L’Italia è morta, facciamocene una ragione!

di Mauro Seminara

di Mauro Seminara

Tornando indietro con la memoria fino ai tempi dei vaffa di Beppe Grillo, quando il suo blog era l’incubatrice in cui veniva nutrito un neonato Movimento, si ricorda un post in cui il genovese spiegava come e perché i grossi debitori delle banche godono – a differenza dei comuni mortali – di trattamenti più che privilegiati anche a fronte di gravi insolvenze. Il principio è a dir poco banale e prevede che il grosso debitore, il magnate della finanza che ha fatto un investimento con i soldi dell’istituto di credito, è possibile causa di fallimento per la stessa banca. Per questa semplice ragione, matematica, la banca si guarda bene dal causarne la bancarotta, perché questa si ripercuoterebbe su se stessa trovandosi con un buco enorme che nessuno avrà più modo di ripianare. Quindi, meglio un “pagherò” nel bilancio della banca che un “questo enorme buco finanziario non lo potrà più pagare nessuno”. La spiegazione che al tempo diede Grillo non si riferiva al Monte dei Paschi di Siena, o ad altri istituti di credito, ma al rapporto tra l’Italia e l’Unione europea. La domanda retorica che il co-fondatore del Movimento Cinque Stelle all’epoca pose suonava più o meno così: “Non ti posso pagare, che fai adesso, mi fai fallire con tutti i miei titoli nella BCE?!”. In effetti, l’Italia non è la Grecia e il PIL italiano è uno dei più importanti dell’intera Unione europea. Se poi stringiamo al rapporto PIL italiano sulla sola eurozona la proporzione diventa ancor più pericolosa…per l’Ue. Altra ineludibile formula scientifica che interessa l’economia italiana riguarda il deficit ed il Prodotto Interno Lordo. Se un’impresa sta fallendo perché il mercato è stagno e i clienti sono sempre meno, l’unica via d’uscita è quello di investire a debito sul rilancio commerciale. Pubblicità al fianco di nuovi prodotti e nuove offerte. Se fosse una di quelle imprese di cui sopra, quelle per cui le banche temono il fallimento, un buon piano industriale proposto al reparto finanziario dell’istituto di credito – come ne abbiamo visti tanti anche in caso di imprese e compartecipate incancrenite – permetterebbe ulteriore linea di credito anche in presenza di grave insolvenza ed un fallimento in vista.

Il programma del Governo che M5S e Lega dicono di voler far nascere prevede investimenti che il bilancio dello Stato non si può permettere. Un centinaio di miliardi di euro per poter finanziare reddito di cittadinanza, flat tax, rimodulazione delle pensioni, superamento della Legge Fornero, implementazione delle forze dell’ordine, riapertura dei Tribunali e delle Procure minori, concorsi, assunzioni, opere pubbliche, infrastrutture e, infine, riforme in ambito energetico, ambientale e dei trasporti oltre ad un intervento sulla sanità pubblica che la renda di nuovo a servizio della popolazione e competitiva con la privata pagata dallo Stato. Per attuare anche solo una parte di un simile programma sarà inevitabile dover discutere con l’establishment che governa l’Unione europea e guida i mercati finanziari mondiali. La formula sopra accennata è però inevitabile. L’Italia è in agonia da anni e sta morendo. Forse è già morta e non lo vogliamo accettare, come avviene nei casi di lutti estremamente dolorosi. Non c’è altro modo per far ripartire l’economia, per fermare la fuga di cervelli e l’emorragia di imprese che si trasferiscono all’estero, che quello di produrre un nuovo ma calcolato debito per aggiustare il motore e rimettersi in marcia. Per riuscire nell’ardua impresa sono indispensabili due linee di intervento, contemporanee e parallele. In Italia il cuneo fiscale è troppo alto e la legge premia chi evade più di chi paga le tasse, inoltre nel Bel Paese essere onesti non conviene neanche facendo ricorso alla Giustizia. Bisogna garantire chi è creditore, sia il debitore un’impresa da trascinare in Tribunale o lo Stato, e bisogna farlo perché nelle attuali condizioni nessun investitore straniero metterebbe un euro in Italia con i rischi che correrebbe. Al contempo è assolutamente necessario spalmare il gettito fiscale senza spremere gli unici fessi che non evadono e che stanno ancora in Italia invece che produrre in Moldavia e introdurre i propri prodotti nel mercato europeo attraverso la Romania. Per invertire tali tendenze bisogna investire, e per investire bisogna ampliare il deficit. Ma se non si aumenta il deficit, e qui i matematici comprenderanno meglio l’astruso concetto, non potrà crescere il PIL e non sarà pertanto impossibile ridurre il rapporto Deficit/Pil. Un Paese in recessione il deficit non lo ha mai ridotto.

In questi giorni ne sentiamo di tutti i i colori. Il “Governo più populista di sempre”, il “Governo più a destra dal dopoguerra” e via su questa rima. La Costituzione italiana non è stata scritta per tutelare gli interessi dei ricchi capitalisti ma a difesa della classe più debole. E la Costituzione italiana è, ormai da anni, in netto conflitto con le regole imposte dall’Unione europea. Perfino l’obbligo di pareggio di bilancio, inserito in Costituzione, è incostituzionale. Perché nessuno può imporre all’Italia di uccidere il proprio tessuto economico ed abbandonare il proprio popolo per delle direttive extra nazionali. Il “giustizialismo”, così definito da Berlusconi, di alcuni punti del programma, è probabilmente la prima vera misura a tutela del popolo da decenni. Il potenziamento dell’uso di intercettazioni e l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell’agente provocatore non andrebbero certo a favorire il ricco industriale o il politico, né sicuramente a tangere il piccolo imprenditore o la cosiddetta classe operaia. Di contro, per il ricco industriale c’è che beneficerebbe di un regime fiscale da fare invidia a molti Paesi considerati in via di sviluppo o paradisi fiscali. Pro e contro dell’introduzione di una politica che potremmo sintetizzare in “collabora e verrai premiato”. Le riforme previste dal programma di Governo M5S-Lega non sono variazioni di Leggi ma riforme culturali. Radicali cambiamenti dell’Italia. Sarà impossibile, o quasi, attuarle solo con la lotta serrata all’evasione ed alla corruzione e l’aumento della tassazione sul gioco d’azzardo. Con l’Ue ci si dovrà per forza fare due chiacchiere. Inoltre non è al momento quantificabile il ritorno che l’Italia avrebbe dalla ripresa economica, dal rientro di imprese e dagli investimenti di imprese straniere nuovamente attratte dal Bel Paese, dal contributo fiscale agevolato con il suo contrario nel carcere per chi froda il fisco, dall’incentivo alle nuove imprese e la rassicurazione che queste avrebbero dalla riforma della Giustizia. Non lo sappiamo. Ma…qualcuno ha un’idea migliore? Restiamo attaccati al respiratore artificiale e nutriti da flebo fino al giorno qualcuno nella stanza dei bottoni non deciderà di staccare la spina? Tutto sommato, in questo momento sembrerebbe proprio che la destra sia di sinistra, come la Costituzione. Il problema è che fine ha fatto la sinistra che si definiva sinistra. Quella al momento sembrerebbe scomparsa o morta, come l’Italia.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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