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Giorgia Meloni pronta per le dimissioni, riforma costituzionale morta sul nascere

di Mauro Seminara

Oggi si è riunito il Consiglio dei ministri per discutere, tra vari “schemi” di decreti legge, lo schema di disegno di legge costituzionale che prevede l’introduzione “dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri”, nonché la “razionalizzazione del rapporto di fiducia”, con cui il capo dell’esecutivo raggiungerebbe livelli di autonomia e arbitrarietà ben lontani da quegli equilibri disegnati con pesi e contrappesi mediante i quali la Carta costituzionale della Repubblica italiana ha garantito la democrazia in questi 75 anni. Equilibri tra poteri dello Stato italiano a tutela del popolo sovrano che cadrebbero in un chiaro effetto domino affidando ad una persona sola al comando.

Ma se questo dovesse accadere, se la persona che assumerebbe pieni poteri in virtù di un mandato popolare concesso alle urne fosse, ad esempio, proprio Giorgia Meloni, gli italiani consegnerebbero il proprio futuro nelle mani di chi nel corso di una telefonata fasulla ha messo in grave pericolo l’Italia aprendo una crisi con l’Unione europea, con la Francia e perfino con gli alleati del Patto Atlantico sul fronte ucraino.

Il capo del governo italiano, la leader missina Giorgia Meloni, ed i suoi fedeli lacchè stanno facendo di tutto per trovare una via d’uscita – almeno sul piano del consenso interno – dopo lo scherzo telefonico del duo russo. Ma per quanto improbabile possa apparire già solo questo esercizio, quello che certamente la maggioranza parlamentare italiana non potrà rimettere a posto saranno i rapporti diplomatici.

All’Eliseo, tra le stanze di Emmanuel Macron e del suo più stretto entourage, l’ingerenza sull’affaire Niger è stata certamente legata al dito e, se già dall’insediamento dell’esecutivo Meloni i rapporti diplomatici hanno accusato vari colpi, la somma delle “crisi” tra palazzo Chigi e l’Eliseo non consentirà in futuro di trovare nella Francia un partner o un alleato strategico per la politica estera ed in particolare quella in seno all’Unione europea.

Altro pesante autogol della presidente del Consiglio italiano è stato l’outing sul tema dei flussi migratori. Al sedicente ambasciatore della Presidenza di turno dell’Unione africana, Giorgia Meloni ha detto che in Europa non le rispondono neanche più al telefono. Descrizione dei rapporti diplomatici che un capo di governo non dovrebbe fare in questi termini neanche all’interno del proprio gabinetto perché enorme è la perdita di peso in politica estera per l’Italia qualora simile informazione dovesse venir fuori.

Giorgia Meloni, a ruota libera con un sedicente africano di inflessione francese che parla in inglese con la rudezza che solo un russo potrebbe pronunciare, nel corso di mezz’ora di telefonata di cui quindici minuti pubblicati, distrugge in un sol colpo la credibilità del governo italiano, i rapporti con la Tunisia (cui non si riesce a far arrivare gli aiuti economici promessi), la credibilità della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che le promesse a Saied le ha sottoscritte come anche il sostegno all’Italia sul fronte degli sbarchi con la sua visita a Lampedusa ed i fondi promessi, definitivamente i rapporti con la Francia, gli equilibri geopolitici con gli alleati sul conflitto ucraino, la posizione italiana nei confronti della Russia.

I tempi sono quindi maturi perché Giorgia Meloni si faccia da parte. Questa necessità non matura perché in Italia esiste una opposizione capace di comprendere ed ottenere la sfiducia della presidente del Consiglio, ma perché dal Quirinale in giù, passando quindi per la Difesa, l’intelligence, la diplomazia estera, l’influenza sulla sovranità limitata da parte dei registi di Washington, tutti gli attori di peso spingeranno ed otterranno le dimissioni della premier anche a costo di ripetere una operazione analoga a quella che ha visto sfiduciato il premier Giuseppe Conte alla vigilia della guerra in Ucraina.

Senza entrare nel merito della posizione assunta dall’Italia sul piano geopolitico, in Ucraina prima, con il suicidio anti-russo in favore dei desiderata americani, ed in Medio Oriente adesso con lo schieramento a senso unico al fianco di “Netanyahu lo sterminatore”, il nocciolo della questione scherzo telefonico è che un capo di governo così irresponsabile, in un momento così delicato – per il mondo intero e non soltanto per l’Italia – non può continuare a governare e l’unico modo per salvare il salvabile a Bruxelles, a Parigi, a Washington ed anche a Roma con gli stessi apparati dello Stato esposti adesso a gravi rischi sui fronti esteri, è che l’Italia cambi guida sostituendo Giorgia Meloni con una persona più autorevole – quindi nominata dal presidente della Repubblica – sulla scena internazionale che possa “scusarsi” per gli incidenti e ripristinare i rapporti riconducendo così Roma a rapporti più saldi ed autorevoli con il resto del mondo.

Questo, probabilmente, Giorgia Meloni lo sa e per questo è pronta per le dimissioni … giusto dopo aver avviato un tentativo di riforma che le consentirà di fare – come già in passato Silvio Berlusconi – la vittima cui non è stato consentito di salvare il Paese e rendere tutti felici. In tempi di crisi internazionali e guerre per le quali trovare punti di accesso a negoziati, questo per l’Italia potrebbe essere un buon compromesso: faccia opposizione, signora Meloni, e racconti agli italiani ciò che vuole; ma adesso si faccia da parte!

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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