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Vertice euro-arabo conferma complicità negli abusi in Libia e nell’abbandono in mare

di Fulvio Vassallo Paleologo

Non bastano i report e le testimonianze sugli abusi subiti dai migranti intercettai in acque internazionali dalla sedicente Guardia costiera “libica” e riportati nei lager dai quali erano fuggiti. Sempre più tragica, in particolare, la situazione dei somali e degli eritrei internati nei centri di detenzione controllati dalle milizie, senza alcuna distinzione possibile tra centri governativi e centri “informali”. Ovunque spadroneggiano i mercanti di esseri umani, che nessuna indagine penale sembra fermare. Eppure i ministri del governo Serraj cercano di accreditare l’immagine di un paese sicuro, e il governo italiano riceve a Roma il ministro dell’interno (di Tripoli) per concordare ulteriori intese rivolte a bloccare i migranti in Libia o a favorirne le deportazioni verso i paesi dai quali sono fuggiti.

Il ministro Salvini sforna il suo ennesimo “piano anti-migranti”. Nessuna soluzione per le migliaia di persone, donne e bambini compresi, trattate come merce dalle milizie libiche, che non rispettano i diritti umani ma sono utili alleate nella campagna propagandistica in vista delle elezioni europee. Anche in Libia tutti parlano di elezioni, nei piani delle Nazioni Unite da anni, ma intanto il generale Haftar sta rafforzando le sue posizioni a sud di Tripoli e presto potrebbe stringere in una morsa anche la capitale, senza avere alcuna intenzione di cedere il comando del suo esercito ad autorità civili.

Non interessano i documenti di Amnesty International che confermano le gravi violazioni dei diritti umani in Egitto ed in altri paesi dell’Africa del nord. Non bastano neppure le conferme della corruzione delle polizie dei paesi di origine o di transito con i quali gli stati europei, e la stessa Unione Europea, non esitano a concludere accordi bilaterali per contrastare quella che definiscono soltanto come “immigrazione illegale”. Interessi economici e calcoli elettorali schiacciano i diritti umani e li rimettono alla discrezionalità della politica. In nome degli interessi nazionali si strappano le Convenzioni internazionali, ed i rapporti tra gli stati diventano un campo nel quale si esercitano ricatti basati sulla forza militare ed economica. Tutto quello che si vorrebbe nascondere dietro la campagna del fango intentata contro le ONG e chiunque si ostini ad operare soccorsi umanitari, in mare, ed anche in terra.

Secondo un recente rapporto dell’Onu, le accuse di Di Maio contro le Ong, definite “taxi del mare” e quelle di Salvini, che ha definito gli operatori umanitari dei “vicecontrabbandieri, hanno contribuito a creare un clima di odio contro i migranti. “Questo racconto è stato amplificato dai media ostili diffondendo rapporti falsi e accusando le Ong di aiutare e favorire i contrabbandieri e i trafficanti”, prosegue ancora il report.

E qualcuno, come il ministro Toninelli, ancora si vanta di essere stato il primo ad attaccare le operazioni di soccorso in acque internazionali, come se le ONG non fossero mai state coordinate dal Comando centrale della Guardia costiera, con il monitoraggio costante delle loro operazioni da parte della Marina Militare e dei mezzi coinvolti nelle operazioni Triton di Frontex e Sophia di Eunavfor Med, che hanno pure concorso a sbarcare i naufraghi in un porto sicuro in Italia. Tutto serve, anche la negazione del reale, per raccattare voti e cercare di risalire nei consensi elettorali. Ma la posizione dell’Italia sul dossier Libia, come su altri scenari globali, è sempre più isolata, come è confermato anche dai più recenti incontri internazionali.

Il vertice euro-arabo di Sharm Al Sheikh ha confermato la politica europea di esternalizzazione delle attività di controllo delle frontiere, senza che ci sia stato alcun riguardo per le ragioni delle popolazioni e dei migranti oppressi dai regimi e dai governi che sono finanziati dagli stati europei all’esclusivo fine di impedire le partenze dei migranti verso l’Europa. La cooperazione internazionale tanto evocata nei documenti internazionali rimane priva di risorse adeguate e di qualsiasi controllo sulla effettiva destinazione dei finanziamenti quando questi arrivano nei paesi terzi. La questione ambientale costituisce soltanto un paravento per nascondere la sostanza degli accordi, centrati sulla divisione delle risorse energetiche tra i paesi più forti, e sulla ghettizzazione delle popolazioni più deboli, condannate ad un destino di fame e di morte.

Il vertice ha segnato il fallimento definitivo del Processo di Khartoum, avviato dal governo italiano nel 2014, con l’avallo del Consiglio Europeo e della Commisssione del 12 maggio 2015, e quindi del Piano di azione Juncker. L’Agenda europea sulle migrazioni si è rivelata fallimentare, ma i rapporti con i paesi terzi sono sempre più intensi. Anche con quelli che non rispettano i diritti umani. Forse qualcuno si è finalmente accorto che il dittatore sudanese Bashir, sotto accusa da parte della Corte Penale internazionale, non era proprio un partner affidabile, al punto che a Sharm Al Sheikh gli è stata interdetta la partecipazione. Chi scrive di cronaca del Sudan viene minacciato, ma anche questo sembra trascurabile, nell’indifferenza generale. In Italia ancora si ritiene necessario ed opportuno collaborare con la polizia sudanese, quella stessa polizia che ancora in questi giorni sta massacrando l’opposizione che manifesta in piazza a Khartoum.

