Sicilia, Algeria… Luca Guadagnino

Luca trascorre i primi sei anni della sua vita ad Addis Abeba, in Etiopia, a causa del lavoro del padre, insegnante. Il ritorno in Italia lo porta a Palermo prima e a Roma poi, dove perfeziona i suoi studi

In copertina: Luca Guadagnino e le statuette dell’Oscar

Classe 1971, a Palermo lo ricordano ancora quando giovanissimo passava ore alla libreria Sellerio. Luca era non solo un assiduo frequentatore, ma anche un attento cliente. Sfogliava libri, spesso di fotografia, come quelli di Robert Mapplethorpe e di Lisa Lyon. Giorno dopo giorno le parole e le immagini diventavano parte della sua cultura. La madre, Alia, è algerina mentre il padre, il professor Gino Guadagnino, è originario di Canicattì, in provincia di Agrigento. Luca trascorre i primi sei anni della sua vita ad Addis Abeba, in Etiopia, a causa del lavoro del padre, insegnante. Il ritorno in Italia lo porta a Palermo prima e a Roma poi, dove perfeziona i suoi studi.

È del 1999 il suo primo lungometraggio, “The Protagonist”, interpretato da Tilda Swinton, Fabrizia Sacchi, Claudio Gioè, Paolo Briguglia, Michelle Hunziker, Chiara Conti e Laura Betti. Subito dirige “Mundo civilisado” e, nel 2005, esce nelle sale il suo “Melissa P”, trasposizione cinematografica del discusso “100 colpi di spazzola prima di andare a letto”, di Melissa Panarello. La sua attività è proseguita in nome della sua ecletticità e poliedricità. Guadagnino, nel 2011, esordisce nella regia del “Falstaff” di Giuseppe Verdi al Teatro Filarmonico di Verona, affrontando una regia particolarissima, quella dell’Opera.

Nel 2015 arriva “A Bigger Splash”, presentato in concorso alla 72° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. “A Bigger Splash” conferma il lungo legame tra Guadagnino e Tilda Swinton. Il lungo elenco dei progetti comuni, film, conversazioni filmate sul cinema, sulla solitudine e sull’amore, è destinato a non concludersi mai.

Tratto dal romanzo di André Aciman “Chiamami col tuo nome”, ha ottenuto quattro candidature al premio Oscar come miglior film, miglior attore protagonista, miglior canzone e migliore sceneggiatura non originale, scritta da James Ivory che avrebbe anche dovuto dirigere il film, dopo il rifiuto di diversi registi tra i quali Gabriele Muccino e Ferzan Ozpetek. Girato invece da Guadagnino contemporaneamente al remake di “Suspiria”, che sarà nelle sale cinematografiche nel mese di ottobre, “Chiamami col tuo nome” stupisce sotto molti punti di vista. Ottima la fotografia di Sayombhu Mukdeeprom, DOP di origini thailandesi che ben si lega con la contestualizzazione della storia nella bassa pianura padana. Entrambe permettono alla narrazione di poter godere di un contesto luminoso, limpido, con una sensazione di grande normalità del quotidiano raccontato.
“Non reprimere ciò che senti per paura di sentire qualcosa…” dice il padre a Elio. Si tratta di un film sulla natura del desiderio, su quell’attrazione che non ha né nome né schemi, ma è semplice e puro desiderio di essere l’uno parte dell’altro.

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