Pietro Scaglione e Antonio Lo Russo, 5 maggio 1971

Quello di Scaglione fu il primo delitto di un uomo delle istituzioni da parte di Cosa Nostra, il primo magistrato ad essere assassinato. Il suo omicidio apre in Italia - e non soltanto a Palermo e in Sicilia - una stagione tragica che arriva fino al 1992 e, forse, oltre

In copertina: la lapide che ricorda il sacrificio di Pietro Scaglione e di Antonio Lo Russo

di Roberto Greco

È la mattina del 5 maggio 1971, siamo a Palermo. Una Fiat 1300 color grigio topo, imbocca via dei Cipressi, una viuzza stretta da cui si dipartono i vicoli di un quartiere popolare. Ad una strozzatura, accanto al convento dei Cappuccini, scatta l’agguato. Una Fiat 850 bianca affianca l’auto scura e la stringe verso il muro. L’autista cerca di destreggiarsi ma è costretto a fermarsi. E’ un attimo. Dalla Fiat 850 balzano fuori i killers e cominciano a sparare. Sparano all’impazzata con mitra e pistole. Per molti secondi echeggiano le detonazioni. Gli occupanti della Fiat 1300 muoiono all’istante poi, il silenzio. La Fiat 850 riparte lasciandosi due morti alle spalle. Poco dopo qualcuno telefona ai carabinieri: “Ci sono due uomini coperti di sangue su un’auto in via dei Cipressi”. Chi sono i due uomini selvaggiamente uccisi?

Il Procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione

Le forze dell’ordine, accorse sul luogo, riconoscono subito gli occupanti della Fiat 1300. Si tratta di Pietro Scaglione, Procuratore della Repubblica di Palermo, e di Antonio Lo Russo, appuntato della Polizia Penitenziaria in servizio presso le Carceri Giudiziarie “Ucciardone” di Palermo. Scaglione, come ogni mattina, si era recato al cimitero di Palermo per far visita alla tomba di Concetta, la moglie scomparsa da qualche anno. Sarebbe stato uno degli ultimi giorni in Sicilia per Scaglione, già stato destinato a ricoprire le funzioni di Procuratore Generale a Lecce. Quello di Scaglione fu il primo delitto di un uomo delle istituzioni da parte di Cosa Nostra, il primo magistrato ad essere assassinato. Pietro Scaglione era un magistrato di lungo corso, che si era occupato della strage di Portella della Ginestra e del bandito Salvatore Giuliano, del processo per l’uccisione del sindacalista Salvatore Carnevale e della strage di Ciaculli. Nel 1962, era diventato capo della Procura di Palermo. Conosceva bene Palermo e il mondo della mafia, intuendo anche le trame più oscure della crescita di Cosa Nostra, della quale invece ancora s’ignorava la struttura organizzativa e la composizione delle famiglie. Erano anni in cui la giustizia aveva in qualche modo le mani legate, perché la legislazione contro la criminalità organizzata non era ancora adeguata, tanto che i processi di Bari e Catanzaro, nel 1969, terminarono con numerose assoluzioni per insufficienza di prove. In molti, negli anni successivi, hanno riconosciuto al Procuratore Scaglione meriti e onori, riconoscendo la sua figura di magistrato integerrimo, e di prima vittima istituzionale della mafia.

Antonio Lo Russo, appuntato della Polizia Penitenziaria in servizio presso le Carceri Giudiziarie “Ucciardone” di Palermo

Giovanni Falcone scrisse che l’uccisione del procuratore Scaglione ebbe sicuramente “lo scopo di dimostrare a tutti che Cosa nostra non soltanto non era stata intimidita dalla repressione giudiziaria, ma che era sempre pronta a colpire chiunque ostacolasse il suo cammino”. Il cronista giudiziario Mario Francese disse che Scaglione era stato “convinto assertore che la mafia aveva origini politiche, e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni”. Paolo Borsellino fu ancora più netto, lo inserì nel triste elenco degli uomini “isolati, uccisi, persino calunniati”. L’omicidio di Pietro Scaglione apre in Italia – e non soltanto a Palermo e in Sicilia – una stagione tragica che arriva fino al 1992 e, forse, oltre. Scaglione era perfettamente al corrente dei legami tra mafia e politica. Quando diventa Procuratore della Repubblica di Palermo la sua nomina non è ben vista da certi ambienti politici, sia siciliani sia romani. Oltre alle dichiarazioni di Buscetta, risulta interessante la ricostruzione fatta da un altro pentito di mafia, Antonio Calderone, che ha dichiarato che l’omicidio di Scaglione va inquadrato in un contesto di azioni eversive messe in atto dai mafiosi in seguito al fallito golpe Borghese. Azioni eversive che i mafiosi, in quegli anni, hanno messo in atto con pezzi dello Stato, proprio come è avvenuto con le stragi del 1992 che hanno portato all’eliminazione di altri due grandi magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Pietro Scaglione era nato a Palermo il 2 marzo 1906. Era il Procuratore della Repubblica di Palermo.

Antonio Lo Russo era nato a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, il 22 agosto 1929. Era un Appuntato del Corpo degli Agenti di Custodia in servizio presso le Carceri Giudiziarie “Ucciardone” di Palermo.

Il 5 maggio 1971 furono entrambi uccisi dal fuoco mafioso.

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