I trafficanti che gestiscono il traffico dei migranti attraverso la Libia sono noti da tempo anche per la denuncia dei loro nomi da parte delle Nazioni Unite, ma nessuna delle diverse autorità libiche sembra riuscire nel compito di fermarli, e già questa è una ragione per la quale tutti coloro che fuggono da quel paese non devono essere riportati indietro, ma dovrebbero essere sbarcati in un porto sicuro in Europa. E invece si continua a concludere accordi con stati, come la Libia e l’Egitto, nei quali i diritti umani non vengono riconosciuti. E a chi fugge si riserva la definizione di “clandestino”, mentre avrebbe diritto di chiedere protezione internazionale una volta arrivato alla frontiera in un qualsiasi paese dell’area Schengen. La Convenzione di Ginevra vieta di penalizzare l’ingresso irregolare di chi chiede asilo, e non ci sono canali legali e sicuri di evacuazione per chi rimane intrappolato in Libia.

Il nuovo multilateralismo, rilanciato sotto l’egida del dittatore egiziano Al Sisi, non garantisce i diritti dei popoli ma i privilegi dei grandi gruppi economici. Che anche i dittatori possono assicurare. E infatti la questione centrale degli incontri si è centrata sullo sfruttamento delle grandi risorse energetiche del Mediterraneo orientale, con una attenzione estesa anche alla spartizione della Libia, dove le forze del generale Haftar, sostenute dagli egiziani, dai russi, e sottobanco dai francesi, avanzano ogni giorno sottraendo territorio ( e pozzi petroliferi) al traballante governo Serraj a Tripoli, sponsorizzato dall’Italia e da alcuni paesi europei soltanto per spartirsi risorse economiche e ottenere un maggiore impegno nel contrasto dell’immigrazione. Una politica che era stata anticipata dal precedente governo italiano, che adesso con il maggiore isolamento internazionale dell’Italia appare condannata ad un totale fallimento.

La Conferenza internazionale sulla Libia, svoltasi a Palermo lo scorso anno, rimane soltanto una vetrina usata a scopi elettorali, ma è ormai superata dall’involuzione bellica tra la Tripolitania e la Cirenaica, sostenuta dal generale Haftar e dai suoi alleati al Cairo, a Parigi, a Mosca. Il premier Conte, ed i suoi due vice-presidenti del Consiglio, tanto abili nella propaganda elettorale, dovrebbero farsene una ragione, e magari parlare agli italiani senza raccontare altre menzogne. Il risveglio dal sonno dell’indifferenza potrebbe essere assai brusco. Non sembra proprio che ci siano le premesse per un rilancio del ruolo dell’Italia nella soluzione della crisi libica.

Si avvicina la guerra, una guerra commerciale in Europa, tante guerre nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ed ancora più a sud, fino all’ Africa sub-sahariana, come in Niger, dove si vuole esternalizzare la frontiera europea. Forse sarà proprio la guerra, l’unica vera tragedia che costringerà il “popolo sovrano” ad interrogarsi sulla reale portata delle politiche di odio ed esclusione contro gli stranieri e contro chi presta loro assistenza. Il capovolgimento del principio di realtà sul quale si sta fondando l’attuale politica dei governi di destra in carica in Europa non potrà che produrre conflitti alle frontiere ed una disfatta economica dell’intero continente con una forte riduzione dei diritti fondamentali che verranno negati non solo agli stranieri ma agli stessi cittadini.

L’Unione Africana ha da tempo respinto i piani europei che prevedevano rimpatri collettivi e piattaforme di sbarco nei paesi nordafricani, ma in Europa si ritiene ancora che sia possibile riportare in Africa i migranti bloccati in acque internazionali nel Mediterraneo. Non sembra che la presenza dell’UNHCR in Libia riesca a garantire davvero i diritti dei migranti quando dopo lo sbarco sono trattenuti nei centri di detenzione, soprattutto da quando sono diminuite le possibilità di fuga verso il Mediterraneo. In realtà le rotte migratorie più recenti sono interne al continente africano, e non portano necessariamente all’emigrazione verso l’Europa. Dunque i politici nostrani non possono continuare a lucrare vantaggi elettorali su una emergenza che in Italia non esiste. La vera emergenza è nei centri di detenzione in Libia. E in mare, dove non ci sono più mezzi di soccorso.

Le conclusioni del vertice euro-arabo di Sharm Al Sheikh sono state seguite da una aberrante mozione fatta passare da Fratelli d’Italia in un parlamento, ancora intontito dall’esito delle elezioni in Sardegna, che programma un blocco navale davanti alle coste libiche e chiude definitivamente all’adesione dell’Italia al cosiddetto Migration Compact.

