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    Categories: Editoriali

L’urlo

di Domenico Gallo

L’urlo è il nome di un famoso dipinto del pittore norvegese Edvard Munch, realizzato in più versioni fra il 1893 ed il 1910. Il soggetto urlante è la figura in primo piano, terrorizzata, che per emettere il grido si comprime la testa con le mani, perdendo ogni forma umana e diventando espressione del suo stesso sentimento. Rappresenta un urlo lancinante, acuto, che in quest’opera acquisisce un carattere indefinito e universale, elevando la scena a simbolo del dramma collettivo dell’angoscia, del dolore e della paura.

L’urlo di Munch è diventato la colonna sonora che accompagna la nostra indifferenza ai drammi collettivi che si stanno consumando fra la quarta sponda e il marenostrum.

«Stiamo morendo» è l’urlo che arriva dai barconi alla deriva nel Mediterraneo fra la Libia e la zona SAR maltese e che si smorza nel silenzio della nostra omissione di soccorso, nei motori spenti dei nostri pattugliatori della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza che non si spingono più oltre le nostre acque territoriali per non correre il rischio di imbarcare dei profughi da sbarcare in Italia.

L’urlo silenzioso è quello che prorompe dal cadavere di quell’uomo rimasto incastrato fra i tubolari semisgonfi di un gommone, da oltre due settimane alla deriva a 40 miglia dalla costa libica, testimone involontario di uno dei tanti naufragi rimasti sconosciuti, che nessuno vuole recuperare per dargli sepoltura, come si usava una volta nelle nazioni civili.

L’urlo straziante è quello dei tre sudanesi assassinati l’altro ieri sulla banchina di Khums dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Uccisi sotto gli occhi dei funzionari dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni per aver cercato di non tornare nei lager, da cui erano usciti a caro prezzo, animati dalla speranza di fuggire la sofferenza e la sopraffazione cercando rifugio al di là del mare.

Dal corpo di ognuno di essi non ci è né ci sarà mai consentito di distogliere lo sguardo – ha scritto il Direttore di Avvenire – perché ogni tragica morte d’uomo ci riguarda, e perché i proiettili che li hanno trafitti sono pagati anche con soldi italiani. Il voto delle Camere e le parole di carta di politici senza saggezza e senza verità hanno appena rinnovato lo sconcio: anche l’Italia arma banditi in divisa e li nomina sceriffi.

In realtà non solo i proiettili sono stati pagati con soldi italiani, queste persone sono state catturate in alto mare con mezzi navali e strumenti forniti dall’Italia e dalla UE affinché venissero ricondotte nei lager da cui sono fuggiti, dove sono all’ordine del giorno torture, stupri, omicidi.

Ma l’urlo più angoscioso è quello collettivo delle 6.500 persone che dall’inizio dell’anno sono state catturate in alto mare e riportate indietro nell’inferno da cui tentavano di fuggire, un urlo lancinante, infinito, ritmato con i toni dei 340 minorenni (di cui 84 bambine) a cui è stata strappata dal cuore la speranza che vale più della vita stessa.

Il sibilo di quest’urlo rimane di sottofondo, attraversa la nostra vita politica ed istituzionale ma viene silenziato nei palazzi del potere e totalmente ignorato dagli strateghi dei mass media che orientano il senso comune della gente. E tuttavia qualcosa rimane, penetra nella coscienza di coloro che non hanno chiuso i loro occhi o tappato le loro orecchie. Proprio ieri è stata presentata attraverso una conferenza stampa online l’Associazione ResQ – People Saving People, creata da un gruppo di personalità della società civile (magistrati, avvocati, scrittori, giornalisti, sacerdoti) che, con il chiaro obiettivo di “restare umani”, hanno deciso di rompere il muro dell’indifferenza.

Il presidente onorario Gherardo Colombo ha illustrato il progetto dell’associazione che, attraverso una raccolta di fondi pubblica sul web (crowdfunding) intende assicurare la presenza nel Mediterraneo centrale di una nuova nave al 100% italiana destinata a soccorrere i naufraghi, e testimoniare quanto accade, nel rispetto dei principi umanitari non negoziabili di Imparzialità, Neutralità, Umanità e Indipendenza. “La bandiera italiana – afferma Colombo – sarà ancora una volta emblema di accoglienza, riparo, salvezza, in onore della nostra splendida Costituzione”.

Infine ieri, in serata è arrivata dal Senato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per sequestro aggravato di persona  ed omissione di atti d’ufficio per il caso Open Arms. Salvini era stato inchiodato alle sue responsabilità da una rigorosa ordinanza del Tribunale dei Ministri di Palermo. Questa volta l’urlo ha aperto una breccia anche nel muro di indifferenza del Palazzo.

Uno squarcio di luce nelle tenebre che avvolgono il Mediterraneo.

Domenico Gallo: Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 è in servizio presso la Corte di Cassazione, attualmente ricopre le funzioni di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019)
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