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Da “L’Abisso” all’abisso in pochi giorni

di Mauro Seminara

Oggi le campane della Chiesa madre di Lampedusa hanno “suonato a morto”. Per l’isola è di nuovo lutto che viene dal mare. Il meteo sembra accompagnare la drammatica giornata con nuvole nere e pioggia. Le stesse condizioni meteo che rendono impossibile il ritrovamento di dispersi ancora in vita, segnano l’umore di un giorno nefasto che per periodo e distanza dall’isola ricorda quello di quel terribile 3 ottobre del 2013. Pochi giorni fa, in occasione dell’anniversario della tragedia, a Lampedusa è stata collocata una scultura memoriale con – finalmente – i nomi di tutte le vittime di quel naufragio. Un naufragio che si consumò a poche centinaia di metri dalla salvezza. Come questa notte, con questi nuovo nomi sconosciuti a cui dover restituire una identità; almeno post mortem. Erano migranti che avevano quasi raggiunto Lampedusa, le sue acque territoriali, quando la barca si è capovolta uccidendo circa 30 di loro. Un bilancio che gela il sangue nelle vene con 13 corpi di donne recuperati ed 8 bambini tra i dispersi. Il frutto della politica europea ed italiana sui flussi migratori.

Sabato 5 ottobre, due giorni dopo la commemorazione dello storico naufragio e due giorni prima di questa nuova prevenibile tragedia, al Santuario della Madonna di Porto Salvo era andato in scena Davide Enia con il suo “L’Abisso”

. La rappresentazione teatrale dello scrittore ed attore palermitano, monologo estratto dal suo romanzo “Appunti per un naufragio“, è stata messa in scena nel santuario del “Porto sicuro” che da sempre è Lampedusa. La dove risiede l’effige della Madonna a cui si raccomandano tutti i credenti che vanno per mare a queste latitudini. L’Abisso è stato portato a Lampedusa grazie alla campagna “La giusta rotta”, promossa da Open Arms Italia, Mediterranean Hope e Sea Watch. Nel corso del monologo magistralmente interpretato dallo stesso autore, tra il pubblico seduto sul viale del Santuario, le lacrime sono state testimonianza di empatia con il dolore che Davide Enia ha saputo rappresentare. Emozioni vive già nell’atto in cui l’artista racconta con parole ritmate come musica, come la frequenza dello sbattere di onde del Mediterraneo su una piccola barca, un naufragio che uccide le vittime e indebolisce la forza dei soccorritori. Uomini, in uniforme o in muta da sub, ma pur sempre uomini chiamati a strappare dal mare uomini, donne e bambini. E non sempre riescono a salvare tutti. Come questa notte, quando proprio i bambini – otto, secondo i superstiti – sono stati subito risucchiati dal Mediterraneo narrato in L’Abisso.

Lampedusa si era fermata per la commemorazione del 3 ottobre. Una giornata di silenzio per ricordare il lutto. Prima e dopo, sull’isola, era stato il tripudio di finale di stagione con eventi messi in fila. Il Festival di Lampedusa, con i suoi incontri, musica e le proiezioni di documentari sul tema per riflettere sul tema che da sempre si lega in modo indissolubile a Lampedusa: i flussi migratori. Poi le giornate del “Comitato 3 ottobre” con altre proiezioni, musica ed incontri formativi a precedere l’anniversario della strage. E tutto intorno anche concerti ed altre manifestazioni che seguivano i festeggiamenti per la Madonna di Porto Salvo – 22 settembre – e quelli per la Stella del Mare con la riemersione dopo 40 anni della Madonna con Bambino posta sul fondale di Lampedusa ed il concerto di Claudio Baglioni. Sembrava tutto perfetto per l’isola che si buttava alle spalle le ipocrite presenze istituzionali del 3 ottobre – la politica italiana non è più incline a ricordare con la presenza di alte cariche dello Stato il fatto che a sud di Lampedusa si muore in assenza di soccorsi – e ricominciava a prendere forma una propria identità culturale. Come per il memoriale con i nomi delle vittime, frutto della volontà e della perseveranza di Vito Fiorino, uno dei soccorritori di quella terribile notte. Questa notte però è stata squarciata quella quiete apparente e le parole di L’Abisso di Davide Enia sono tornate in mare, davanti il porto di Lampedusa, per rivivere ancora una volta nella realtà e nell’impotenza dei soccorritori giunti troppo tardi per salvare più delle 22 persone portate vive a terra. Dalla visita pastorale di Papa Francesco dell’8 luglio 2013 alla rappresentazione di L’Abisso al Santuario della Madonna di Porto Salvo, il messaggio e l’auspicio sono sempre gli stessi: che non si ripeta. Una preghiera inascoltata che oggi non starà sul tavolo di Lussemburgo dove i ministri europei decideranno se ratificare il recente nuovo accordo di Malta.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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