Il bilancio dei flussi migratori al 2017

Nel 2017 arrivati 60mila migranti in meno rispetto al 2016. Tanti arrivi ma pochi si fermano in Italia. In aumento le nuove cittadinanze italiane anche senza Ius soli. Di origine straniera meno del 10% della popolazione italiana

Fine anno, tempo di bilanci. Alcuni programmi televisivi d’inchiesta, recentemente, ci hanno dimostrato, dati alla mano, che esistono almeno due diverse stime per qualsiasi fenomeno: quella reale e quella percepita. È chiaro che quella percepita si basa su una serie di oggettività personali di cui non è possibile tenere conto. Esempio su tutti il dato che riguarda il fenomeno della migrazione. Anche a fronte di dati che dimostrano che il flusso migratorio verso l’Italia nella seconda parte del 2017 è diminuito in alcune occasioni anche del 70%, i disastri che avvengono nel Mar Mediterraneo e la conseguente diffusione mediatica fanno rimanere alta la percezione del fenomeno e la sua reale dimensione. Il bilancio annuale, aggiornato al 28 dicembre e che presumibilmente resterà invariato fino al 31 dicembre, vede una chiusura dell’anno in corso con un totale di 118.928 migranti a fronte dei 181.436 dello scorso anno. Il trend sembrava invariato fino all’intervento voluto dal Governo italiano per il contenimento dei flussi in Libia.

Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, nei dati rilasciati nel 2015 che contenevano però previsioni basate sui trend analizzati, ci rivela che la fascia più giovane dei migranti, quella compresa tra i 15 e i 19 anni, ha percentuali di presenza più alte in Germania che non in Italia. In Francia troviamo alte percentuali di persone della fascia sotto i cinque anni. Nei Paesi dell’est Europa, invece, il flusso migratorio si compone di individui di età più adulta, per la minore pericolosità degli accessi via terra dalla Turchia e dal resto dei Balcani oppure perché vi giungono dopo i primi anni di permanenza dei Paesi di approdo nel sud Europa come l’Italia. La fascia di età che va dai 15 ai 29 anni rappresenta circa il 40% delle persone in arrivo in Italia, non solo a causa della natura di quello specifico fenomeno migratorio proveniente dai Paesi africani attraverso la Libia, ma anche per quei flussi migratori costanti che si muovono dai Paesi dell’ex-cortina di ferro, quali Romania, Polonia, Russia e altri ancora, verso l’Italia.

Fonte infografica UNHCR
Questi sono i dati del 2016. Ma su quanti migranti sono arrivati in Italia quest’anno e se sono davvero diminuiti gli arrivi bisogna dare un’occhiata ai dati forniti dall’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati ed aggiornati al 4 dicembre 2017. È evidente che, a partire dal mese di luglio, il numero di migranti sbarcati è crollato drasticamente. Il periodo di drastica riduzione dei flussi attraverso il Mediterraneo centrale coincide con la politica internazionale italiana legata agli accordi con la Libia e l’arretramento, fino alla rinuncia, di molte navi umanitarie in missione con le rispettive Organizzazioni Non Governative. Alcuni dati significativi, comparati con quelli equivalenti del 2016, non lasciano dubbi: 23.552 approdati nel luglio 2016 contro gli 11.461 sbarcati nel luglio 2017, 21.294 ad agosto 2016 contro i 3.930 nell’agosto 2017. La tendenza si conferma ancora nel mese di ottobre dello scorso anno con 27.384 persone approdate in Italia – mese che aveva registrato un picco record causato da fenomeni contingenti in Libia – contro i 5.984 dell’ottobre 2017. Non diversa è la situazione dei minori non accompagnati che, sulla base di dati forniti dal Ministero, presentano la medesima linea di tendenza ma con dati che continuano il trend allarmante: 13.026 nel 2014, 12.360 nel 2015, 25.846 nel 2016 e 15.731 nel 2017. Seppur in calo, il dato rimane sopra quello del 2014, con una riduzione complessiva su base annua, sempre rispetto al 2016, che si attesta intorno al 36%. La riduzione percentuale dei minori non accompagnati è motivo di grave preoccupazione per le sorti dei bambini che mancano all’appello statistico.
Fonte infografica: Ministero dell’Interno