Un progetto vecchio, quello del blocco navale davanti alle coste libiche, di chi dall’estrema destra sa solo diffondere odio per conquistare una fetta di consenso elettorale. Senza però chiarire con quali navi e con quali uomini, si potrà realizzare questo “blocco navale”, mentre la missione Eunavfor-Med (definita anche come Operazione Sophia) si avvia ad un epilogo fallimentare, dopo la chiusura altrettanto ingloriosa della missione NAURAS della Marina italiana. Sappiamo come si è comportata la guardia costiera libica nei suoi attacchi contro le ONG, in assenza di un qualsiasi coordinamento centrale (MRCC) che non fosse diretto da assetti di comando europei ed italiani. Non basterà sostituire qualche comandante libico, regalare altre motovedette o continuare a finanziare la “formazione” degli ufficiali della marina di Tripoli o Misurata. Soprattutto a fronte della situazione di violenza che subiscono sistematicamente tutti coloro che sono riportati a terra dopo essere stati intercettati in acque internazionali. Come è documentato dalla sorte dei naufraghi raccolti dalla nave commerciale NIVIN e riportati con la forza a Misurata. Vedremo, dopo la mozione proposta da “Fratelli d’Italia”, chi andrà davvero a fare il blocco navale davanti le coste libiche. Con quali uomini e con quali assetti aerei e navali. Di certo l’Unione Europea non appoggerà mai con propri mezzi una proposta simile.

I cittadini italiani potranno anche illudersi di essere più sicuri perchè un paio di ministri hanno “chiuso” i porti alle navi di soccorso delle ONG ed hanno costretto al ripiegamento i mezzi della Guardia Costiera italiana. Nessun paese europeo può pensare di uscire da solo dalla crisi economica, soprattutto se è indebitato come l’Italia, così come nessun paese europeo può pensare che adottando misure di blocco navale, unilateralmente, possa risolvere la crisi dei rifugiati e raggiungere una maggiore efficacia nella lotta contro l’immigrazione irregolare. Solo aprendo canali legali di ingresso, attraverso il rilascio di visti umanitari, e rilanciando una grande missione di soccorso in acque internazionali, si potranno garantire le vite e battere le organizzazioni criminali che lucrano proprio sullo sbarramento delle frontiere.

Soltanto chi saprà costruire e realizzare progetti basati sulla solidarietà internazionale e sulla soluzione pacifica dei conflitti, avrà un futuro. Quelli che scelgono di rinchiudersi dento le frontiere nazionali, e quindi dentro le mura di casa, potranno soltanto armare le polizie ed armarsi per la propria difesa personale, ma non saranno certo più sicuri. La vera sicurezza la troveranno soltanto coloro che si organizzeranno per affrontare la crisi senza scaricarla sui più deboli, ma attaccando i veri responsabili del disordine e delle diseguaglianze, a livello nazionale ed internazionale, riattivando processi di partecipazione democratica, e realizzando scelte di vita e di lavoro che creino opportunità di incontro e di solidarietà.

Migranti: Md,percorso inquietante con vicende Aquarius e Diciotti

(AGI) – Roma, 27 feb. – “La costruzione di nuove soggettività di tipo identitario è parte rilevante della strategia del populismo e dei neonazionalismi, che, alimentando strumentalmente la percezione dell’invasione da parte degli stranieri, ha innescato anche nel nostro Paese una deriva xenofoba e razzista, e sta rimettendo in discussione i principi e i valori fondanti della democrazia europea”. Lo denuncia nella sua relazione Mariarosaria Guglielmi, segretario di Magistratura democratica nella relazione con cui venerdì aprirà il XXII Congresso della corrente di sinistra delle toghe. “Con la chiusura dei nostri porti e la messa al bando delle Ong – spiega l’attuale pm a Roma – si è consumata una violazione senza precedenti degli obblighi giuridici e morali di soccorso e di accoglienza, che derivano dal diritto interno ed internazionale. Con le vicende delle navi Aquarius e Diciotti abbiamo scritto una pagina nuova per il nostro Paese imboccando un percorso, sconosciuto ed inquietante, distante dalla traccia culturale e simbolica sino ad oggi mai abbandonata nella storia dell’Italia repubblicana. Sulla sorte dei migranti abbiamo ingaggiato una sfida con l”Europa “per la solidarietà” che rappresenta un’inversione morale di questo principio e abbiamo simbolicamente impresso una forte accelerazione al progetto di chiudere il nostro Paese nelle frontiere emotive del rifiuto e della paura”. Per il segretario di Md, “abbiamo in pochi mesi e con pochi gesti annientato intere esperienze di integrazione e di inclusione. Abbiamo così distrutto intere comunità cresciute intorno al valore dell’accoglienza e alle opportunità che la pacifica convivenza offre a tutta la collettività. Abbiamo privato ‘persone’ di diritti, non per quello che fanno ma perchè diverso dal nostro è il Paese dove sono nate e dal quale sono state costrette a fuggire”. (AGI)

Articolo di Fulvio Vassallo Paleologo per ADIF

Associazione Diritti e Frontiere:
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