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Altre 50 persone inghiottite dal buco nero del Mediterraneo

(Foto d'archivio)

di Mauro Seminara

Quella appena trascorsa nel Mediterraneo centrale è stata una notte lunga e trepidante che si è conclusa con una nuova scomparsa di esseri umani inghiottiti dall’ormai conosciuto buco nero in cui finiscono i migranti. La voce di una imbarcazione in pericolo circolava già dal pomeriggio anche a Lampedusa, dove gli assetti navali di stanza sull’isola parevano in fermento. Le SAR classe 300 della Guardia Costiera sono uscite in coppia, ma a mezzanotte erano di nuovo agli ormeggi. La Guardia di Finanza spostava le proprie barche da una parte all’altra, dentro e fuori il porto, ma non tanto lontano da andare incontro al natante in pericolo. Fuori, in mare aperto, onde alte due metri ed improvvise quanto pericolose raffiche di vento. Nessun intervento in mare oltre le acque territoriali. Una barca però sembra esserci davvero, e non soltanto perché nel pomeriggio il tweet di una giornalista ne annunciava la presenza non precisando quale fosse la fonte. Trentuno minuti dopo la mezzanotte è infatti la centrale d’allarme Alarm Phone a twittare l’esistenza della piccola imbarcazione con circa 50 persone dopo averne ricevuto la telefonata di SOS.

Nel primo tweet di Alarm Phone era errata la posizione della barca. Sul 35° parallelo, l’operatore aveva riportato 21 invece di 3 primi. La differenza è, se pur di poche miglia, quella tra la SAR italiana e quella maltese. La barca infatti si trovava in area SAR di Malta, ma sempre e comunque a poche miglia da Lampedusa e con mare molto pericoloso. Sulle stesse coordinate, quelle corrette, un mercantile ha iniziato a muoversi come se stesse cercando il natante in pericolo. La nave, il Fuji Bay, è un mercantile liberiano diretto ad Algeciras, in Spagna, che ha deviato e rallentato la propria navigazione incrociando le esatte coordinate indicate da Alarm Phone. La speranza di un soccorso ad opera di un mercantile sotto il coordinamento della Centrale maltese era concreta. Quarantacinque minuti dopo mezzanotte, stando a quanto dichiarano, Alarm Phone perde il contatto con la barca in pericolo. Il mercantile Fuji Bay però è li. Si muove a poco più di un miglio orario intorno alle coordinate della piccola imbarcazione che chiedeva aiuto asserendo che lo scafo imbarcava acqua.

Il natante con le 50 persone in pericolo, ed il mercantile che pare girarle intorno, si trova tra le 26 e le 28 miglia sudovest di Lampedusa. Circa 140 miglia dal porto di Malta. Da Lampedusa però non si muove nulla. La vita delle persone che si trovano sulla barca a brevissima distanza dalla fascia di contiguità delle acque territoriali italiane non è affare dell’Italia. Si trovano in area SAR maltese, quindi sembra che se Malta non riesce a salvarli si può sempre far spallucce. Qualche ora più tardi, il cargo Fuji Bay ha ripreso velocità e rotta ed è andato via. Gli equipaggi delle SAR 300 che hanno trascorso parte della notte operativi agli ormeggi di Lampedusa insieme ai medici del Sovrano Ordine di Malta ed un mediatore dell’OIM sono andati a dormire e nulla più si è saputo della barca in pericolo. Alarm Phone non ha più sue notizie e ci dice che da Malta non riceve neanche l’onore di una risposta. Più o meno lo stesso trattamento riservato in Italia a certi giornalisti da alcuni uffici stampa quando questi si occupano del “segreto di Stato” migranti.

Al riguardo, Alarm Phone risponde che in Italia trovano un rimbalzo di competenze che li rimanda sempre al punto di partenza: quella Centrale di coordinamento soccorso marittimo di Malta che non risponde. Questa mattina il Times of Malta ha pubblicato la notizia dell’allarme lanciato da Alarm Phone circa la barca con 50 persone che si trovava in grave pericolo in area SAR di Malta, ma il testo si conclude con la seguente dichiarazione: “Un portavoce delle Forze Armate di Malta ha dichiarato che l’esercito non ha avuto informazioni sulla nave“. Ancora più inquietante è il tweet che la stessa centrale civile Alarm Phone pubblica in prima battuta in inglese alle 10:41 odierne – circa un’ora dopo l’articolo del Times of Malta – citando a sua volta il tweet di una giornalista italiana. Il tweet della giornalista, che non cita alcuna fonte ma che sembra averne di ben informata sui fatti, recita esattamente il seguente testo: “Un non ben precisato peschereccio avrebbe soccorso le persone sulla barca arrivata a circa 14 miglia da #Lampedusa. Area di coordinamento #Malta che per vicinanza chiede porto a #Italia. Situazione ancora in atto“. Il tweet, con dubbie distanze da Lampedusa (a 14 miglia non si è in SAR maltese) e condizionali sul soccorso, è delle 09:13 di questa mattina.

Nessuna fonte ufficiale, nessuna citazione, nessuna dichiarazione dei Corpi dello Stato coinvolti nella circostanza. Tweet e condizionali sono ormai l’unico modesto contributo all’informazione e in Italia questo sembra stare bene alla stampa nazionale italiana che dei silenzi istituzionali ormai si accontenta senza lamentarsi. Al massimo si assiste a qualche iniziativa privata di firme del servizio pubblico che lanciano briciole di informazioni, avute con buona probabilità dagli stessi uffici che dovrebbero rendere pubbliche le notizie passate invece sotto banco come fossero “pizzini” di un criminale. Peggio. Spesso questi addetti sono proprio gli stessi che si prestano anche a compiti da “service audio-video” o reportage fotografici “esclusivi”. Nel frattempo, però, un’altra barca con circa 50 persone è scomparsa e quel “non ben precisato peschereccio” che “avrebbe soccorso le persone sulla barca” lascia intendere che la barca fantasma di Carmelo Grech – il “Dar Al Salam 1” – o altra analoga ingaggiata da Malta possa aver soccorso i migranti e poi possa anche averli respinti in Libia. Sempre che la barca non abbia fatto prima naufragio a meno di 30 miglia sud di Lampedusa. D’altro canto, a parte un anonimo tweet che Alarm Phone rilancia, resta che “un portavoce delle Forze Armate di Malta ha dichiarato – al Times of Malta – che l’esercito non ha avuto informazioni sulla nave”.

Prendendo per buono e genuino il soccorso ad opera del non ben precisato peschereccio, ed anche la richiesta di porto sicuro all’Italia che è quindi coinvolta in tal senso – se non in altro – nella vicenda, la domanda è: perché questo impenetrabile silenzio sul caso? Fino a prova contraria, l’ipotesi che si profila è di 50 persone scomparse.

AGGIORNAMENTO

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Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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