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L’anima delle barche

di Vittorio Alessandro

Tutti i natanti hanno un’anima, i marinai lo sanno. Grandi e piccoli, anche quelli infimi: le cosiddette “carrette del mare”, perfino i maledetti barconi, tutti sono stati, più o meno a lungo, il guscio su cui qualcuno ha poggiato i piedi tra il cielo e l’acqua. In “Horcynus Orca” i traghetti di Messina, colpiti dai bombardamenti aerei, quasi parlano prima di affondare e le donne li ascoltano dopo aver camminato tante volte a piedi scalzi su quei ponti scivolosi.

Chiunque avverte le anime nei cimiteri di barche – non solo a Lampedusa, dove il cimitero è colorato d’Africa, ma ovunque i legni si siano fermati per sempre, anche in fondo al mare.

Ve lo giuro, li ho visti in immagini lunghe e silenziose, con i migranti rimasti abbracciati o in pose che sembrano scolpite: uno di essi, quello dei 365 morti dell’isola dei Conigli, l’abbiamo cercato per giorni sotto al sole.

Hanno un’anima le motovedette donate alla Libia, e sono certo che si ribella. Ce l’hanno la Diciotti e la Gregoretti che anelano al porto con i loro uomini e tutte quelle nate per salvare vite e ora costrette in porto.

Ecco, chi ha turbato queste anime la pagherà cara.

Vittorio Alessandro: Ammiraglio in congedo, è stato a lungo responsabile della comunicazione della Guardia costiera e del reparto ambientale delle Capitanerie. Ha curato l’informazione istituzionale in occasione delle migrazioni via mare nel 2011 e del sinistro della Costa Concordia nel 2012; ha guidato la missione ambientale italiana Bahar in Libano nel 2006. Dal 2012 al 2017 ha presieduto il Parco Nazionale e l’Area marina protetta delle Cinque Terre. Nel 2014 ha pubblicato “Puntonave” (Mursia editore) e dal 2012 cura l’omonima pagina su Facebook.
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