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I lingotti di oricalco, il mitico “Oro di Atlantide”, in mostra al Museo di Gela

In copertina: Lingotti di oricalco e elmi corinzi in mostra al Museo archeologico regionale di Gela

di Roberto Greco

Si presentano al Museo di Gela i reperti subacquei recuperati dalla Soprintendenza del Mare. Gli interventi sono stati effettuati negli ultimi anni in collaborazione con la Guardia di Finanza ROAN di Palermo, la Capitaneria di Porto di Gela e il subacqueo gelese Francesco Cassarino. Saranno esposti i lingotti che facevano parte di un prezioso carico trasportato da un’antica nave naufragata a qualche centinaio di metri dalla costa gelese, ad una profondità di circa cinque metri. I lingotti sono di un metallo particolare, chiamato “oricalco”, definito l’Oro di Atlantide. Si tratta di una lega di rame e zinco simile al nostro ottone e considerato nell’antichità un metallo prezioso e al terzo posto per valore commerciale dopo l’oro e l’argento. La scoperta dei lingotti di oricalco è tra le più importanti di questi ultimi anni sia perché costituisce un unicum come ritrovamento, sia perché i reperti finora conosciuti forgiati con questa lega sono molto rari. Inoltre esposti due elmi corinzi provenienti dai fondali di contrada Bulala: si tratta di due oggetti molto simili tra di loro, inquadrabili nella tipologia dell’elmo diffuso in Grecia tra il 650 e il 450 a.C.

Gli elmi corinzi

Sono costituiti da un’ampia calotta con paranaso rettangolare allungato e da due ampie paragnatidi. Una fila di piccoli fori presenti lungo tutto il bordo serviva per il fissaggio di fodere in cuoio all’interno. Gli elmi possono essere datati nell’arco del VI sec. a.C. Fra i più significativi reperti anche un exaleiptron (cothon) di importazione corinzia con decorazione geometrica databile dalla seconda metà alla fine del VI secolo a.C., una macina in pietra lavica con inserto in legno e un’ancora in piombo e legno. La mostra sarà inaugurata dal Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa e dal Direttore del Museo di Gela Ennio Turco. Il restauro di alcuni dei reperti esposti è stato effettuato grazie al supporto del Club per l’Unesco di Gela.

Roberto Greco:
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