Nigeria, Guinea, Costa d’Avorio, Bangladesh sono gli Stati di origine che maggiormente alimentano il flusso migratorio recente. Il saldo dei nuovi immigrati residenti sul territorio nazionale, negli ultimi anni, è radicalmente sceso. A fronte dei 534.000 stanziali calcolati al 2013, si è arrivati nel 2016 a 20.875, corrispondenti a circa un ottavo dei migranti arrivati nel corso dello stesso anno attraverso il Mediterraneo centrale. Anche la progressione di crescita della componente straniera in Italia ha subito un conseguente rallentamento passando dai 4 milioni e 922mila del 2013 ai 5 milioni e 47mila nel 2016. Si tratta di poco più di 120mila stranieri. Di fatto, negli anni in oggetto sono arrivate circa 621 mila persone e circa 600.000 ha lasciato l’Italia. I dati Istat di riferimento però parlano di “iscritti e cancellati”, perché solo una parte degli stranieri che sono cancellati va all’estero oppure ritorna nel proprio Paese di origine. Analizzando meglio i dati, ci si rende conto che il saldo migratorio è rimasto negli anni invariato, attestandosi intorno ai 200mila stranieri con un picco di 223 mila nel 2016. Diversi stranieri arrivati nei decenni precedenti ottengono infatti la cittadinanza. Il dato è in forte crescita: si passa dai 10 mila nuovi italiani del 2011 a poco più di 200 mila nel solo 2016.

A fronte di una popolazione di circa 61 milioni 606 mila individui, si tratta di circa 5 milioni di immigrati, pari a poco più dell’8%. Di questi, 3,5 milioni provengono da Paesi non europei mentre 1,5 milioni provengono da Paesi dell’Unione Europea, principalmente dalla Romania. Alla luce dei dati mutevoli illustrati sopra, è possibile delineare una panoramica della popolazione italiana come insieme di diverse componenti differenziate in base all’origine. Abbiamo così quelli che potremmo definire gli italiani d’origine, che sono circa 54 milioni 744 mila, cioè l’88,86%, la grande maggioranza; essi vivono assieme all’11,14% di persone che, in varia misura, sono invece di origine straniera.
Ci sono i 798mila italiani che sono divenuti tali dal 2010 in poi, grazie proprio all’ottenimento della cittadinanza, e sono l’1,3% della popolazione presente in Italia. Questo dato è la somma delle naturalizzazioni degli ultimi sette anni; vi sono probabilmente al suo interno dei morti, ma l’età media dei nuovi cittadini è relativamente bassa, molti sono 18enni nati in Italia, e questa stima, che influenza quella degli italiani “originari”, è presumibilmente vicina al vero.
Vi sono poi gli immigrati regolari, che sono circa 5 milioni e 50 mila; a questi vanno aggiunti, secondo Idos, circa 300 mila stranieri con permesso di soggiorno ma senza registrazione anagrafica in un comune specifico. Arriviamo quindi a 5 milioni 359 mila circa, cioè all’8,7%. I richiedenti asilo secondo gli ultimi dati ufficiali sono invece 205.000. Si tratta di coloro che, dopo esser sbarcati non sono andati all’estero ma hanno chiesto protezione e sono ospitati in attesa di responso dalle Commissioni. Si tratta dello 0,33% di quanti vivono nel nostro Paese.

