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Adrian, l’ultimo capolavoro di Celentano con le “sardine” in Piazza Duomo

Adrian, il personaggio di animazione di Celentano disegnato da Milo Manara e le "sardine" vere in piazza Duomo a Milano il 30 novembre 2019

di Mauro Seminara

Quando il film d’animazione di Adriano Celentano era concluso, confezionato e pronto per la messa in onda, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che un giorno tutti i quotidiani si sarebbero dovuti occupare di un movimento di persone detto delle “sardine”. Prevedere che questi, magari in 30mila, si sarebbero radunate in Piazza Duomo, a Milano, intonando “Bella ciao” sarebbe stata quindi opera del demonio. Oppure, semplicemente, opera di chi nel passato ha letto gli eventi del futuro. Una spiegazione estremamente semplice che Adriano Celentano offre già qualche nello stesso film: “stolti, non capite che nel passato sono scritti i passi del futuro?”. Ed è così, in un prodigioso rielaborare del passato e di un presente parafrasato, che Celentano fa fare la propria comparsa a delle sardine in Piazza Duomo immerse in un corale intonare le note di “Bella ciao” esattamente come accaduto sabato scorso nella realtà, sotto la pioggia di un meteo che ricorda le scene di epilogo di “Adrian”.

Il film, che pur vantava la popolarità di Adriano Celentano e molte sue canzoni per la colonna sonora, i disegni di Milo Manara e la trasformazione in eroe soprannaturale di quel ragazzo della Via Gluck, non è stato accolto – già dalla scorsa stagione, prima di due serie – come il capolavoro in animazione del “Re degli ignoranti”. Forse perché oggi quel titolo spetta ad altri, purtroppo impegnati in politica, ed ai seguaci di tali novelli Re non va di riflettere su ciò che un tempo mito Adriano Celentano aveva da suggerire. Eppure gli ingredienti c’erano tutti. Il capo assoluto dei cattivi è Dranghestain, una miscela evocativa di Dracula il dissanguatore e ‘Ndrangheta in un unico nome con cui è stato chiamato chi era cresciuto a Milano come una seconda generazione di migranti calabresi. C’erano le evocazioni della mafia siciliana con l’insegna “Mafia International” e della Camorra con il sempre presente paesaggio del Golfo di Napoli in cui la vista del Vesuvio è parzialmente coperta da orribili grattacieli. C’era la distruzione dei borghi in cui le persone trovavano una vita a misura d’uomo per una costruzione di giganteschi mostri di cemento in un epoca in cui viene spacciato per benessere lo stile di vita conseguente alla mera speculazione. C’erano anche gli attentati terroristici con cui il potere si assicurava la sottomissione del popolo dietro la promessa di maggiore sicurezza. C’era la bruttezza in ogni sua forma e la paura.

La storia è ambientata nell’anno 2068, ma descrive una storia vera e si ispira a fatti realmente accaduti che traggono origine un secolo prima: nel 1968. Non è casuale la scelta dell’anno, come non è casuale quella del “Palazzo della Lombardia” né tantomeno i riferimenti alla corruzione dilagante ed all’incapacità del popolo di ricordare chi si era esibito per una sola canzone sul palco ad inizio serie. Una memoria fallata in migliaia di persone perché uno strano disturbo elettromagnetico aveva impedito a smartphone e videocamere di immortalare l’ospite sul palco. Celentano ha descritto la nostra società, quella attuale, i motivi della nostra infelicità. Ha tentato di aprire gli occhi delle masse, attraverso l’audience della Tv, sull’ammiraglia Medisaet, sull’uso strumentale del terrorismo per infondere paura nel popolo ed assoggettarlo al potere. Ha raccontato il politico che si sottomette alla ‘Ndrangheta – nel caso di Adrian perché ambientato a Milano – per ottenere l’ambito potere. Ci ha suggerito i rischi sulla salute con una alimentazione basata su frutti geneticamente modificati, con DNA animale, perché durino di più sui banchi dei supermercati che li vendono dalla parte opposta del mondo e dopo giorni e giorni di viaggio.

Adrian si conclude, con l’ultimo episodio della seconda – ed apparentemente ultima stagione – andato in onda ieri sera, con la donna, simbolo di bellezza, fertilità e quindi natura che si eleva a gigante e rade al suolo la bruttezza simboleggiata da una orribile cementificazione. Una scena in cui l’altro simbolo della natura, il Vesuvio, con tutta la sua potenza eruttiva, contribuisce a distruggere uno sviluppo folle di gigantesche scatolette per sardine. Per assurdo, tra queste sequenze c’è quella di Piazza Duomo gremita, con la dicitura in sovrimpressione che recita “30.000 persone”, che intonano in coro “Bella ciao” come accaduto sabato 30 novembre (stimate in 25mila). Come accaduto con quelle “sardine” che, anche a Milano, con un’immagine identica a quella del film, oltre che in decine di altre piazze d’Italia, intonano “Bella ciao” per manifestare contro la bruttezza e non, come si vuol fare intendere, soltanto contro un partito che la bruttezza la incarna per intero. Chissà quanti, tra i fans del fu “Re degli ignoranti” avrà visto Adrian e quanti tra questi si renderà conto di aver iniziato a seguire come un fanatico della bruttezza il “Re degli ignoranti” sbagliato. Quello di Celentano, “Adrian”, è stato un inno alla bellezza ed un invito a non aver paura che si oppone ai tempi bui che stiamo vivendo. Se non dovesse servire a far riflettere gli italiani, come era intenzione dell’autore, almeno possiamo dire che è stato un gran bel film.

Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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