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Immigrazione, Italia alza la voce con UE

La recente massiccia ondata di migranti presi a bordo appena fuori – senza voler troppo indagare – dalle acque territoriali libiche da un imponente assetto navale composto da Guardia Costiera, Marina Militare, Navi degli Stati membri aderenti a Frontex e svariate Ong, ha fatto suonare un campanello d’allarme al Viminale. Il sistema di accoglienza vacilla a causa della intensità di flusso. Possono essere accolti senza problemi duecentomila migranti all’anno su una popolazione di sessanta milioni, ma restano un problema dodicimila migranti da soccorrere e pre-identificare in poche ore. Attività per la quale si rende necessario il supporto di reparti delle Forze dell’ordine come ad esempio la Squadra Mobile e la Scientifica che vengono quindi distratte da altre attività per coprire turni massacranti di lavoro. A tutto c’è un limite, e l’Italia pare adesso voglia fissare il proprio.

Pugno sul tavolo di Bruxelles quindi da parte del Governo italiano che accusa l’Unione europea di voltarsi dalla parte opposta mentre l’Italia affronta da sola il problema. Per rendere più credibile l’insofferenza del sistema di accoglienza tricolore viene addirittura minacciata la chiusura dei porti alle navi con bandiera non italiana. Terreno questo a rischio frane. Perché oltre alle navi delle Ong a cui il Governo rappresentato dal presidente Gentiloni vuol alludere, ci sono in ballo anche le navi del dispositivo Frontex-Triton con cui partecipano oltre venti Stati membri. Il Governo italiano minaccia quindi di negare i propri porti, sicuri e più vicini, alle Ong e alla stessa UE mentre si continua ad aggiornare il regolamento di Dublino senza che questo venga mai messo in discussione.

Al contempo, il “minaccioso” messaggio italiano all’UE entra a gamba tesa su di un tema che per giorni è stato oggetto di acceso dibattito politico nazionale
: quel “pull factor” criticato da Frontex, dal M5S e dalle Procure di Catania e Trapani che vede responsabili proprio le ONg a cui adesso il Governo Gentiloni minaccia di negare i porti di sbarco. Una sorta di schizofrenia della maggioranza di Governo che da una parte critica chi accusa le Ong di incentivare le partenze e dall’altra critica le navi non italiane perché porterebbero tutti i migranti nei porti italiani. Ma le indicazioni sui porti di sbarco arrivano alle navi delle organizzazioni umanitarie non governative dal Ministero dell’Interno attraverso la centrale operativa della Guardia Costiera di Roma che appartiene al Ministero dei Trasporti.

Nel frattempo il pattugliatore dell’isola-Stato di Malta sta navigando verso il porto di Messina
con i migranti soccorsi e che il Governo italiano ha destinato al porto siciliano. Se questa dovesse apparire un contraddizione eccezionale dovuta agli accordi Italia-Malta, meno eccezionale appare la collaborazione che l’Italia continua ad offrire verso un sistema che la stessa Libia del Governo Serraj ha criticato: il fattore incentivante rappresentato dallo stazionamento delle navi di soccorso a dodici miglia dalla costa libica. I “flussi di carico” dei trafficanti parrebbero infatti adeguarsi alla portata del dispositivo di soccorso navale ed attualmente nel Mediterraneo centrale ci sono appunto quattordici navi con 8.500 migranti a bordo. Tutte comunque destinate a sbarcare i propri ospiti nei porti italiani, con una preferenza marcata per quelli siciliani.

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