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Edgar Hoover, l’America, il comunismo e altre storie

In copertina: J. Edgar Hoover, Direttore dell’FBI nel suo ufficio, Aprile 1940. Courtesy of Library of American Congress

di Roberto Greco

Dopo gli studi in legge e una specializzazione in archiviazione bibliografica, Hoover entrò al Dipartimento di Giustizia nel 1917 e, nel giro di due anni, divenne assistente speciale del Procuratore generale A. Mitchell Palmer. Profondamente anti-radicale nella sua ideologia, Hoover è stato in prima linea con le forze dell’ordine federali durante il cosiddetto “Red Scare” – letteralmente “Paura Rossa”, ossia la paura del comunismo – del 1919-1920. L’ex bibliotecario istituì un sistema d’indicizzazione degli archivi del Bureau che elencavano ogni leader radicale, organizzazione e pubblicazione negli Stati Uniti. Nel 1921 erano stati accumulati oltre 450.000 archivi individuali. Più di diecimila comunisti sospetti furono arrestati durante questo periodo, ma la stragrande maggioranza di queste persone fu interrogata, intimorita e poi rilasciata. Sebbene il procuratore generale fosse stato criticato per aver abusato della sua autorità durante le cosiddette “incursioni di Palmer”, Hoover ne uscì illeso e, il 10 maggio 1924, fu nominato direttore facente funzione del Bureau of Investigation, un ramo del dipartimento di Giustizia fondato nel 1909.

Durante gli anni ’20, con l’approvazione del Congresso, il direttore Hoover ha drasticamente ristrutturato e ampliato il Bureau of Investigation. Trasformò l’agenzia devastata dalla corruzione, in un’efficiente macchina per la lotta al crimine, stabilendo un archivio di impronte digitali centralizzato, un laboratorio criminale e una scuola di formazione per agenti. Negli anni ’30, il Bureau of Investigation lanciò una drammatica battaglia contro lo strapotere della criminalità organizzata causata dal proibizionismo. Diversi gangster, come George “Machine Gun” Kelly e John Dillinger si scontrarono con le armi del Bureau, mentre altri, come Louis “Lepke” Buchalter, l’inafferrabile capo di Murder Incorporated, furono investigati e perseguitati con successo dai “G-men” di Hoover. Hoover, che aveva un occhio attento per le pubbliche relazioni, partecipò personalmente a diversi di questi arresti ampiamente pubblicizzati, e il Federal Bureau of Investigations, come fu definito dopo il 1935, divenne molto apprezzato dal Congresso e dal pubblico americano. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Hoover rianimò le tecniche anti-spionaggio sviluppate durante il primo “Red Scare” e le intercettazioni telefoniche domestiche e la sorveglianza elettronica si espansero drammaticamente. Dopo la seconda guerra mondiale, Hoover si concentrò sulla minaccia di sovversione radicale, in particolare comunista.

Il logo del Federal Bureau of Investigation

L’FBI ha compilato, nel tempo, archivi su milioni di americani sospettati di attività dissidenti e Hoover ha lavorato a stretto contatto con il Comitato per le attività non-americane della Camera (HUAC) e con il senatore Joseph McCarthy, l’architetto del secondo “Red Scare” americano. Nel 1956, Hoover avviò Cointelpro, un programma segreto di controspionaggio che inizialmente ha preso di mira il Partito Comunista degli Stati Uniti ma, in seguito, è stato ampliato per infiltrarsi e distruggere qualsiasi organizzazione radicale in America. Durante gli anni ’60, le immense risorse di Cointelpro furono utilizzate contro gruppi pericolosi come il Ku Klux Klan, ma anche contro organizzazioni per i diritti civili afroamericani e organizzazioni liberali contro la guerra. Una figura particolarmente presa di mira era il leader dei diritti civili Martin Luther King Jr., che ha subito vessazioni sistematiche da parte dell’FBI. Quando, nel 1969, Hoover entrò in servizio sotto il suo ottavo presidente, i media, il pubblico e il Congresso cominciarono a sospettare che l’FBI potesse abusare della sua autorità. Per la prima volta nella sua carriera, Hoover subì critiche diffuse e il Congresso rispose approvando leggi che richiedevano la conferma da parte del Senato dei futuri direttori dell’FBI, limitando il loro mandato ad un massimo di dieci anni. Il 2 maggio 1972, con il caso Watergate sul punto di esplodere sul palcoscenico nazionale, J. Edgar Hoover muore di malattia cardiaca all’età di 77 anni. Il caso Watergate rivelò, successivamente, che l’FBI aveva protetto illegalmente il presidente Richard Nixon dalle indagini e l’agenzia fu accuratamente investigata dal Congresso. Le rivelazioni degli abusi di potere dell’FBI e della sorveglianza incostituzionale hanno motivato il Congresso e i media a diventare più vigili nel monitoraggio dell’FBI e delle altre agenzie governative.

Il personaggio di Hoover compare in molti film e fu interpretato da diversi attori. Ricordiamo, tra le altre, le interpretazioni di Kevin Dunn nel film Charlot del 1992 diretto da Richard Attenborough, quella di Bob Hoskins nel film Gli intrighi del potere del 1995 diretto da Oliver Stone oltre alla recente interpeatzione di Leonardo Di Caprio nel film J. Edgar del 2011 diretto da Clint Eastwood.

Roberto Greco:
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