Infine gli immigrati irregolari. Le stime di Istat, Ministero dell’Interno e altri centri studi variano tra le 400 e le 600 mila. Se fossero 500 mila sarebbero lo 0,81%. Si tratta di coloro che, una volta sbarcati, non fanno domanda di asilo ed attraversano la frontiera terrestre clandestinamente per raggiungere una meta più lontana dell’Italia, di quelli a cui scade il permesso senza possibilità di rinnovarlo, di coloro cui è negato l’asilo ma che non ottemperano all’ordine di abbandono del territorio rilasciato dalla Questura. Per definizione, di tutte queste persone, non è facile tracciarne il numero esatto. L’altro dato al centro dei più recenti ed accesi dibattiti nell’Unione europea è quello relativo alla presenza dei musulmani nel proprio Paese, conseguente ai terribili attentati che nel corso degli ultimi anni ci hanno fatto scoprire il fenomeno dei “radicalizzati”. Inoltre, il flusso migratorio proveniente dall’Africa è stato più volte oggetto d’indagine riguardo il possibile arrivo di integralisti ed attentatori terroristi attraverso le rotte dei migranti. Lenius fornisce una stima indicando un valore di circa 2 milioni e 500 mila di individui di religione musulmana in Italia, circa il 4% della popolazione. Di questo gruppo religioso il 43% è di cittadinanza italiana, il 16% marocchina, l’8% albanese e altri etnie minoritarie. Normalmente la cittadinanza italiana non è ottenuta per nascita, peraltro il nostro ordinamento non prevede lo Ius soli, ma per naturalizzazione, come nel caso dell’82% dei musulmani italiani ma di origine straniera. Nel biennio 2015-16 hanno ottenuto la cittadinanza italiana 160 mila musulmani. Scarse le richieste di cittadinanza da parte della comunità rumena, primo gruppo straniero presente in Italia, che però gode della cittadinanza europea.

Altro dato interessante è quello relativo ai porti d’arrivo. Nel 2017 Lampedusa non gode più del triste primato che l’ha accompagnata per anni, perché è stata superata, nella classifica da Augusta, nella provincia di Siracusa. La grande capacità d’intervento nelle operazioni di soccorso in mare realizzato dalle ONG, prevede che l’attracco avvenga in un “porto sicuro” adeguato all’ormeggio di grandi navi. Augusta, Catania, Pozzallo sono i porti nei quali sono sbarcati, nel 2017, circa 44 mila migranti soccorsi in mare.

Infografica: Ministero dell’Interno
Da lì inizia l’esodo che porta i migranti attraverso l’Italia. I dati emessi dal Ministero indicano che solo il 7% rimane in Sicilia. Anche in Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia la presenza dei migranti si attesta intorno al 7% per ogni regione. Lazio e Campania ne accolgono invece il 9% ognuno, mentre la Lombardia accoglie ben il 14% dei migranti.

Ultimi, ma non meno importanti, i dati economici relativi alla spesa legata al fenomeno migratorio. È evidente che si sia verificato un aumento delle persone residenti nei centri di accoglienza, SPRAR, CARA, CDA e nelle strutture temporanee. Il dato relativo a marzo 2017 indica circa 175 mila persone, dato analogo a quello del 2016, ma superiore al dato del 2013, anno in cui il valore si attestò intorno alle 22 mila persone. Nel 2016 le operazioni di soccorso, assistenza sanitaria, alloggio e istruzione per i minori sono costate 3,6 miliardi, meno dello 0,22% del PIL. Le previsioni del Governo uscente attestano il dato a 4,2 miliardi. Tra questi troviamo i 99 milioni di contributo alla Turchia, a seguito dell’accordo stipulato tra l’UE e la Presidenza di Erdogan. Di fatto, i 4,2 miliardi previsti saranno suddivisi tra accoglienza e prima assistenza, la parte più consistente dell’impegno di spesa che si aggira intorno ai 2,7 miliardi, poco più di 800 milioni per il trasporto incluso il soccorso in mare e la parte rimanente per assistenza sanitaria, costi amministrativi, costi diversi tra cui l’istruzione e i già citati 99 milioni destinati alla Turchia. Il riconoscimento europeo delle spese sostenute si concretizza attraverso un contributo di 91 milioni. Sono queste le spese che il Governo italiano vorrebbe scomputare dal calcolo del deficit, come già avviene per il costo dell’accordo con la Turchia. Era in corso una trattativa, a fronte di una parziale disponibilità dell’UE, che al momento verrà rinviata con la chiusura attuale della legge di bilancio. La crescita dei costi per l’Italia è più che mai evidente: la cifra è triplicata e nel periodo 2014-2017 si sono spesi oltre gli 8 miliardi in più rispetto al triennio 2011-13.

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