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Migrazioni, altri 5 morti. Un solo evento sgretola tutta la politica italo-libica – FOTO

Una donna a terra a Lampedusa dopo lo sbarco il 22 ottobre 2020 piange per la tragedia occorsa a sud dell'isola

di Mauro Seminara

Questa mattina a Lampedusa è entrato in porto un peschereccio della marineria di Mazzara del Vallo con 14 profughi libici a bordo. Tutti di nazionalità libica ad eccezione di un marocchino. Sono 10 uomini, 2 donne e 2 bambini. Le donne piangono, i bambini sono sconvolti. Dietro il peschereccio, il “N.vo Cosimo”, un piccolo motoscafo in resina, fatiscente, con un metro di poppa – dei sei di lunghezza totale – sommerso dall’acqua ed i due motori fuoribordo prossimi alla completa immersione. Al gruppo di persone migranti in fuga dalla Libia, di nazionalità libica, mancano cinque persone. Queste sono il motivo del pianto e dello choc. Sono ufficialmente dispersi in mare due uomini, due donne ed un bambino. Ancora poco chiare la dinamica della tragedia ed anche quella del soccorso. Attendiamo chiarimenti, già richiesti alla Guardia Costiera, sull’evento che ha ancora una volta aumentato il numero delle vittime della migrazione obbligata e suicida verso l’Europa dei porti chiusi e dei visti negati anche per chi è costretto a lasciare la propria patria – la Libia – dilaniata dalla guerra.

Alle 11:30 il motopesca “N.vo Cosimo” ha ormeggiato al porto commerciale di Lampedusa accompagnato da una motovedetta della Guardia Costiera, ma i superstiti del naufragio erano sul peschereccio ed anche il piccolo motoscafo semi affondato era trainato dai pescatori. La motovedetta che li ha accompagnati era la terza di tre che hanno lasciato gli ormeggi questa mattina. Il soccorso operato dal “N.vo Cosimo” parrebbe essere collegato alle ricerche incessanti che una nave mercantile diretta a Trapani, la “Contship Fun”, bandiera della Liberia, ha condotto e continua a condurre a trenta miglia sud del porto di Lampedusa, in acque internazionali di competenza e responsabilità maltese ma a meno di sessanta chilometri dall’isola pelagica italiana. A notare subito questa mattina la presumibile attività di ricerca del cargo liberiano, ma anche e soprattutto la sovrapposizione di orbite di un elicottero dell’Armed Force Malta che rastrellava la stessa area in cui girava la “Contship Fun” (vedi grafica sotto), è stato il cronista di Radio Radicale Sergio Scandura rendendo pubblica la circostanza con un tweet corredato di tracciati.

Alle ricerche si è unito, in un secondo momento nel corso di questa mattina, anche un altro peschereccio italiano, il “Natalino”. Dei cinque corpi non si sa ancora nulla, ma in area le onde questa mattina erano di un metro di altezza e frequenza intensa. Il caso smonta tutti i teoremi e la propaganda internazionale sulla Libia e sui migranti in un solo colpo. Cade, ancora di più, la farsa del “Libia Paese sicuro” con libici che ne fuggono rischiando la vita in 19 a bordo di un vecchio motoscafo. Cade la sicurezza della area SAR che, come da recenti inchieste è stato dimostrato, l’Italia ha fortemente voluto che venisse affidata alla Libia. Cade la capacità italiana di formare la “guardia costiera libica” cui ha anche donato motovedette adesso – vedi l’articolo di ieri di Repubblica dal titolo “La Turchia prende il controllo della Guardia costiera libica” – fuori controllo e comunque incapaci di coordinamento e professionalità. Cade anche il mito dell’Italia che soccorre chi è in difficoltà. Infine emerge anche un altro aspetto inquietante che riguarda – oltre l’ormai rinomato silenzio stampa dei Corpi dello Stato (come la Guardia Costiera) su eventi di natura migratoria – il silenzio pubblico dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne europee. Frontex infatti non rende pubblico l’operato dei propri velivoli da ricognizione.

L’omissione di pubblicazione degli avvistamenti di migranti nel Mediterraneo centrale da parte di Frontex pone una sorta di “segreto di Unione europea” sulle eventuali omissioni di soccorso e quindi sugli omicidi colposi plurimi che continuano a consumarsi tra la Libia e l’Italia. Non è dato sapere se questi ultimi cinque dispersi potevano essere salvati con un intervento di soccorso ad imbarcazione precaria e sovraffollata, quindi in pericolo. Ormai sembra essere una prassi consolidata quella della Guardia Costiera italiana confinata entro le dodici miglia da Lampedusa, distanza di confine territoriale che coincide con il limite SAR di competenza e la totale negligenza maltese per la SAR zone di propria responsabilità. Prassi romana pare anche il non intervento delle motovedette italiane in SAR maltese salvo richiesta formale di ausilio da parte di La Valletta a Roma per le motovedette italiane. Inconfutabile l’incapacità libica di costituire una vera guardia costiera e, come dimostrato anche recentemente dal New York Times con l’inchiesta sui traffici di militari della Marina Militare italiana nel porto di Tripoli, anche la sala operativa non era proprio libica né all’altezza di un affidamento SAR zone così ampia da parte dell’agenzia IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) delle Nazioni Unite.

Mentre a Roma il ministro degli interni italiano Luciana Lamorgese ed il collega libico Fathi Bashaga concordavano la comunicazione sulla comunione di intenti italo-libica di combattere la rete di trafficanti, nel Mediterraneo centrale continuava a manifestarsi forte l’esigenza di un cambio di rotta che rimetta in primo piano il dovere morale di non lasciar morire persone in mare. Proprio ieri l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) annunciava di un naufragio a nord della città libica di Sabratha in cui pescatori hanno salvato e sbarcato in Libia cinque superstiti mentre altre 15 persone risultano disperse. L’intervento dei pescatori in soccorso dei sopravvissuti avveniva lo stesso giorno della visita al Viminale del ministro degli Interni libico Fathi Bashaga. L’intera politica europea, non soltanto quella italiana, sul “fenomeno migratorio” attraverso il Mediterraneo centrale si basa su tre false affermazioni: la Libia è un Paese sicuro e quindi i suoi porti sono “porti sicuri” in cui sbarcare migranti senza sapere se sono profughi e di quale nazionalità; la Libia è in grado di gestire una delle aree SAR più vaste del Mediterraneo; l’Italia è partner della Libia per la lotta al traffico di esseri umani i cui risultati non sono mai arrivati in oltre dieci anni di Trattato di amicizia italo-libico.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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