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Quelle “bufale” di mozzarelle

di Samantha Scala

È nata la terza Repubblica, la mia sorellina è stata eletta consigliere comunale, le scuole sono chiuse, mi trovo in Puglia e non ho più il dente del giudizio.
Sono davvero trascorse appena tre settimane dall’ultimo Gusto Mediterraneo? Mi guardo allo specchio sgarrupato in bagno un po’ disorientata. Gli alloggi della Marina Militare di Taranto, destinati alle famiglie dei dipendenti, necessiterebbero di un radicale intervento da Extreme Makeover home edition. Io, desiderando ardentemente di demolire, con non poca violenza, pareti e bagni, mi limito a rendere accogliente questo “porto” provvisorio: teli colorati a coprire letti e divani, spartani mobili ricollocati e reinventati, pulizia maniacale (il profumo di casa si sente già quando si aprono le porte dell’ascensore), musica a fare da colonna sonora.
Manca qualcosa? Avete in mente altro che possa far sentire me e i ragazzi davvero come a “casa”?
Le cerniere delle ante in cucina hanno superato da tempo il limite massimo di apertura e chiusura e il loro cigolìo sembra quasi un antifurto a proteggere preziosi.
Ah se lo sono! Preziosi e goduriosi i doni della tradizione pugliese: taralli, friselle, focaccia, panzerotti…e la burrata, la stracciatella, le mozzarelle!
La prima volta che ho addentato una mozzarella pugliese ho compreso di aver mangiato solo “bufale” fino a quel momento. E non mi riferisco alla parente stretta della mucca! Consistenza, freschezza, sapidità, gusto…
Un mondo nuovo. Inesplorato e che mi riserva una scoperta nuova ad ogni assaggio.
Ve lo confesso: da quando ho cominciato a scrivere, sono stata artefice di almeno un paio di cigolii. Giusto due taralli, anzi quattro: uno ai semi di finocchio, due all’olio extravergine d’oliva e uno al peperoncino (vi racconterò presto una storia piccante).
I Mediterranei amici e parenti pugliesi accolgono sempre con gioia il nostro arrivo. Con pirouettes degne di una prima ballerina incastrano lavoro e impegni affinché ci si ritrovi, finalmente, con il sorriso sulla faccia e le gambe sotto un tavolo; lo “stesso” tavolo.

Gli adulti hanno, ogni anno, un ciuffo di capelli bianchi in più mentre il viso pulito e paffuto dei bambini accoglie la loro prima, timida barbetta. Ma hanno tutti la stessa espressione buffa quando afferrano voraci un panzerotto appena emerso dall’olio bollente. Basta un morso: l’involucro croccante esplode e il palato soffre e gode insieme del connubio filante di pomodoro e mozzarella che spesso sfugge ai meno esperti. Ci vuole maestria anche a saper mangiare un panzerotto!

Sapete però? C’è spesso una splendida sicula intrusa ad arricchire le tavole imbandite in trasferta.
È una regina che non smette di essere tale neppure in terra straniera. Ha un carattere forte e non passa mai inosservata ma è capace di adattarsi, avvicinarsi e “coniugarsi” magicamente ad ogni ospitale partecipante pugliese.
Sono forse io? Ma no, è lei: sua maestà la Caponata.
È desiderata, richiesta e apprezzata. Nessuna competizione, nessun perdente.
Solo vincitori in una sola famiglia, un solo cuore, un solo Mediterraneo.

Non sono riuscita a scegliere la ricetta da consigliarvi. Panzerotti? Caponata? La focaccia?
Dai, lascio la porta accostata. Non c’è campanello né cognome ma vi aspetto qui, dove i palati scottano e gli sportelli cigolano.
Non vi potrete sbagliare!

Samantha Scala:
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