Gerusalemme legittimata dagli Stati Uniti quale Capitale dello Stato di Israele, così come voluto dal presidente a stelle e strisce Donald J. Trump, ha già visto focolai di guerra a poche ore dalla dichiarazione di trasferimento dell’ambasciata statunitense. Il leader di Hamas ha già annunciato l’inizio di una nuova Intifada. La Palestina non ci sta e non intende soccombere sotto una legittimazione di dominio che sempre più allontana dalla loro terra i palestinesi. La parte araba di Gerusalemme ha già chiuso scuole ed uffici ed è pronta alla reazione che parte con uno sciopero generale. Uno sciopero che appare un permesso straordinario per l’immediato arruolamento nella resistenza della nuova Intifada. Per il presidente degli Stati uniti questo riconoscimento di Gerusalemme è una azione che vuole andare incontro alla pace. Per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che parla pubblicamente oggi, all’indomani dell’annuncio di Trump, il presidente americano entrerà di diritto nella storia israeliana. Al momento però l’unico risultato certo è che la Porta di Damasco della Città Santa è stata occupata dai palestinesi e che Netanyahu ha già ordinato lo spostamento massiccio di Forze Armate nella Capitale per sedare le proteste.
Sulla decisione di Donald Trump si è pronunciato anche il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, affermando che le conseguenze di questa mossa possono essere drammatiche per tutto il Medio Oriente. Le conseguenze però potrebbero anche non essere tutte positive per Israele, malgrado Trump non abbia mai negato di voler risolvere le criticità diplomatiche tra i due Stati acuite durante la presidenza americana di Barack Obama. Una mano tesa verso Israele che potrebbe costare allo Stato ebraico un lungo periodo di guerra capace di fiaccarlo. Guerra che, unitamente all’imposizione dell’Arabia, destabilizzerebbe totalmente la precaria pace mediorientale con risvolti imprevedibili. Una ipotesi piuttosto concreta è quella di un nuovo fronte per i terroristi che, dopo la disfatta in Siria, potrebbero riunire le forze in Palestina alimentando così una nuova guerra internazionale che “costringerà” le Nazioni Unite, o le “Forze alleate” che abbiamo visto negli ultimi conflitti, ad intervenire militarmente ed in modo massiccio in Medio Oriente. In tal caso cambierebbero le coordinate geografiche e le motivazioni ma non lo scenario e gli attori.
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