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Sanità Pubblica in mano alla ‘ndrangheta, ambulanze senza freni e ossigeno scaduto

Con buona probabilità, il peggior nemico della ‘ndrangheta, la più potente mafia del territorio nazionale, è il procuratore capo della Procura della Repubblica di Catanzaro. Si chiama Nicola Gratteri, è calabrese, e dopo Reggio Calabria adesso dirige una Procura della Repubblica calabrese, quella di Catanzaro, dalla quale sta continuando a sferrare colpo su colpo alle ‘ndrine che sull’impervio territorio della punta dello stivale hanno adesso vita dura dopo decenni di incontrastato dominio. L’ultima operazione messa a segno dalla Procura di Catanzaro vede Gratteri coadiuvato dai soliti nomi, o acronimi, con cui ha colpito regolarmente gli interessi malavitosi sul territorio calabrese ed anche all’estero. Al fianco del procuratore capo ci sono il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, i sostituti procuratori Elio Romano e Vito Valerio, la Guardia di Finanza in generale, con il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro, e lo SCICO, Servizio Centrale di Investigazione Criminalità Organizzata, di Roma nello specifico operativo. Il pull in questione ha duramente colpito gli interessi delle ‘ndrine ed il loro giro d’affari su quella galassia di servizi da sempre carenti in Calabria nel settore della salute pubblica. La cosca finita tra le maglie delle indagini coordinate dalla Procura retta da Gratteri, in questo caso, è quella potente e confederata degli Iannizzo-Cannizzaro-Daponte e quella dei Putrino.

Oggi sono state eseguite 24 ordinanze di custodia cautelare a carico di altrettanti soggetti risultati coinvolti in un giro malavitoso che operava con metodo mafioso in danno alla pubblica amministrazione. Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura diretta da Nicola Gratteri, ha riconosciuto valide le ragioni della parte inquirente firmando 12 ordini di custodia cautelare in carcere ed altrettante agli arresti domiciliari. Oltre alle manette, il GIP del Tribunale di Catanzaro ha firmato l’ordine di sequestro di beni per un valore di oltre 10 milioni di euro. Il colpo è stato assestato alle ‘ndrine ed agli interessi di queste nel territorio di Lamezia Terme, cittadina della provincia di Catanzaro. Interessi che incrociavano e si sovrapponevano nell’ambito della Pubblica Amministrazione e seguiti dagli inquirenti con due diversi filoni di indagine. Il primo filone investigativo ha seguito le tracce, gli affari ed i crimini delle famiglie ‘ndranghetiste dei Iannizzo, dei Cannizzaro e dei Ponte, consorziatesi per un accordo di forza e controllo del territorio, e quella dei Putrino, ed ha portato all’arresto di 19 persone per reati contestati a vario titolo di associazione mafiosa e reati contro la Pubblica Amministrazione. Il secondo e parallelo filone investigativo riguardava invece la gestione del “servizio autoambulanze occasionale e su chiamata” e coinvolge l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro.

La vicenda si colloca in concomitanza con l’emissione dell’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Catanzaro nei confronti del “Gruppo Putrino” e la successiva assegnazione in estrema urgenza del servizio al “Gruppo Rocca”. Nel novembre del 2017, a seguito del provvedimento interdittivo nei confronti della “Croce Rosa Putrino”, il servizio di ambulanze dell’ASP di Catanzaro veniva infatti affidato con procedura di “estrema urgenza” – senza bando di gara – ad un’Associazione Temporanea di Scopo con capofila la “Croce Bianca Lamezia”. Un’associazione, di fatto, del “Gruppo Rocca” per il tramite di Tommaso Antonio Strangis. Il filone investigativo condotto dal GICO del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro ha quindi ricostruito e disarticolato due sottogruppi di ‘ndrangheta riconducibili alla cosca Iannizzo-Cannizzaro-Daponte. Condotte criminali sono state quindi individuate in relazione a due gruppi imprenditoriali ‘ndranghetistici che operavano avvalendosi anche del potere intimidatorio che l’appartenenza all’associazione mafiosa gli consentiva. Queste hanno così realizzato, nel corso degli anni, un sistema di monopolio dei servizi nei settori dei servizi ambulanze, delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario, del trasporto sangue ed altro ancora, con profitti decisamente corposi.

