Beppe Montana, 28 luglio 1985

Commissario della Squadra Mobile di Palermo, Beppe Montana era insieme a Ninni Cassarà una dura spina nel fianco della mafia siciliana che ordinò l’assassinio a cui seguirono molti altri omicidi di uomini di Stato

Porticello è un borgo marinaro del Comune di Santa Flavia, a due passi da Bagheria, in provincia di Palermo. Un territorio che, si comprese meglio qualche anno più tardi, era una vera e propria roccaforte della mafia. Quella mafia che conosceva uno per uno tutti i suoi nemici, come disse il commissario della Squadra Mobile di Palermo Giuseppe Montana. Il poliziotto, conosciuto come Beppe, era uno degli uomini in trincea che lottava in quegli anni contro l’organizzazione criminale detta Cosa Nostra. Sue le parole: “A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà”.

La mafia uccise senza difficoltà il commissario di Polizia Beppe Montana. Lo fece con un agguato a Porticello il 28 luglio del 1985 il giorno prima del periodo di ferie che il nemico della mafia aveva finalmente deciso di prendere. Si trovava nel borgo marinaro in cui teneva il proprio piccolo motoscafo che, ferie estive già pregustate, avrebbe utilizzato per godersi insieme alla fidanzata il mare del Golfo di Palermo. Fidanzata che si trovava in sua compagnia quando due killer della mafia sbucarono fuori all’improvviso e crivellarono di colpi il commissario che non ebbe modo alcuno di reagire. Le armi utilizzate dai sicari risultarono essere una 357 Magnum ed un revolver calibro 38 con proiettili ad espansione. Per l’omicidio venne arrestato un calciatore 25enne, figlio di pescatori e della zona: Salvatore Marino. Questi era stato identificato grazie ad un testimone che vide allontanare dal luogo dell’attentato la sua auto.

Marino risultò poi un fiancheggiatore della mafia per l’operazione in cui Cosa Nostra eseguì la sentenza di morte emessa contro il commissario Beppe Montana. Pochi giorni prima era stato arrestato, nel corso di quella lotta senza quartiere tra gli uomini dello Stato a Palermo e la mafia, un pezzo da novanta delle cosche: Francesco Marino Mannoia. Furono le rivelazioni di questo esponente della mafia, da “pentito”, a far individuare i nomi della squadra della morte che eseguì l’omicidio. Si trattava di Agostino Marino Mannoia, Pino Greco – detto “scarpuzzedda” – e Mario Prestifilippo. Agostino Marino Mannoia era il fratello del pentito Francesco. Salvatore Marino non mise mai piede in un’aula di Tribunale. Dopo l’arresto, il fiancheggiatore venne torturato e pestato dagli agenti fino al punto di rendere inutile l’accesso ad un ospedale. In quegli anni di talpe e doppiogiochisti, secondo il pentito Francesco Marino Mannoia perfino tra gli uomini della squadra speciale “Catturandi”, ombre raggiunsero ogni antro degli uffici dello Stato. Il capo della Squadra Mobile Francesco Pellegrino, il capitano dei carabinieri Gennaro Scala ed il dirigente della sezione anti-rapine Giuseppe Russo, vennero rimossi dal loro servizio su disposizione dell’allora ministro degli Interni Oscar Luigi Scalfaro e finirono in carcere per omicidio colposo. La stagione degli omicidi degli uomini dello Stato si intensificò quella stessa estate.

Oggi è stata posta una stele in marmo in memoria del commissario Beppe Montana sul luogo dell’omicidio alla presenza del questore di Palermo Renato Cortese e del prefetto del capoluogo siciliano Antonella De Miro. A “Giuseppe ‘Beppe’ Montana” era già stata intitolata la piazza di Porticello in cui perse la vita.

Giuseppe Montana, detto Beppe, era nato ad Agrigento l’8 ottobre del 1951. Venne ucciso dalla mafia il 28 luglio di 33 anni fa, all’età di 34 anni mentre si trovava in compagnia della fidanzata a Porticello

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