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Open Arms salva 44 persone mentre a Lampedusa ne muoiono 30

Barchino soccorso da Open Arms la notte tra il 6 e 7 ottobre 2019

La nave della ONG spagnola, ferma anche per controlli e cavilli amministrativi dopo l’ultimo travagliato soccorso il cui epilogo si è consumato a Lampedusa, è tornata in mare e questa notte ha salvato 44 migranti che si trovavano a bordo di un barchino in legno all’interno della SAR area di Malta. Nella stessa notte, meno fortunati si ribaltavano finendo in mare davanti la motovedetta classe 300 della Guardia Costiera salpata da Lampedusa per intervenire in supporto della Guardia di Finanza solo a barchino in acque territoriali italiane. Solo 22 superstiti, il resto sono ormai copri dispersi nel cimitero del Mar Mediterraneo ad eccezione dei nove corpi finora recuperati. Le navi ONG da soccorso attualmente in mare sono due, la Open Arms e la Ocean Viking. La prima, la catalana, ha soccorso in piena notte 44 persone tra cui un bambino ed un neonato. La seconda, la grande nave di SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere, sta partecipando alle ricerche dei dispersi su richiesta delle autorità marittime italiane.

Alla notizia del naufragio di Lampedusa, la ONG spagnola Proactiva Open Arms ha scritto sul proprio account Twitter: “Intanto OpenArms attende a poche miglia che le autorità maltesi decidano cosa fare delle 44 persone salvate nella sua zona di competenza”. All’annuncio di attesa di un “porto sicuro” indicato dall’autorità SAR competente – Malta – dopo molte ore dal soccorso notturno, la ONG lancia un quesito provocatorio: “Di cosa discuteranno i ministri riuniti Lussemburgo?”. Segue il punto di domanda un laconico ed incisivo “Vergogna”. Gli eventi, il soccorso ed il naufragio, si consumano a pochi giorni dalla commemorazione del 3 ottobre a Lampedusa. La prima in cui di autorità nazionali non se ne sono viste e per la quale nessuno dei leader di Governo ha avuto parole da spendere. Accadono mentre l’Unione europea non ha ancora chiaro il piano per la gestione dei flussi migratori ma pare essere d’accordo solo su un punto: l’approccio securitario. Nessun soccorso europeo. Nessun canale umanitario. Nessun viaggio sicuro. Nessuna “quota migranti” con cui concedere semplicemente il visto a chi a causa della negazione finisce poi tra le mani dei trafficanti libici. Trafficanti come il Bija che il 15 maggio 2017 veniva ricevuto nel quartier generale del Corpo delle Capitanerie di Porto a Roma come fosse un degno collega degli “angeli del mare” italiani o un funzionario ufficialmente investito dal Governo di Accordo Nazionale della Libia.

Redazione:
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