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17 febbraio 1861, e l’Italia fu fatta!

In copertina: la penisola italica intorno al 1860

di Roberto Greco

Dobbiamo tornare, con la memoria, al 1849 quando, nel mese di marzo, Vittorio Emanuele II è incoronato Re di Sardegna. La casa Savoia, di origini piemontese, inizia la sua conquista della parte restante della penisola, dominata da Borboni, austriaci e, in parte, in mano allo Stato Pontificio. Era un periodo in cui i Papi esercitavano più un governo terreno che non spirituale. Nel febbraio del 1853, a Milano, l’esercito austriaco reprime uno dei primi moti insurrezionali. Nel 1856, il Regno di Sardegna invia in Crimea un contingente di truppe. Nello stesso anno Camillo Benso, conte di Cavour e ministro dell’Agricoltura del Regno, cerca l’appoggio, alla Conferenza di Parigi, di Francia e Gran Bretagna per le mire espansioniste di Casa Savoia. Nell’incontro, tenutosi a Plombiérs nel 1858, Napoleone III e Cavour, sognano una Confederazione Italiana, costruita sotto il loro controllo. La penisola italica è in subbuglio. Il coinvolgimento popolare organizzato da Carlo Pisacane nel 1857 fallisce miseramente e i suoi spigolatori muoiono nel vano tentativo insurrezionale. Scoppia la Seconda Guerra d’Indipendenza, dalla quale escono vincitori piemontesi e francesi. La posizione politica della Francia, però, muta. Il prezzo che dovrà pagare il Regno, per il riavvicinamento agli austriaci da parte dei francesi, furono Nizza e la Savoia, la regione di origine della famiglia reale.

Lo stemma del Regno di Sardegna

Nel maggio del 1860 Giuseppe Garibaldi s’imbarca, destinazione la Sicilia. Conquista veloce da parte di Garibaldi, che lasciò alle sue spalle sangue non solo Borbone, ma, e soprattutto, siciliano. I suoi alleati sull’isola, molto spesso, parteciparono perché intravedevano una possibilità di potere alla fine delle operazioni belliche. Garibaldi varca lo stretto con il titolo di Dittatore della Sicilia e lascia l’isola in mano ai suoi nuovi alleati. Il Regno di Sardegna comincia a raggiungere i suoi primi obiettivi. Nel lungo cammino dalla Sicilia a Teano – luogo in cui, con una stretta di mano, Giuseppe Garibaldi consegnò il Sud conquistato con il sangue e sottomesso, a Vittorio Emanuele II – le casse fiorenti della Sicilia, Calabria e Campania, furono prosciugate per confluire nelle casse del Regno. Alla fine del 1860, Vittorio Emanuele II, attacca, con il consenso di Napoleone III, lo Stato Pontificio. Il 17 marzo 1861, tramite la legge 17 marzo 1861, n. 4761 del Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele II assume per sé, e per i suoi eredi, il titolo di Re d’Italia. Nella relazione introduttiva, Cavour ricordava: “Il Parlamento, nel giorno solenne della seduta reale, coll’entusiasmo della riconoscenza e dell’affetto, acclamava Vittorio Emanuele II Re d’Italia”. Pur avendo assunto il titolo di Re d’Italia, il numerale – l’indicazione progressiva che segue il nome del re, cioè I°, II° e così via – rimase immutato e Vittorio Emanuele II mantenne, in questo modo, la continuità con la dinastia della casa Savoia. Il giorno dopo, il 18 marzo, nella sede che era già stata del Parlamento Subalpino a Palazzo Carignano a Torino, s’insediò il primo Parlamento italiano, pur numerandosi VIII° Legislatura, in continuità con quelle del Regno di Sardegna. La Camera dei Deputati comprendeva anche gli eletti nelle nuove province annesse. Il Senato era costituito da nomine regie e fu integrato con alcuni notabili provenienti dalle parti della penisola annesse. Fu nominato presidente del Consiglio Camillo Benso, conte di Cavour.

Roberto Greco:
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