Il 2017 e la musica: ricordi tristi e buone note

Un anno di grande lutto, ma compensato dall’uscita di buona musica, proposta sia da grandi artisti oramai giunti alla loro maturità, sia dai nuovi autori e interpreti che si sono affacciati, negli ultimi anni, alla scena musicale internazionale

Il 2017 ci ha costretto a un doloroso addio ad alcuni pilastri della musica mondiale. Di loro, oltre al ricordo, ci rimane la possibilità di ascoltare la loro musica, di rimettere sul piatto del giradischi un vecchio vinile e sentirlo crepitare prima di inondare di musica la stanza. Cominciamo con il ricordare Al Jarreau, leggenda della black music, morto all’età di 76 anni. Il 23 febbraio ci ha lasciato anche Leone Di Lernia, il re del trash e della parodia, che anticipò il web con il suo modo di fare televisione. Alle 12:40 del 18 marzo la polizia di St. Charles County, nel Missouri, ha ricevuto una richiesta d’intervento, per il leggendario Chuck Berry, uno degli inventori del rock’n’roll, che purtroppo poche ore dopo morì. E decide che, all’età di 52 anni, non è più tempo di vivere Chris Cornell, voce e volto dei Soundgarden, dei Temple of The Dog e degli Audioslave. E i mitici Allman Brother Band, già famosi per avere nella band due batteristi, hanno dovuto rinunciare al tocco sul rullante di Gregg Allman, che con il fratello Duane li fondò. Autore di canzoni e conduttore televisivo, all’età di 77 anni, ci ha lasciato Paolo Limiti; scrisse, tra l’altro, per Jula De Palma e Mina. “Shocked and heartbroken” dichiara Mike Shinoda, fondatore e mente dei Linkin Park alla notizia della morte di Chester Bennington, il frontman dei Linkin Park che, a 41 anni, ha deciso di togliersi la vita.

Guido Elmi
La musica italiana, nel 2017, ha perso uno dei suoi più prolifici e creativi produttori musicali, quel Guido Elmi che, al fianco di Vasco Rossi, ha percorso con lui oltre quarant’anni di strada. E Donald Fagen piange l’amico e musicista Walter Becker, con cui fondò gli Steely Dan; il chitarrista e bassista statunitense aveva 67 anni ed era malato da tempo. Tony Dimitriades, manager di artisti statunitense, nella mattinata del 2 ottobre, pubblicò sugli account social di Tom Petty la notizia della sua morte. Autore di un solo album, “Come over when you’re sober (part one)”, muore, a soli 21 anni, il rapper newyorkese Gustav Ahr, in arte Lil Peep, la cui causa di morte è ancora in corso di definizione. Ci lascia per sempre la chitarra ritmica degli AC/DC, Malcom Young, fratello di Angus. Co-fondatore della band, fine tessitore e creatore del mood AC/DC, ha sempre guidato, senza apparire, la band e il suo pensiero musicale. Altra grande figura della musica europea e non solo, ci lascia verso la metà del mese di novembre Johhny Hallyday, anima e voce storica del rock francese. E poi ancora Glenn Campbell, Fats Domino, Luis Enrique Bacalov, Robert Miles, il rapper italiano Josciua Algeri, il chitarrista degli Avion Travel Fausto Mesolella, e il cantastorie romano Lando Fiorini. Il nome di Alessandro Alessandroni, anche lui scomparso nel 2017, non dirà nulla ai più, ma si tratta del poliedrico musicista romano che ha segnato il nostro gusto come pochi, fischiando i passaggi salienti che hanno siglato le collaborazioni tra Sergio Leone e Morricone. “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più” e “Il buono, il brutto, il cattivo” suonerebbero diversamente senza il suo ”tocco”, un dettaglio così speciale da diventare, su idea di Fellini, il suo soprannome, “il fischio”.
Gianni Boncompagni
Ci lascia uno dei grandi autori che ha scritto dalla canzone italiana più classica, con il gruppo dei Cantori Moderni, alle colonne sonore per il cinema di genere negli Anni Sessanta e Settanta e il rock contemporaneo con collaborazioni “al fischio” con Baustelle, Guano Padano e Jovanotti. Ci ha lasciato nel 2017 anche Gianni Boncompagni, la cui capacità di comunicazione tanto ha fatto per la musica e la sua fruizione.

Un anno di grande lutto, sicuramente, ma compensato dall’uscita di buona musica, proposta sia da grandi artisti oramai giunti alla loro maturità, sia dai nuovi autori e interpreti che si sono affacciati, negli ultimi anni, alla scena musicale internazionale. Primo grande ritorno è quello di James Murphy e degli LCD Soundsystem, con il loro “American dream”. Elettronica e minimalismi ai massimi livelli, un vortice fluido di synt e vuoti soffocanti che lasciano spazio alle chitarre elettriche. A dimostrazione che non tutta la musica di qualità va consumata stando seduti sul proprio divano, le loro “How do you sleep” e “Tonite” sono faticosamente belle da ballare ma altrettanto piacevoli da ascoltare. E il rapper nostrano Fabri Fibra, con il suo “Fenomeno” dimostra come sia possibile prendere Loredana Bertè, Luca Carboni e Tormento, miscelarlo con un sound tipo “Vivere e morire a Los Angeles” e ottenere una bella canzone. La sua “Stavo pensando te” è sicuramente una delle più belle canzoni italiane dell’anno ma, nel complesso, si tratta di un album di hit. Dopo essersi scrollati di dosso la polvere dei Joy Division, i The National, una delle più interessanti band dark-rock uscite nel nuovo millennio, ripartono da un suono molto più elettrico, portato dalle folli andature ritmiche di Bryan Devendorf e dalle schitarrate attive dei gemelli Dressner.

