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    Categories: Cultura

Il 28 aprile 2003 si chiusero per sempre gli occhi di Ciccio Ingrassia, maschera triste del teatro italiano

In copertina: Ciccio Ingrassia in un fotogramma di “Amarcord”, il capolavoro di Federico Fellini

di Roberto Greco

Era nato in via S.Gregorio, nel cuore del Capo, uno dei quattro mandamenti del centro storico di Palermo, il 5 ottobre 1922. Quarto di cinque figli, come la maggior parte dei suoi coetanei, sbarca il lunario facendo i classici mestieri del buscapane – termine che indica colui che lavora alla giornata per portare a casa un modesto salario appena sufficiente a sfamare la famiglia – come il falegname, barbiere, calzolaio e garzone di bottega. Il grande Totò diventa il suo idolo e, grazie all’imitazione del maestro, Francesco inizia a esibirsi in occasione di comunioni, battesimi e matrimoni. Con Andronico e Ciampolo, nel 1944, forma il Trio Sgambetta, che rappresenta i suoi primi passi su un palcoscenico vero. Inizia per Ciccio Ingrassia il lungo periodo di teatrante, nel nord dell’Italia, dove conosce Rosaria Calì, che diventerà sua moglie e madre di Giampiero.

Franco Franchi e Ciccio Ingrassia

L’incontro, casuale, con Francesco Benenato, che ancora non si faceva chiamare Franco Franchi, da l’avvio ad un lunghissimo sodalizio artistico. Come in tutte le unioni, nulla è per sempre e anche il duo Franco e Ciccio, termina il suo ciclo di vita. Ciccio Ingrassia ha lavorato con Fellini, Petri, i fratelli Taviani e molti altri registi che lo scelsero per la sua cifra stilistica, che ebbe il pregio di mantenere inalterata negli anni. Quando, il 28 aprile 2003, Ciccio Ingrassia chiuse definitivamente i suoi occhi a causa di problemi respiratori che lo affliggevano da un paio di anni, si chiuse un ciclo in cui, come lo definì Nino Manfredi, “il volto triste della risata” aveva garbatamente proposto una comicità spontanea, scanzonata, satirica ma mai volgare.

Roberto Greco:
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