Allarme cambiamenti climatici, un terzo delle emissioni per produzione cibo

Il ghiacciaio del Monte Bianco rischia di crollare con possibili effetti catastrofici per la Val Ferret. Tra i ricercatori che hanno certificato l'esistenza ed i rischi derivanti dai cambiamenti climatici dell'IPCC anche l'italiano Riccardo Valentini. Secondo l'Istituto di ricerca delle Nazioni Unite (IPCC) il 25-30% delle emissioni inquinanti globali deriva dai metodi di produzione industrializzata del cibo, da coltivazione a consumo

Il ghiacciaio del Monte Bianco sul versante della Val Ferret

L’allarme sui cambiamenti climatici, da tempo ormai chiuso nei rispettivi cassetti dei governi di tutto il pianeta, è di pubblico dominio anche per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ne ha assunto l’emergenza. Dopo nubifragi e cataclismi vari registrati in ogni parte del mondo, mentre la stampa scherniva Greta Thunberg da una parte e coniava definizioni come “bomba d’acqua” dall’altra, spinti dall’azione comune che le Nazioni Unite hanno deciso di affrontare, iniziano a diventare documenti ufficiali quelli che fino a poche settimane fa venivano trattati come inattendibili allarmismi di scienziati matti. Dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è stato infatti reso noto che l’allarme sui cambiamenti climatici è reale e concreto, e che riguarda anche il ghiacciaio del Monte Bianco.

L’allarme sul Monte Bianco viene certificato oggi dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa con una nota ufficiale: “Secondo il nuovo rapporto dell’Ipcc, il comitato scientifico sul clima dell’Onu, i cambiamenti climatici continueranno a causare, tra le altre e devastanti conseguenze, anche quella dello scioglimento dei ghiacciai.  Ne abbiamo purtroppo una testimonianza diretta nel nostro Paese, dove è stato diramato un allarme per il ghiacciaio del Monte Bianco, che rischia di collassare. Questo testimonia purtroppo, se ancora ce ne fosse bisogno, la necessità e l’urgenza di un’azione forte e coordinata per il clima, per scongiurare il verificarsi di eventi estremi e che rischiano di avere conseguenze drammatiche”. Ma che il ghiacciaio del Monte Bianco rischia di collassare non è notizia di oggi. Il possibile crollo di una parte del ghiacciaio di Planpincieux, sul versante della Val Ferret del Monte Bianco, è successivo al 2013. Data in cui è iniziato un progetto di stretto monitoraggio del ghiacciaio che ha poi rilevato l’aumento esponenziale di riduzione di volume e movimento fino ai recenti 50-60 centimetri al giorno.

L’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, è l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione della scienza relativa ai cambiamenti climatici ed è composto da un gruppo intergovernativo di esperti in materia. Come spiega lo stesso ente intergovernativo, “i rapporti dell’IPCC sono neutrali, pertinenti alle politiche ma non prescrittivi”. L’IPCC nasce dal programma delle Nazioni Unite per l’ambiente e dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) nel 1988, e conta pertanto la partecipazione di 195 Stati membri. Dal 1988, anno in cui in quel palazzo di vetro delle Nazioni Unite si è resa concreta la necessità di affrontare quanto già segnalato da vari ricercatori mondiali, tanto da rendere necessaria l’istituzione di una super equipe intergovernativa delle Nazioni Unite per monitorare e verificare l’andamento dei cambiamenti climatici, tutto è rimasto di appannaggio esclusivo dei leader mondiali che continuavano a procrastinare l’inizio di nuove politiche ambientali in favore della sacra crescita dei mercati che trova nel consumismo sfrenato e nell’incoscienza dei consumatori la sua linfa vitale.

Dell’IPCC fa anche parte un illustrissimo italiano, Riccardo Valentini, che il 21 settembre ha partecipato all’assemblea di Terra! Onlus battezzata “La sfida ecologica. In vista dell’incontro che si è tenuto a Roma, l’associazione Terra! Onlus anticipava uno dei temi che sarebbero stati affrontati insieme all’illustre ospite italiano dell’IPCC: “Se mettiamo insieme le emissioni generate per produrre il cibo – dalla coltivazione al consumo – viene fuori che il sistema alimentare contribuisce per il 25-30% delle emissioni antropogeniche di gas serra”. Il dato, come la stessa associazione italiana annunciava, era frutto della ricerca condotta dall’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change. Meglio tardi che mai, si potrebbe dire dopo l’accordo delle Nazioni Unite sull’obiettivo di emissioni zero entro il 2050, ma forse ha ragione Greta Thunberg con l’accusa rivolta a chi le ha rubato il futuro sapendo cosa stava accadendo e omettendo qualunque azione politica per prevenire il disastro.

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