Giuseppe Pugliese (a sinistra) e Giuseppe Galati

Uno dei gruppi in questione, quello dei Putrino, sin dal 2009, è riuscito ad acquisire il dominio del settore aggiudicandosi la gara di appalto relativa alla gestione del servizio sostitutivo delle ambulanze del 118 bandita dall’ASP di Catanzaro. Sempre il gruppo Putrino, dal 2010 al 2017 ha operato il servizio affidato nel 2009 grazie a plurime e reiterate ed illegittime proroghe. Oltre che in assenza di gara formale, in certi casi addirittura con tacite proroghe. Tutto avveniva grazie ai privilegi di cui il gruppo imprenditoriale ‘ndranghetistico Putrino godeva grazie ai rapporti con figure apicali dell’ASP di Catanzaro al tempo dell’affidamento dei servizi e delle relative proroghe. Tra questi, spiccava il nome del dottor Giuseppe Perri, già commissario straordinario e poi direttore generale fino all’agosto di quest’anno, e quello del dottor Giuseppe Pugliese, dirigente che aveva ricoperto l’incarico di responsabile SUEM 118. Ad entrambi i dirigenti vengono contestati episodi plurimi di abuso d’ufficio. Analoghe condotte, con l’aggravante della finalità mafiosa, vengono contestate anche a due esponenti storici della politica di Lamezia Terme: Giuseppe Galati e Luigi Muraca. Il primo è stato più volte eletto in Parlamento ed ha ricoperto anche incarichi di assoluto rilievo nel corso di tre diverse compagini di Governo delle passate legislature. Il secondo, Muraca, è stato consigliere comunale a Lamezia Terme quando il Consiglio comunale venne sciolto per infiltrazioni mafiose. I due esponenti del panorama politico hanno rappresentato l’anello di congiunzione tra il contesto mafioso della ‘ndrangheta e i vertici della dirigenza ASP coinvolti.

Pietro Putrino

Le indagini hanno trovato anche riscontri nelle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia ritenuti affidabili, ed hanno consentito di tracciare i contorni di una situazione di assoluto allarme sociale presso il nosocomio di Lamezia Terme. Nello specifico, all’interno del reparto di Pronto Soccorso, gli uomini dei gruppi Putrino e Rocca hanno imposto il dominio totale degli ambienti, occupando manu militari gli spazi, e sottomettendo il personale medico e paramedico. I dipendenti dei due gruppi imprenditoriali ‘ndranghetisti disponevano addirittura delle chiavi di alcuni reparti dell’ospedale, dell’accesso ai computer dell’ASP con i dati sensibili dei degenti ed avevano accesso al deposito farmaci dedicato alle urgenze del Pronto Soccorso. Le indagini hanno inoltre dimostrato che la dirigenza sanitaria dell’ASP era a conoscenza della situazione di controllo e dominio degli uomini dei gruppi Putrino e Rocca all’interno dei locali. Le indagini hanno pertanto condotto alla misura cautelare nei confronti di 19 persone per, a vario titolo, contestati reati di associazione di stampo mafioso, delitti contro la Pubblica Amministrazione, l’industria ed il commercio, anche in forma aggravata. Sul fronte della cautela reale la Procura ha quindi inteso procedere con il sequestro preventivo, ai sensi della normativa antimafia e della responsabilità “parapenale” delle società e degli enti dell’intero complesso – sei società e/o enti – riconducibile alle due “sotto ‘ndrine”, per un valore complessivo pari ad oltre 10 milioni di euro. Tra i beni posti a sequestro preventivo su ordinanza del GIP del Tribunale di Catanzaro spiccano le società operanti nel servizio sostitutivo delle ambulanze pubbliche e nel servizio delle onoranze funebri, incluse due “case funerarie”.

I servizi offerti non erano soltanto ottenuti in modo illecito ma risultavano anche inadeguati con gravi inottemperanze. Allarmanti, secondo la Procura di Catanzaro, erano infatti le carenze tecniche ed organizzative dell’ATS che svolgeva il servizio con ambulanze non adeguate dal punto di vista meccanico – freni e luci non funzionanti, problemi al cambio ed alla frizione e soprattutto prive di revisione – e prive delle adeguate dotazioni elettromedicali. A bordo, ad esempio, non era presente una termoculla per il trasporto dei neonati, l’ossigeno era scaduto ed in certi casi mancava del tutto. Le ambulanze, se non bastasse la dotazione tecnica, vedevano impiegato a bordo personale non qualificato e non provvisto delle dovute abilitazioni professionali. Gli occhi chiusi sul servizio offerto all’ASP derivavano dagli accordi corruttivi che le organizzazioni criminali ‘ndranghetiste avevano concluso con tre dirigenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale: Eliseo Ciccone, Giuseppe Luca Pagnotta e Francesco Serapide. Grazie a loro, l’associazione aveva ottenuto le certificazioni di qualità richieste per l’affidamento del servizio ambulanze. Le verifiche condotte erano infatti soltanto mere verifiche di documenti e non venivano condotte alcune operazioni di riscontro sullo stato dei mezzi, sulle dotazioni medicali e sulle strutture aziendali. In questo contesto investigativo la Procura è giunta ad ottenere l’arresto di Antonio Tommaso Strangis, di Italo Colombo – quest’ultimo amministratore di fatto dell’ATS – e di Eliseo Ciccone, Giuseppe Luca Pagnotta e di Francesco Serapide.

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