta alla Sicilia per approvvigionare l’isola Stato di gas proveniente da Gela. Il progetto prevede quindi che Malta possa un giorno diventare la stazione di servizio del Mediterraneo per le navi che secondo i piani globali a medio-lungo termine dovrebbero sempre più vedere mercantili che navigano con propulsione a gas invece che a gasolio. Questo comporterebbe un conseguente inserimento della Sicilia in ruolo strategico per lo stoccaggio e la fornitura di gas nel Mediterraneo mentre è in corso la guerra mondiale alla fornitura di gas tra gli Stati Uniti e la Russia e mentre si combatte per il gasdotto che dovrebbe attraversare la Turchia ed arrivare a fornire gas russo nel Mediterraneo. Sempre di rilievo internazionale è l’uso dei porti maltesi per attività che spesso passano per le ultime pagine, e magari come notizie brevi, come il traffico di armi o quello di esplosivo. A maggio di quest’anno la Grecia ha fermato una nave maltese con a bordo dell’esplosivo. La nave era diretta in Sudan, nazione sotto embargo armi ed esplosivo per uso militare. Malgrado la documentazione giustificasse la consegna per uso civile minerario dell’esplosivo, l’equipaggio è stato trattenuto per mesi agli arresti e pare che sia ancora ai ferri. Poi ci sono tante altre attività nel Mediterraneo che legano Malta in un modo o nell’altro a Paesi che non sono certo lo specchio della libertà e della democrazia.
Tra i tanti affari venuti a galla c’è anche quello del traffico di gasolio libico stroncato dalla Procura di Catania. Un giro che in qualche modo coinvolge anche i clan di Cosa Nostra Santapaola ed Ercolano. I più potenti mandamenti mafiosi della Sicilia orientale. Ma guai a pensare che il maltese Darrn Debono, arrestato a Lampedusa, “compare” e sodale di quel Nicola Orazio Romeo indicato quale uomo vicino al clan Santapaola, possa seriamente avere un ruolo di peso nell’omicidio di Daphne Caruana Galizia. Darren Debono, ex calciatore professionista, investitore e titolare di un ristorante in area Vip, vicino ai palazzi della politica maltese, indicato quale co-ideatore del giro di gasolio rubato alla compagnia petrolifera nazionale libica e concluso con l’operazione Dirty Oil della Procura etnea, alla notizia dei primi arresti in Italia è fuggito come il più idiota dei criminali in preda ad un attacco di panico: è saltato a bordo di un gommone ed ha chiesto ai suoi scafisti di essere accompagnato in Libia. Debono non sapeva se era già pronto un mandato di arresto internazionale perché probabilmente non era così “importante” a Malta da avere simili soffiate, come purtroppo spesso accade in Italia. Quindi, non rendendosi conto che a Malta ancora per un po’ sarebbe stato al sicuro, ha tentato l’immediata fuga per la latitanza in Libia. Fuga terminata a causa delle condizioni meteo marine che non consentivano a quel tipo di piccola imbarcazione di raggiungere la Libia e li ha quindi costretti a ripararsi dal mare grosso proprio sul territorio dello Stato che lo voleva in manette: a Lampedusa. Pensare che Daphne Caruana Galizia possa essere stata uccisa, in quel modo, perché indagava sul traffico di gasolio libico organizzato da questo genere di malvivente appare un po’ forzato.
Anche l’accusa rivolta al premier maltese Joseph Muscat rischia di apparire forzata ed opportunistica da parte di chi per ragioni politiche la avalla. Tra le mire quotidiane della giornalista c’era anche il leader dell’opposizione e del partito nazionalista Adrian Delia. Forse molto più di quanto a Daphne Caruana Galizia interessasse il premier di cui si stava occupando con una inchiesta che portò quest’ultimo alle dimissioni e, successivamente però, a vincere nuovamente le elezioni. Secondo La giornalista e blogger, Delia non era davvero “nazionalista” e stava distruggendo il partito con questi ideali per una politica fin troppo europeista. Lo definiva in vari modi dal suo blog, ma mai con toni lusinghieri. Ogni giorno una invettiva o anche solo poche righe di sfottò all’indirizzo di Adrian Delia. In sintesi, Malta non è un’isoletta pacifica di 316 chilometri quadrati in cui i turisti vanno a fare il bagno di giorno ed a giocare al casinò di sera. La Repubblica di Malta è piuttosto una località strategica nel Mar Mediterraneo per enormi interessi internazionali. Interessi che valgono ben più di un giro di gasolio rubato da qualche decina di milioni di euro. Altrimenti sarebbe come pensare che Paolo Borsellino sia stato ucciso, tre mesi dopo il collega ed amico Giovanni Falcone, soltanto perché indagava su qualche mafioso siciliano. Ma in Italia ormai abbiamo compreso che la mafia, quella delle coppole e delle lupare, quella con “l’argilla tra i piedi”, altro non è che la manovalanza armata di altri e ben più fini pensatori. Il braccio armato di quelle “menti raffinate”, come disse Giovanni Falcone, che però sono sacrificabili a differenza dei veri alti mandanti. Quei mandanti di cui purtroppo non avremo mai i nomi. John Fitzgerald Kennedy fu assassinato il 22 novembre del 1963 a Dallas. Giorni addietro, l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America avrebbe dovuto desecretare tutta la documentazione relativa all’omicidio cosi come aveva annunciato ed assicurato agli americani. Il risultato però è stato una farsa in cui sono stati desecretati moltissimi documenti, ma sono stati mantenute sotto Segreto di Stato centinaia di pagine che se rivelate avrebbero attentato alla stabilità ed alla “democrazia” degli Stati Uniti. Quindi nessun vero segreto sull’omicidio del presidente degli Stati Uniti d’America John Fitzgerald Kennedy è stato realmente rivelato. Stessa scena già vista con la trionfale desecretazione annunciata dall’allora presidente del Consiglio dei ministri sul caso del Dc-9 Itavia precipitato al largo di Ustica nel 1980: desecretato ciò che la magistratura aveva già scoperto in venti e passa anni e Segreto di Stato persistente su alcuni documenti troppo delicati perché ne entri in possesso l’opinione pubblica. Ma potremmo citare anche la strage di Portella della Ginestra del primo maggio del 1947, Capaci e Via D’Amelio nel 1992 e l’omicidio di Emanuele Piazza del 1990 oppure quello di Gaspare Pisciotta nel 1954, la morte di Papa Luciani e quella di Salvatore Giuliano, oppure ancora la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro nel 1970 e su cui non è mai stato trovato un indizio, un movente e neppure il corpo. La storia è sempre la stessa e nessun riferimento o allusione è puramente casuale, anzi. A buon intenditore…

1 Trackback / Pingback

  1. Accordi con la Libia, respingimenti e detenzione amministrativa. Adesso è tempo di bilanci. – Associazione Diritti e Frontiere – ADIF

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*