The War on Drugs – Pain – Official Video

Il miglior disco rock dell’anno è sicuramente “A deeper understanding” dei War on drugs. Un retrogusto di Bruce Springsteen e Tom Petty, mescolato con un pizzico di Dire Straits, orchestrato con sapienza e onestà, hanno permesso ala band di ottenere il singolo che tutte le band gli hanno invidiato. Rabbia, edonismo, hip hop e rock, questo il mix esplosivo che governa “Melodrama” l’album di Lorde, ossia Ella, la più interessante artista mondiale dell’electro-pop che, grazie a Jack Antonoff ha pubblicato un album vorticoso come un uragano. Il 2017 si conferma come l’anno in cui è ufficiale il trionfo dell’hip hop e del rap, oramai la musica più ascoltata nel mondo. Cronista, cacciatore di emozioni, espansore di rabbie sociali, Kendrick Lamar, con il suo “Damn” mescola politica e antipolitica e guarda al mandato di Donald J. Trump con occhio critico. Gli U2, con “Songs of experience”, si riappropriano di un’identità musicale che, negli ultimi anni, si era opacizzata. Ottime anche le uscite italiane, nell’anno appena trascorso. La Befana del 2017 ci ha regalato “Apriti Cielo” di Mannarino, autore che fa delle proprie radici la sua forza e che ci ricorda che “pop sta per popolo, non per popolare…”. Brunori Sas scende dal piccolo podio che si era costruito e decide di mettersi in gioco con “A casa tutto bene”, la sua nuova prova. Si tratta di un album completo, molto interessante da scoprire, brano dopo brano. Cresce anche Ghali, il rapper tuniso-milanese che abbandona un ruolo che forse non gli si addiceva per ripresentarsi con un divertente album, etorogeneo e “avant pop” dall’ironico titolo “Album”. Ancora, dalla scena rap nazionale, arriva il nuovo album di Guè Pequeno dal titolo “Gentleman”. Contaminazioni brasiliane per una rilettura della musica italiana nell’album “Manifesto tropicale” dei Stelton che, tra riferimenti che si muovono tra Mina e Deventra Banhart.

Caparezza – Prisoner 709 – official video

Ottimo ritorno per Caparezza, che ci propone il suo “Prisoner 709”, album disilluso e oscuro, difficile ma necessario. E ancora “Vida eterna” dei Ninos du Brasil, un lungo viaggio notturno tra allucinazioni e vampiri da ascoltare come un unico flusso, dall’inizio alla fine. “Uomo donna”, di Andrea Laslo De Simone, è un disco di pop psichedelico che omaggia il Lucio Battisti di “Anima latina”, il prog italiano, ma anche i Beatles del “White album”. Andrea Mangia, in arte Populous, ha registrato il suo “Azulejos” in Portogallo e ha mescolato la tradizione della cumbia e di altri ritmi latinoamericani con la sua elettronica. Il risultato è un disco sospeso tra poesia e sensualità, che fa venir voglia di ballare. Una batteria elettronica e un sintetizzatore. Comincia così “Infedele”, il terzo album di Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce, e si capisce subito, fin dalle prime note del brano Pantalica, che questo è un disco spartiacque per la sua carriera. Come se il cantautore siciliano avesse voluto rivendicare la sua diversità rispetto al resto della musica alternativa italiana, allargando la geografia della sua musica. “A thousand skies” contiene più musica suonata rispetto a “Tayi Bebba”, primo disco di Cristiano Crisci pubblicato come Clap! Clap! Molti ospiti tra cui il cantante folk sudafricano Bongeziwe Mabandla, il duo berlinese OY, l’italiano HDADD e la band sudafricana John Wizards.

Baustelle – Betty – official video

Da segnalare ancora “L’amore e la violenza”, album dei Baustelle, che parte dai profughi siriani e finisce nel sogno sixties del ritorno dell’Era dell’Acquario, in un continuo cortocircuito di epoche e rimandi, in cui i Pulp s’incrociano con gli ABBA e un pop elettronico leggerissimo quasi si sovrappone a una coda prog. Dalle “Costellazioni” alla “Terra”, brulla o sassosa, spigolosa o sabbiosa. Come Ulisse, che dalla roccia dell’isola di Ogigia torna alla zattera per guardare il cielo dal basso. Il quarto disco delle Luci della centrale elettrica è un immenso tour che parte da Ferrara, arriva nel Nevada e ritorna sino all’Est Europa e poi in India per arrivare al Veneto. È un panorama post-industriale ma oceanico, in cui la città è vista da fuori e si riconosce nel blu metallizzato nel cielo o nel cemento armato.

Giorgio Poi – Fa niente

Riconosciuto disco dell’anno da più fonti, le canzoni di “Fa Niente” sembrano tutte rimbombare di ricordi, costruite usando le vibrazioni dei giorni che passano. Traccia dopo traccia Giorgio Poi sembra riscaldarsi di un conforto domestico, fino a scivolare in una vasca piena di latte denso che restituisce un pop pacato e pastoso: c’è molto Battisti degli anni ’70, un po’ di Rino Gaetano, ma tutto filtrato attraverso i tessuti di una psichedelia rilassata che trova, nella formula del power-trio proposto dal vivo, il suo compimento.

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