Canali umanitari, 97 profughi da Libia a Roma

Atterrati ieri pomeriggio a Roma i 97 migranti ricollocati in Italia dall'Unhcr. Rimangono invece a bordo della Ocean Viking gli 82 migranti soccorsi dalla nave Ong e dalla barca a vela Josefa

Nucleo familiare evacuato dalla Libia con il piccolo Mohamed atterrato ieri, 12 settembre 2019, a Roma

Sono atterrati ieri sera all’aeroporto di Roma i profughi evacuati dalla Libia con il programma dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Sul volo che dalla Libia li ha condotti in un luogo sicuro c’erano 97 persone, e tra queste anche un bambino, Mohamed, di appena un anno. Il sistema dei canali umanitari con cui l’Unhcr riesce a mettere in sicurezza persone esposte a grave rischio procede, ma con estrema lentezza rispetto alle esigenze di centinaia di migliaia di individui nella sola area del Mediterraneo. Dalla Libia, quest’anno, hanno beneficiato del canale umanitario di ricollocazione in un Paese terzo sicuro 1.474 persone. Ma nella Libia in guerra, tra libici sfollati e migranti imprigionati, ci sono oltre trecentomila persone cui trovare un luogo sicuro in cui vivere. L’Alto Commissariato ha annunciato anche un accordo con il Ruanda per destinare altre 500 persone sul totale fin’ora programmato di 4.700 da ricollocare in Paesi terzi sicuri. Il solo Ruanda è quindi pronto ad accogliere oltre un terzo di quanti sono stati evacuati nei primi nove mesi del 2019. L’accordo è stato reso possibile grazie al dialogo aperto in sede di Unione africana.

L’Unione europea invece stenta ancora a decidere cosa vuol fare sul fronte delle migrazioni e dei ricollocamenti di soggetti migranti a rischio. Gli 82 naufraghi salvati dalla nave Ocean Viking e dalla barca a vela Josefa sono infatti ancora a bordo della nave delle Ong internazionali SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere. Il porto sicuro più vicino, dall’Europa o dall’Italia, non viene ancora aperto malgrado due persone siano state evacuate dalla nave con il verricello di un elicottero ed una ha partorito poche ore dopo il “medevac”. Il Governo italiano è cambiato, ma non la sua politica dei “porti chiusi” che rimangono tali fino a quando delle persone a bordo della nave Ong non si ha certo accordo di redistribuzione in altri Stati membri. Cioè, il “sequestro” finalizzato alla coazione che fece tanto scalpore con il caso Diciotti e che da allora viene sistematicamente replicato.

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