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Dopo spari e fake news dissequestrato il peschereccio tunisino a Lampedusa

Il motopesca tunisino "Mohamed Ahmed" lascia Lampedusa il 2 ottobre 2020 dopo il dissequestro

di Mauro Seminara

Il “Mohamed Ahmed” era stato fermato per pesca illegale nelle acque territoriali italiani dopo ore di inseguimento fino alle acque internazionali che, per la resistenza opposta dal comandante del motopesca tunisino, avevano visto configurare la contestazione della resistenza a nave da guerra con l’aggravante delle manovre elusive considerate come violenza contro nave da guerra. La vicenda si è consumata il 29 settembre e la notizia del caso, che nel frattempo stavamo monitorando, era esplosa l’indomani con lanci di agenzia e articoli di giornale nei quali si era trovato di tutto: dalle armi alla droga sul peschereccio che avrebbe anche tentato di speronare la motovedetta italiana della Guardia di Finanza che insieme ad altre e con il supporto di due mezzi aerei conduceva l’inseguimento. Nei video, diffusi in modo virale dalla stampa ma non solo, si vedeva anche la raffica di mitragliatrice che era stata esplosa per intimidire il comandante del peschereccio che si ostinava a resistere all’Alt imposto dalle motovedette italiane. Il giorno successivo, prima di pubblicare l’articolo dal titolo “Guerra italiana ai tunisini condita di proiettili e fake news“, avevamo parlato con i marinai rimasti a bordo del “Mohamed Ahmed” nel porto di Lampedusa e questi ci avevano mostrato i fori di proiettile che sostenevano avere colpito il peschereccio nello scafo ma anche sul parapetto di prua e sulla cabina di pilotaggio.

Si era scatenata la stampa, ma anche i seguaci delle camicie nere ed i “bot” (account falsi sui social) contro l’articolo pubblicato il 30 settembre e tra i commenti non sono mancati gli incitamenti alla violenza e all’omicidio. Vari erano infatti i profili con nickname, anonimi, che suggerivano l’affondamento del peschereccio, l’uso di armi ancora più pesanti o addirittura la fucilazione. I nostalgici del fascismo, che non conoscono e che per pura ignoranza – o cattiveria – bramano, si stupiranno adesso nell’apprendere che questa mattina il “Mohamed Ahmed” ha tolto gli ormeggi dal porto di Lampedusa per fare ritorno a casa, nel porto tunisino di Mahdia, guidato dal direttore di macchina. Ancor più saranno stupiti dall’apprendere che anche il comandante del motopesca, che volevano affondato con dentro l’intero equipaggio composto da dieci persone, all’esito del test anti-Covid dormirà nel proprio letto invece che in carcere o addirittura con una benda sugli occhi e le spalle al muro. La vicenda si concludo temporaneamente in questo modo e per il solo comandante è previsto un processo per direttissima, con rito abbreviato, che avrà inizio il 13 ottobre. Un procedimento penale per i capi d’accusa sopra citati. Anche le reti rimarranno sequestrate per confisca. Il cammino del procedimento avvalorato dalla documentata flagranza di reato è pressoché segnato.

Altro è invece il percorso che seguirà adesso il motopesca traforato di colpi. Il repentino dissequestro dell’imbarcazione, arrivato ancor prima che la procura firmata dall’armatore all’avvocato palermitano Michele Calantropo venisse depositata in Tribunale, pone l’oggetto dei colpi di mitragliatrice fuori dal procedimento e, salvo che la Procura voglia aprire un inchiesta d’ufficio o che l’armatore non intenda fare ricorso per i danni subiti, i fori di proiettile potrebbero presto scomparire sotto qualche mano di stucco e con la sostituzione del vetro di cabina. In tal caso, dopo l’enfasi nazionale con cui la fuga dopo uno sconfinamento era stata trattata, calerebbe il sipario sull’operazione condotta da tre motovedette e due mezzi aerei e raffiche di mitragliatrice per una pesca illegale in acque italiane. Nel frattempo, con il governo italiano che continua a garantire un presunto accordo con il neo insediato governo tunisino su rimpatri eccezionali già dal mese di ottobre, da Tunisi qualcuno potrebbe anche rimettere in discussione il “rapporto di amicizia” tra Italia e Tunisia visto il trattamento in stile milizie libiche che è stato riservato ad uno degli equipaggi della marineria nazionale. Ipotesi che però si profila quantomeno poco probabile vista la condizione del partner nordafricano in questo momento di gravissima crisi economica ed il rapporto con posizione dominante dell’Italia.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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