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Accordo Italia-Niger per esportare armi, la denuncia delle ONG

di Alessandra Fabbretti

L’accordo militare Italia-Niger promosso dal governo Gentiloni nel 2017 è poco specifico, poco trasparente e presenta diversi vulnus legali. A denunciarlo oggi a Roma l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), la Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili (Cild) e Rete disarmo. I tre organismi in conferenza stampa hanno reso noto il contenuto del trattato militare stipulato tra Roma e Niamey il 26 settembre 2017, per la gestione dei flussi migratori e della sicurezza. Il primo punto di criticità dell’accordo sollevato dai legali riguarda la forma. Il fatto che il governo aveva scelto di adottare un accordo in forma semplificata “ha permesso l’attuazione prima che arrivasse il via libera del Parlamento”, ha denunciato Francesco Vignarca, di Rete Disarmo. L’accordo quindi, ad oggi, non è ancora entrato in vigore. Secondo l’avvocato di Rete Disarmo, “ciò ha comportato l’invio in Niger di circa 20 militari italiani sui 470 previsti prima che le Camere lo approvassero, o semplicemente conoscessero la natura della missione”. Per gli esperti, è stato così aggirato l’articolo 80 della Costituzione che per gli accordi internazionali prevede l’approvazione del parlamento. Inoltre, ha denunciato Vignarca, l’accordo “è costituito da appena otto pagine, quindi è poco dettagliato. Appare come un copia-incolla di trattati precedenti”. Secondo l’avvocato di Rete Disarmo, il fatto che l’intesa sia poco dettagliata è un nodo problematico “perché lascia spazio a elementi non pertinenti”.

“Pensiamo ad esempio – ha sottolineato Vignarca – che questo accordo prevede l’accesso di navi, ma il Niger non ha neanche le coste”. Infine, ancora Vignarca, l’intesa con Niamey “ha promosso” i prodotti della difesa: “Sembra che si voglia aprire una cooperazione industriale – peraltro monodirezionale – sfruttando un accordo nato invece per la gestione dei flussi migratori e della sicurezza. Questo si concretizza con la donazione di sistemi d’arma dall’Italia al Niger”. Ma essendo l’Italia un acquirente di armi dalle aziende private, “ci sembra che col pretesto delle missioni all’estero per contenere le migrazioni, si voglia favorire il business delle aziende produttrici di armi”, ha avvertito Gennaro Santoro, legale di Cild. All’indomani dell’annuncio dell’intesa con Niamey, l’allora governo Gentiloni, adducendo ragioni di sicurezza e interessi bilaterali, si era rifiutato di renderne noti i contenuti. La legge italiana però, è stato ricordato oggi, riconosce ai cittadini il diritto di conoscere i testi degli accordi internazionali. Con un accesso civico quindi, Asgi e Cild hanno presentato istanza al Tar del Lazio non solo per conoscere il contenuto del trattato in questione, ma anche delle due lettere inviate dal governo del Niger all’Italia. Sul primo, le organizzazioni hanno ottenuto ragione dal Tar, che ha disposto che il ministero degli Esteri consegni il documento. Quanto alle lettere, il Tribunale ha opposto un rifiuto, sostenendo che non ci fossero gli estremi per accogliere l’istanza.

Alessandra Fabbretti – Agenzia DIRE

www.dire.it

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