Pio La Torre e Rosario Di Salvo, 30 aprile 1982

Sequestro dei beni ai mafiosi, lotta contro la speculazione edilizia, denuncia del rapporto mafia-politica, contrasto alle politiche nazionali di tolleranza nei confronti dello strapotere americano su un territorio sovrano. Queste erano le lotte di Pio La Torre che fecero armare le 357 Magnum e la mitraglietta Thomson che uccisero lui e Rosario Di Salvo

In copertina: I funerali di Pio La Torre e Rosario Di Salvo – courtesy of Centro Pio La Torre

di Roberto Greco

È il 30 aprile del 1982. Sono quasi le 9:30. Una Fiat 131 grigio metallizzato raggiunge piazza Generale Turba, a Palermo. All’altezza della Caserma Sole, una moto di grossa cilindrata si affianca all’auto, costringendo l’autista ad un brusco stop. Nello stesso istante una Fiat ritmo affianca, sul lato sinistro la Fiat 131. La moto si ferma. Dall’auto escono quattro uomini armati di 357 Magnum e di una mitraglietta Thompson, arma desueta per questo tipo di crimini. Si tratta di una mitraglietta molto utilizzata negli anni ’20, in quell’America di Al Capone e dei gangster italo-americani. I proiettili, di calibro 45, diventarono introvabili e l’uso della mitraglietta Thompson fu abbandonato. Una pioggia di fuoco investe la Fiat 131 e i suoi occupanti. Il passeggero muore all’istante crivellato di colpi. L’autista tenta di reagire estraendo un’arma ma viene freddato all’istante dai colpi della 357 Magnum. Il gruppo di fuoco si allontana lasciando la Fiat 131 crivellata di colpi e i suoi occupanti morti. Ma chi sono gli occupanti della Fiat 131?

Marzo 1976. Conferenza economica del PCI Siciliano: Pio La Torre, Achille Occhetto e Enrico Berlinguer – courtesy of Centro Pio La Torre

Il passeggero, che sedeva sul sedile anteriore, era Pio La Torre, deputato del Partito Comunista Italiano. Alla guida dell’auto c’era Rosario Di Salvo, compagno di partito e di lotte di La Torre, oltre che suo autista, amico, confidente e scorta. Palermitano, classe 1927, Pio La Torre, sin da giovane s’impegnò nella lotta a favore dei braccianti, militando nella Confederterra prima e nella Cgil e nel Partito Comunista poi. Finì diverse volte in carcere per le sue posizioni a favore dei braccianti, guidando in prima persona le grandi manifestazioni organizzate per creare una nuova sensibilità ai diritti. Eletto consigliere comunale di Palermo nel 1952, viene nominato segretario regionale della Cgil nel 1959 e, nel 1960, entra nel Comitato Centrale del Pci – l’organo direttivo del partito – per diventarne segretario regionale nel 1962. Nel 1972 viene eletto alla Camera dei Deputati. Il suo impegno rimane fedele allo spirito che ha sempre animato il suo operato. Propone, assieme a Virginio Rognoni, politico democristiano, una legge che introduce – novità assoluta per la legislazione italiana – il reato di Associazione mafiosa, l’art 416 bis del Codice Penale detto appunto Legge Rognoni-La Torre. La legge prevede la confisca dei beni dei mafiosi da parte dello Stato. Dal 1976 fu membro della Commissione Parlamentare Antimafia e presentò, in quella sede, il suo j’accuse nei confronti di Giovanni Gioia, Salvo Lima, Vito Ciancimino e altri uomini politici che avevano rapporti costanti con la mafia sino a sembrarne parte integrante.

Membro della Commissione Difesa, nel 1981 chiede ai vertici del suo partito di poter ritornare alla segreteria regionale siciliana. La Torre inizia la battaglia di contrasto alla costruzione della base missilistica NATO a Comiso, indicandola come minaccia per la pace nel Mediterraneo e, quindi, per la stessa Sicilia. Fu promotore di una petizione che raccolse oltre un milione di firme. Sequestro dei beni ai mafiosi, lotta contro la speculazione edilizia, denuncia del rapporto mafia-politica, contrasto alle politiche nazionali di tolleranza nei confronti dello strapotere americano su un territorio sovrano. Queste erano le lotte di Pio La Torre che fecero armare le 357 Magnum e la mitraglietta Thomson. L’omicidio fu rivendicato dai Gruppi proletari organizzati. Dopo nove anni d’indagini, nel 1991, i giudici del Tribunale di Palermo hanno chiuso l’istruttoria rinviando a giudizio nove boss mafiosi aderenti alla Cupola di Cosa Nostra. Per quanto riguarda il movente sono state avanzate varie ipotesi, ma nessuna ha avuto riscontri oggettivi. Nel 1992, un mafioso pentito, Leonardo Messina, ha rivelato che Pio La Torre fu ucciso su ordine di Totò Riina, capo dei corleonesi, a causa della sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi. Il 12 gennaio 2007 la Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha emesso l’ultima di una serie di sentenze che ha portato a individuare in Giuseppe Lucchese, Nino Madonna, Salvatore Cucuzza, e Pino Greco, gli autori materiali dell’omicidio. Dalle rivelazioni di Cucuzza, diventato collaboratore di giustizia, è stato possibile ricostruire il quadro dei mandanti dell’eccidio, identificati nei boss Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonino Geraci.

Rosario Di Salvo con Achille Occhetto e Enrico Berlinguer – courtesy of Centro Pio La Torre

Cadde sotto il fuoco mafioso, con Pio la Torre, anche Rosario Di Salvo, fedele compagno di lotta. Di origini baresi, si sposa a Palermo e, dopo uno sfortunato tentativo di emigrazione in Germania, ritorna nella sua città adottiva dove entra a far parte dell’apparato tecnico della segreteria siciliana del Partito Comunista Italiano. Viaggia moltissimo, percorre migliaia di chilometri assieme all’allora segretario Achille Occhetto, nei continui viaggi a Roma. Quando la Torre viene trasferito alla segreteria siciliana, tra i due nasce sin da subito una forte intesa. Le lotte di La Torre sono le lotte di Rosario, quelle che da sempre abitavano il suo cuore.

Pio La Torre era nato ad Altarello di Baida, una frazione di Palermo, il 24 dicembre 1927. È stato un politico e un sindacalista. Era sposato con Giuseppina Zacco, dalla quale ebbe due figli, Filippo e Franco.

Rosario Di Salvo era nato a Bari il 16 agosto 1946. Era sposato con Rosa Casanova. La Torre e Di Salvo furono uccisi dal fuoco mafioso il 30 aprile 1982.

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