Malta, testimoni della El Hiblu 1 si contraddicono su dirottamento

Oggi udienza del processo a carico dei tre giovani migranti accusati del dirottamento del mercantile che salvò la vita a 117 persone a largo della Libia. Il testimone ascoltato oggi: “Erano pronti a morire pur di non tornare in Libia”. Smentita la versione del comandante della nave sullo svolgersi dei fatti

La testata maltese Times of Malta riporta parte dell’interrogatorio che il magistrato Aaron Bugeja ha svolto con il testimone del mercantile El Hiblu 1. Il tecnico di bordo, responsabile per la gestione della nave cisterna, ha ammesso che il dirottamento non c’è stato nei termini di aggressione o minaccia fisica all’equipaggio. Nessuna violenza usata contro l’equipaggio che inizialmente aveva ingannato i migranti, soccorsi sotto il coordinamento del MRCC di Roma a largo della Libia. Salvo poi ritrattare alcuni dettagli nel corso della stessa deposizione. Il tecnico è stato ascoltato oggi ed il colloquio con il giudice che ha sostenuto l’interrogatorio è durato ore. Un interrogatorio che mirava a mettere sotto pressione anche l’odierno testimone al banco fino ad eventuale tradimento delle precedenti dichiarazioni. Alla base del sospetto c’era la rilettura delle trascrizioni di comunicazioni intercorse tra il comandante del mercantile e le autorità maltesi chiamate ad intervenire. “Ho un uomo dell’equipaggio ferito a bordo. Molte persone mi minacciano perché non volevo fare rotta su Malta. Hanno danneggiato la nave.” Circostanze descritte dal comandante della El Hiblu 1 che poi di fatto non hanno trovato riscontro.

Nella versione proposta dall’ingegnere responsabile tecnico le cose stavano in effetti in diverso modo. “Erano pronti a morire. Non pensavano a se stessi, quindi non si preoccupavano molto di noi”, ha dichiarato il testimone che in prima affermazione ha ammesso al giudice che i migranti soccorsi erano stati ingannati sul porto di sbarco in cui la nave li avrebbe condotti. L’affermazione è stata però subito ritrattata, almeno parzialmente, con un declino di responsabilità in seconda analisi attribuita alle navi libiche che hanno mancato l’appuntamento con il mercantile. La cosiddetta guardia costiera libica non aveva raggiunto la nave civile che era intervenuta in evento SAR per prendere in consegna i naufraghi e liberare il mercantile, quindi il comandante della El Hiblu 1 avrebbe dovuto accedere ad un porto libico per far sbarcare i migranti che nel frattempo iniziavano ad essere irrequieti per il sempre più legittimo sospetto che la prua della nave puntasse la Libia.

L’odierna versione dei fatti

Il testimone ascoltato oggi a Malta ha confermato che i migranti soccorsi hanno avuto la certezza di essere diretti in Libia all’alba, quando la nave si era ormai avvicinata alla costa e le prime luci l’avevano svelata agli sventurati. A quel punto è iniziata una protesta a bordo con le persone soccorse che hanno dato il via ad un tam tam fatto di chiavi e tubi sbattute sui bordi nave. Il comandante ha quindi dato accesso al ponte di comando, dove ad inizio protesta si erano chiusi tutti i membri dell’equipaggio, a tre dei 117 migranti soccorsi per parlare. Due dei tre, imputati per il dirottamento, hanno minacciato il comandante di danni alla nave se avesse contattato autorità libiche o anche solo se aerei o navi libiche li avessero seguiti. La rotta, unica possibile, era per loro quella che li avrebbe condotti in Europa. Il dialogo tra i tre “dirottatori” ed il comandante non è mai stato violento e quest’ultimo aveva anche accompagnato i due giovani a verificare la scarsa quantità di carburante per cui veniva dichiarata irraggiungibile la costa europea. Trovato l’accordo, e non pervenute le motovedette libiche, i tre hanno annunciato al resto dei migranti che la rotta era adesso impostata per l’Europa e gli animi si sono calmati. La nave approdò a Malta il 28 marzo dopo che le forze speciali maltesi salirono a bordo per liberare l’equipaggio che non aveva subito in realtà alcuna aggressione.

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