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Italia chiude porti e Malta dirotta i migranti, la civiltà 2.0

(Foto d'archivio)

di Mauro Seminara

Scomparsi i migranti della barca fantasma a sud di Lampedusa. Si trovavano a bordo di un peschereccio invisibile al sistema AIS (sistema di identificazione automatica) che la notte tra sabato e domenica scorsi li aveva soccorsi a meno di 30 miglia nautiche sud dell’isola pelagica italiana. Il peschereccio intervenuto, di cui non si conosce ufficialmente il nome, pare essere uno di quelli della flotta fantasma maltese che – come il “Dar Al Salam 1” del respingimento a Tripoli di Pasquetta – opera in “modalità invisibile” ed in opaca osservanza del diritto internazionale. Il peschereccio fantasma, dalle frammentarie ricostruzioni, pare avere soccorso la barca con circa 50 persone che aveva chiesto soccorso mediante Alarm Phone. Anche questo aspetto ha contorni assai incerti dato che secondo la stampa maltese avrebbe a bordo circa 70 persone. L’unica certezza, che ha confermato la presenza della barca a sud di Lampedusa, è l’evacuazione medica urgente di una donna in gravidanza e del marito, ad opera della Guardia Costiera, verso l’isola di Lampedusa da cui è partito l’elisoccorso verso Palermo con la gestante mentre al marito è toccato l’imbarco sulla nave Moby Zazà per la quarantena.

Il peschereccio fantasma c’è, ma anche se si trova in fascia di contiguità (entro le dodici miglia dalle acque territoriali) a pare abbia caratteristiche da obbligo dell’AIS, non è visibile a nessun sistema di rilevamento come le piattaforme Marine Traffic e Vessel Finder. Dopo il soccorso, avvenuto in area SAR maltese, la barca fantasma arruolata dal Governo di Malta e coordinata dal JRCC di La Valletta (la centrale di coordinamento soccorso marittimo maltese) – oppure la sala operativa di coordinamento per suo conto – ha chiesto all’Italia il place of safety (il luogo sicuro più vicino per lo sbarco dei naufraghi). I porti chiusi italiani del decreto firmato il 7 aprile da quattro ministeri italiani è stato rivendicato per negare la concessione al soccorritore che distava meno di 30 miglia da Lampedusa ed oltre 130 miglia da La Valletta. Tra porti chiusi italiani e porti chiusi maltesi, tra SAR maltese e place of safety più vicino italiano, la barca fantasma di Malta è rimasta al largo fino al trasbordo per MedEvac (evacuazione medica urgente) e successiva burrasca con mare forza 7 e vento oltre i 30 nodi (circa 50 Km/h). Dalla notte del trasbordo, con successiva partenza della nave Moby Zazà sulla quale era stato imbarcato il compagno della donna in gravidanza, del peschereccio non si è più saputo nulla.

Gli eventi, dal soccorso ai naufraghi – che sarebbero morti a causa della burrasca in arrivo – all’evacuazione verso Lampedusa della donna e del marito, si sono svolti tra sabato e domenica e con la partenza della nave da quarantena che ha lasciato l’isola pelagica – per essere teatro questa notte di un tragico evento – si è chiusa la finestra da cui si è potuto sapere dell’esistenza del peschereccio fantasma. La notte tra domenica e lunedì è trascorsa con condizioni meteo marine allarmanti a sud di Lampedusa e nessuna autorizzazione pare essere stata concessa per “riparare” sotto costa, in acque territoriali. Nel frattempo però erano al sicuro, a meno di un miglio dalla costa sud di Lampedusa, due tonnare tunisine autorizzate a sostare in prossimità dell’area marina protetta dell’isola per le avverse condizioni meteo. Trascorsi ormai quattro giorni, del peschereccio maltese con cinquanta o settanta naufraghi a bordo non si sa più nulla. Secondo il cruscotto statistico del Viminale non sono sbarcati in Italia, come il cargo Marina in precedente analoga situazione, almeno fino a tutta la giornata di ieri. Nessuna traccia di sbarco a Malta, stando al silenzio della stampa locale. Nessuna notizia di respingimento in Libia da notizie ufficiali UNHCR e OIM sul territorio. Della barca fantasma e dei suoi 50 o 70 naufraghi non si sa più nulla.

A distanza di tempo invece si è riusciti finalmente a sapere qualcosa di un’altra imbarcazione carica di migranti. Si tratta delle 101 persone che con un gommone erano riuscite ad approdare in autonomia a Pozzallo nel fine settimana di Pasqua. A ricostruire la vicenda sono due testate – Avvenire e The Guardian – sulla base di documenti forniti da Alarm Phone, che a sua volta è riuscita ad ottenerli dalle persone che si trovavano a bordo del lungo e stracarico gommone approdato a Pozzallo, in Sicilia. Il Quotidiano italiano Avvenire, con un articolo a firma di Nello Scavo, ricostruisce per l’Italia quanto accaduto l’11 aprile ad uno dei quattro natanti carichi di migranti che i velivoli dell’assetto europeo Frontex avevano avvistato circa 48 ore prima. Le immagini, raccolte da Alarm Phone (In basso un video diffuso dalla centrale d’allarme civile) – catturate dai migranti a bordo durante l’evento – e pubblicate in anteprima con una ricostruzione di Avvenire, mostrano un intervento maltese in acque territoriali di Malta e molto altro. Oltre ad intervenire senza soccorrere, a brevissima distanza dalla costa, ai migranti sarebbe stato anche sostituito il motore che era andato in avaria. Al posto di un “Parsun Power” (motore di fabbricazione cinese) da 60 cavalli non più funzionante, sul gommone è stato montato un Yamaha 40 CV fornito dai maltesi che hanno poi reindirizzato il GPS così da far arrivare i migranti in Italia. Ed in effetti, i migranti sono poi approdati a Pozzallo, giusto a nord di Malta.

Gli Stati a sud dell’Unione europea quindi adesso sembrano operare come organizzazioni private oltre i limiti delle leggi dello Stato e delle convenzioni internazionali. Tutto, ovviamente, avvolto dal silenzio istituzionale cui siamo ormai tristemente abituati. Dalla detenzione a bordo delle Captain Morgan al largo di Malta, ormai oltre venti giorni trascorsi per i migranti bloccati sulla Europa II, alle operazioni di respingimento con barche fantasma, passando per dinieghi di porti sicuri anche in vista di una pericolosa burrasca e di omissioni di soccorso delle imbarcazioni in pericolo se a bordo vi sono persone migranti, tutto è ormai una palude per il diritto internazionale ed un ormai noto “buco nero” che avvolge le persone facendole sparire come fossero nel famigerato Triangolo delle Bermude. Complici di queste politiche una Unione europea che gioca sulla discrezionale valutazione delle proprie convenzioni e l’area di mare in acque internazionali che spesso preclude alle Procure nazionali di poter intervenire d’ufficio.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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